Fabrizio Corona: “Volevano uccidermi” 

Fabrizio Corona: Volevano uccidermi

Foto Fotogramma

Pubblicato il: 14/11/2020 13:21

In un’intervista al Corriere della Sera Fabrizio Corona racconta alcuni episodi della sua vita in occasione dell’uscita in libreria della sua autobiografia, a partire dalla volta che un ‘recupero crediti’ nei suoi confronti sarebbe stato sul punto di provocarne l’uccisione.

“Arrivano in ufficio due albanesi. Uno dice: Corona, hai un problema con xx, vedi di dargli i soldi. E io: ah sì? Usciamo e vediamo. Scendo, il mio autista mi segue e scatta la rissa. Accorrono baristi, tabaccai, gli albanesi scappano. Dopo un po’, un tale mi dice che c’è uno pesante di una famiglia balorda che mi vuole parlare. Era grossissimo e sul cucuzzolo della testa aveva tatuata la sigla Acab: all cops are bastards , tutti i poliziotti sono bastardi. Mi fa: sono venuti due albanesi per comprare una pistola e noi, prima di vendere una pistola, vogliamo sapere a che serve”, una pistola che serviva “a uccidermi o gambizzarmi. Il soggetto con Acab sulla testa, poi condannato a 21 anni con aggravanti mafiose, dice che lui e suoi si sono messi di mezzo perché mi rispettano. Insomma, combiniamo un appuntamento, lui, io, gli albanesi, il creditore. Che ha capito il messaggio e non s’è più visto”.

Quando gli viene chiesto se la sua incolumità è ancora a rischio Corona risponde: “No, ma penso che morirò ammazzato”. E spiega così la sua previsione: “Ho fatto sei anni di carcere, anche con criminali efferati di cui ho dovuto essere amico per salvare la pelle e che, quando escono, sanno dove trovarmi. Ora, arrivano e dicono: ‘prestami diecimila euro’. E io: ‘sto cavolo”‘ Poi, dai domiciliari, esco per andare allo Smi, un centro di recupero di esecuzione penale, e trovo altri criminali, che pure vogliono favori. Prima, davo retta, ora, li mando a quel paese. Ma è gente che se la prende. Tanti mi vorrebbero morto”.

“Non sono un criminale, sono un furbo che non ha fatto male alla povera gente, ma ha sfruttato e fregato un sistema già corrotto. Ora ho incontrato tante case di produzione per trattare i diritti per film e docuserie e tutti mi hanno detto: non pensare che ne esci bene. Sicuramente è così, ma anche ‘Il Lupo di Wall Street’ , quando ha dato i diritti, era una persona diversa da quella che si vede nel film”, sostiene poi Corona e spiega che il titolo della biografia ‘Come ho inventato l’Italia’: “Da quando quattordicenne mi sono tuffato in una piscina vuota, ho battuto la testa e non sono più stato l’angelo che ero, ho vissuto dall’interno tutto quello che ha segnato questo Paese: la moda, Tangentopoli, il berlusconismo… Ora immagino d’aver creato questo mondo a mia immagine e somiglianza perché l’ho strumentalizzato, ci ho guadagnato e l’ho colpito da anarchico. Il mio obiettivo era entrarci per distruggerlo, perché mio padre, da quel mondo, è stato sconfitto e io l’ho voluto vendicare”.

“Era un grande giornalista ed è stato fatto fuori dal sistema. Dalla Rai, nel ’92, per un titolo sui politici e la Cupola; da Mediaset, perché non appoggiò Berlusconi nel ’94. Andò alla Voce con Indro Montanelli e quando hanno chiuso, non ha più potuto lavorare”, spiega Corona che definisce poi il denaro “la mia grande malattia: mi dà il senso del successo e dell’identità. Sto cercando di curarmi con due psichiatri”.