Caporalato in cantieri yacht di lusso a La Spezia, 8 arresti 

Caporalato in cantieri yacht di lusso a La Spezia, 8 arresti

Foto Fotogramma

Pubblicato il: 10/11/2020 13:41

Blitz anti caporalato della Guardia di Finanza del Comando provinciale di La Spezia contro un’organizzazione che impiegava oltre 150 dipendenti, soprattutto extracomunitari di provenienza bengalese, in importanti cantieri spezzini che realizzano yacht di lusso. Oltre 50 finanzieri, coordinati dal Procuratore Antonio Patrono hanno eseguito 8 ordinanze di custodia cautelare (7 in carcere e 1 ai domiciliari), ed hanno sottoposto a sequestro preventivo oltre 900mila euro tra La Spezia, Savona, Ancona e Carrara.

Partendo da alcune anomalie, individuate e segnalate dalla Prefettura di La Spezia, i finanzieri hanno avviato una complessa indagine che ha reso possibile individuare una serie di condotte di sfruttamento, ai danni di decine e decine di operai bengalesi. I finanzieri, per arrivare ai ‘caporali’, hanno acquisito orari di ingresso ed uscita al lavoro, testimonianze dei lavoratori, intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno confermato le gravi condizioni di sfruttamento a cui erano assoggettati gli operai, in un regime di sopraffazione, a volte minaccioso e violento, messo in atto da un gruppo di altri connazionali e di un italiano.

I “capi”, approfittando dello stato di bisogno, sotto-retribuivano gli operai con una paga fissa di 4 o 5 euro l’ora, impiegandoli in attività lavorative pesanti e anche pericolose, come la saldatura, la stuccatura e la verniciatura di imponenti yacht e super-yacht. Inoltre, gli operai erano assoggettati a turni massacranti (fino a 14 ore al giorno senza permessi e riposi), sorvegliati a vista dai “caporali” e spesso minacciati, offesi e percossi. Lo stato di assoggettamento degli operai era favorito dall’imprescindibile necessità di non perdere il lavoro, unico mezzo di sostentamento delle famiglie e unico veicolo per godere di un valido permesso di soggiorno in Italia.

Si sono verificati casi in cui, in caso di infortunio sul lavoro, i mal capitati lavoratori erano costretti a fornire una falsa dichiarazione al personale sanitario del pronto soccorso, senza fare alcun riferimento al lavoro svolto. Nei giorni di assenza per malattia, compresi quelli recentemente avvenuti per casi di positività al tampone per il COVID-19, i lavoratori bengalesi non percepivano alcun pagamento, perdendo, di fatto, l’unica fonte di reddito.

I Finanzieri del Gruppo di La Spezia, inoltre, hanno svolto numerosi accertamenti bancari effettuati su decine di conti correnti e su carte postepay intestate agli operai che hanno consentito di svelare il particolare sistema adoperato dai caporali: tutte le buste paga ed i relativi versamenti risultavano, ad un primo controllo, conformi, la posizione lavorativa delle maestranze era in perfetta regola e tutto veniva contabilizzato (permessi, turni festivi, ore di lavoro e bonifici per le retribuzioni). In realtà, una volta pagate le buste paga con bonifici bancari, i “caporali” pretendevano, anche con l’uso della violenza e con la minaccia della perdita del posto di lavoro, la restituzione, in contanti, di parte degli emolumenti bonificati, costringendo gli operai a continui prelievi al bancomat.

Il meccanismo era stato studiato da un membro dell’organizzazione, un consulente del lavoro di Ancona, il quale predisponeva false buste paga con il minimo dei contributi previdenziali, consentendo all’azienda di essere apparentemente in regola per poter ricevere le sostanziose commesse ed accedere ai prestigiosi cantieri navali spezzini. Al termine delle indagini, su proposta della locale Procura, il gip ha disposto la custodia cautelare nei confronti degli 8 membri del sodalizio criminale ed il sequestro dei beni a loro riconducibili, per un valore di circa 1 milione di euro, tra quote societarie, immobili e autovetture. È stata anche disposta, infine, la misura cautelare del “Controllo giudiziario” nei confronti dell’azienda che sfruttava gli operai, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 della Legge 199/2016, misura che consente di rimuovere le condizioni di sfruttamento e di salvaguardare la posizione lavorativa delle maestranze.