Omicidio Rostagno, Cassazione conferma ergastolo Virga e assoluzione Mazzara 

Omicidio Rostagno, Cassazione conferma ergastolo Virga e assoluzione Mazzara

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Pubblicato il: 27/11/2020 17:49

Confermato l’ergastolo per il boss Vincenzo Virga e l’assoluzione per Vito Mazzara. E’ la decisione dei giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione sul processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, il giornalista e sociologo ucciso nei pressi di Trapani il 26 settembre del 1988. I giudici di Piazza Cavour hanno rigettato i ricorsi presentati dalla difesa di Virga e dalla procura generale di Palermo contro la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Palermo del febbraio 2018. In primo grado Virga e Mazzara furono condannati entrambi. In appello Mazzara, accusato di essere il killer, era stato invece assolto.

“E’ importante che sia stato confermato il contesto mafioso dell’omicidio ma è un peccato che resti un vuoto sugli esecutori materiali del delitto” dice l’avvocato Fausto Maria Amato, legale di Elisabetta Roveri e Maddalena Rostagno, compagna e figlia di Mauro Rostagno.

LA SORELLA DI ROSTAGNO – “Provo molta amarezza per questa sentenza di assoluzione per Vito Mazzara. Ma anche perché abbiamo dovuto aspettare 32 anni dall’omicidio di mio fratello per avere una sentenza definitiva. Sì, sono davvero amareggiata per come sono andate le cose” dice all’Adnkronos Carla Rostagno, sorella di Mauro.

Per Carla Rostagno, difesa dall’avvocato Fabio Lanfranca, “si è perso del tempo prezioso, e il tempo che si perde è sempre a vantaggio degli assassini. Per cui sono spariti dei reperti, sono state cancellate delle intercettazioni telefoniche, ci sono stati moltissimi depistaggi e una mancanza di attenzione che potevano servire adesso con le analisi”. La sorella si dice anche convinta che dietro l’omicidio di Mauro Rostagno non ci fosse solo la mafia.

Carla Rostagno dice di sentirsi come se “fossi sulle montagne russe”, “dopo tutti questi anni”. “E’ stato pesantissimo – spiega – prima avere dovuto aspettare 20 anni per il primo processo”. E ringrazia il giudice Angelo Pellino, Presidente della Corte d’assise di Trapani, “perché in primo grado aveva fatto un lavoro molto scrupoloso, aveva svolto un lavoro magnifico. Poi, a Palermo purtroppo è andata diversamente”.

Carla Rostagno continua a ripetere che prova “tanta amarezza” soprattutto “per tutti gli anni di ritardi che ci sono stati e inoltre sono convinta che non è stata solo la mafia a volere la morte di mio fratello. Senza dubbio è stata la mafia a volere la sua morte ma lo scenario è più allargato, diciamo che adesso non si può fare più nulla. Perché se si perde del tempo prezioso all’inizio non si può fare molto. Se solo si fossero fatte le indagini come si doveva…”.

Si emoziona quando parla del fratello: “Per me Mauro era una persona illuminata. Riusciva a vedere al di là delle cose. Se oggi fosse vivo continuerebbe le sue battaglie. Sono molto orgogliosa di avere avuto un fratello come lui…”.

LA FIGLIA DI ROSTAGNO – “Provo amarezza, sì, per questa sentenza della Cassazione. Perché per l’omicidio di mio padre c’è un mandante, ma non c’è un esecutore materiale. Non c’è il nome del killer che ha sparato”. Non solo. “Per anni e anni ci sono stati depistaggi, ricordo che nel processo di primo grado sono venute fuori cose davvero imbarazzanti di cui non ero mai venuta a conoscenza”. Maddalena Rostagno ha atteso per anni questo momento. La parola fine sul processo per l’omicidio del padre. Ma si dice “amareggiata”. “Vuole sapere come mi sento? – dice in una intervista esclusiva all’Adnkronos – c’è un po’ di amarezza. C’è un uomo che viene assassinato, mi arrestano la madre, dicono che sono stati 4 tossicodipendenti della comunità, mandando anche un messaggio che essere tossici significa anche essere assassini. Che mio padre per una roba del genere sarebbe risorto, contrario alla sua filosofia di vita. Poi c’è stato un colpo di fortuna, con la Squadra mobile di Trapani, per cui è stata fatta una comparazione di proiettili ed è emerso il nome di Vito Mazzara”.

In primo grado la Corte d’assise di Trapani aveva condannato entrambi gli imputati, Vincenzo Virga come mandante e Vito Mazzara come esecutore materiale. “Il Presidente della Corte d’assise Angelo Pellino mi aveva restituito in parte la fiducia nel sistema giudiziario”, dice Maddalena Rostagno. Anche per i giudici di primo grado a impugnare il fucile, spezzato dalle esplosioni, sarebbe stato Vito Mazzara, capomafia di Valderice. Sembravano portare a lui e a un suo parente biologico non identificato le tracce di Dna ritrovate nell’arma, ecco perché gli era stato inflitto all’ergastolo. La condanna si aggiungeva a un altro ergastolo per l’uccisione nel 1995 dell’agente di custodia Giuseppe Montalto. Ma in appello, la corte d’assise d’appello, dopo aver acquisito un manuale dei criteri di interpretazione delle tracce di Dna, ha optato per l’assoluzione ribaltando il giudizio di primo grado. Sentenza confermata stasera dalla Cassazione.

“Lasciamo stare la perizia del Dna – dice Maddalena Rostagno – ma se tu mi ricostruisci il contesto nel quale mio padre è stato assassinato, e condanni all’ergastolo il capomafia di allora, poi mi assolvi il suo esecutore materiale? Ok”. “Il nostro scopo, quello mio e di mia madre, non era certo quello di ottenere l’ergastolo, non era quello il punto. Io sono anche contraria”, dice ancora la figlia di Rostagno.

E ricorda i “22 anni di depistaggi, in primo grado sono venute fuori cose imbarazzanti. Molte cose le sapevo, alcune cose non le avevo mai pensate. Io non faccio l’avvocato né la giornalista, ho iniziato a leggere libri di mafia solo dopo l’omicidio per celebrare il mio dolore”. E ricorda: “Il primo depistaggio fu quello di spostare il corpo di Mauro. I carabinieri fecero spostare il corpo di mio padre. Già durante il processo di primo grado si scoprì che quello l’uomo che aveva chiamato, il signore che viveva in una casa vicino alla curva, è stato sentito solo dopo 25 anni”. Al momento una decina di persone è al processo a Trapani per falsa testimonianza.

Poi, Maddalena Rostagno ribadisce ancora che nell’omicidio del padre “c’è stato un mandante ma non c’è un esecutore”. “Le sentenze ci sono. Saranno gli storici a raccontare questa vicenda – dice – Ci sono gli studi sul Dna, che io ho fatto mettere sul sito dedicato al processo”. “Prendo atto della decisione – dice ancora la figlia di Rostagno che non ha mai perso un’udienza – e me ne faccio una ragione”. Poi, Maddalena ribadisce quanto detto oggi dal suo legale, l’avvocato Fausto Maria Amato durante la discussione davanti ai giudici della Cassazione: “Noi non ci siamo costituiti parte civile per portarci a casa dei soldi, non è questa la questione. Noi volevamo portare a casa tutta la verità, quanta più verità possibile”.

Maddalena Rostagno spiega anche che la Corte di Cassazione ha confermato la “matrice mafiosa” dell’omicidio del sociologo. “Ho fatto questa lunga battaglia principalmente per mio figlio che oggi ha 17 anni e finalmente non leggerà più le porcherie che leggeva su Facebook, tutte quelle angherie. Ricordo anche che mia madre venne arrestata quando io avevo 22 anni. Suo nonno è morto consapevole di quello che sta facendo. Il fatto che non abbia potuto conoscere il nipote rimarrà il mio dolore più grande”.

Maddalena Rostagno ricorda anche il forte legame tra Mauro Rostagno e la città di Trapani. “Ci teneva molto a quella città”, dice. “Un uomo che è scappato dalla sua città ed è andato all’università dove ha studiato sociologia, tutto in virtù della libertà dell’individuo”, dice. “Poi è arrivato in Sicilia – dice – dove si è scontrato con un muro di omertà. Stiamo parlando dell’88 quando Trapani era percepita in un certo modo”.

Ma Maddalena è più amareggiata o delusa per questa sentenza? “Io c’ero in quell’aula quando i periti del Tribunale presentarono i risultati della perizia – dice – erano credibili. Poi arrivò anche un docente toscano. Il punto non è l’ergastolo al killer, perché era già in carcere. Ma il punto è che il killer che ha sparato a mio padre non c’è. Ecco, questo lascia molta amarezza”.