Covid, caccia all”animale zero’ e i sospetti sul visone  

(Adnkronos)

In principio fu il pipistrello, il primo animale di quello che diventerà un virtuale ‘Covid zoo’ nel mirino degli scienziati impegnati nella caccia all’ospite del virus progenitore del Sars-CoV-2 umano. La creatura da cui tutto è cominciato ancora oggi resta avvolta nel mistero. Dopo i pipistrelli è toccato ai pangolini salire sul banco degli imputati. Entrambi i primi due indiziati trasportavano coronavirus con genomi dal 90 al 96% simili al Sars-CoV-2 umano e per questo hanno attirato l’attenzione degli esperti: potevano essere loro la fonte animale del primo focolaio umano, la base di partenza per il salto di specie. Poi è scoppiato il caso visoni. E adesso c’è chi si chiede: se fossero loro l”animale zero’? Il sospetto viene lanciato su ‘Science’ da due scienziati cinesi: Peng Zhou, dell’Istituto di virologia di Wuhan (Accademia cinese delle scienze), e Zheng-Li Shi dell’università di Fudan, Shanghai.

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Analisi evolutive dei genomi virali di pipistrelli e pangolini, scrivono gli autori in un articolo pubblicato online nella sezione ‘Perspective’, “indicano che ulteriori adattamenti, sia negli ospiti animali che nell’uomo, si sono verificati prima che il virus causasse la pandemia di Covid-19. Pertanto, una specie animale che ha un’alta densità di popolazione per consentire la selezione naturale e una proteina Ace2 competente per Sars-CoV-2 – il visone, per esempio – sarebbe un possibile ospite del progenitore diretto di Sars-CoV-2”, ipotizzano.

Un altro dibattito riguarda la fonte di Sars-CoV-2 che ha causato l’epidemia di Covid-19 alla fine del 2019. “I dati attuali mettono in dubbio l’origine animale di Sars-CoV-2 nel mercato dei frutti di mare dove sono stati identificati i primi casi a Wuhan, Cina – dicono i due scienziati, mentre proprio in questi giorni è in corso una missione Oms nel Paese per indagare sulle origini del virus partendo proprio da Wuhan – Dato il ritrovamento di Sars-CoV-2 sulla superficie di imballaggi alimentari importati, il contatto con alimenti crudi contaminati potrebbe essere un’importante fonte di trasmissione”.

“Recentemente, anticorpi per Sars-CoV-2 sono stati trovati in campioni di siero umano prelevati al di fuori della Cina prima che fosse rilevata l’epidemia di Covid, il che suggerisce che il virus esisteva da tempo – teorizzano gli autori dell’articolo – prima che i primi casi fossero descritti a Wuhan. Devono essere condotte indagini retrospettive su campioni pre-focolaio di visoni o altri animali suscettibili, nonché sull’uomo, per identificare gli ospiti del virus progenitore diretto e per determinare quando il virus si è riversato sull’uomo”.

Proprio in merito al caso visoni, gli esperti citano un’indagine sui contagi registrati fra gli animali e le persone che lavorano e vivono in 16 allevamenti di visoni nei Paesi Bassi. Infezioni da Sars-CoV-2 sono state rilevate nel 68% dei proprietari e lavoratori, e i loro contatti stretti (66 su 97). “Alcune persone sono state infettate da ceppi virali con una firma di sequenza animale, fornendo prove di ‘spillover’ (salti di specie) avanti e indietro tra animali e umani”, riferiscono gli scienziati nella loro analisi. Anche altre specie di animali selvatici o domestici possono anche trasportare Sars-CoV-2, il patogeno ha un’ampia gamma di ospiti.

Nessuno dei coronavirus correlati alla Sars rilevati in pipistrelli della Cina detti ‘ferro di cavallo’ e nei pangolini contrabbandati nei Paesi dell’Asia meridionale è risultato direttamente il virus progenitore di Sars-CoV-2. Nello ‘zoo’ degli animali Covid figurano anche cani e gatti domestici, così come le tigri negli zoo, tutti trovati naturalmente infettati dagli esseri umani, ma caratterizzati da un’assenza di prove certe del fatto che possano infettare l’uomo, quindi è improbabile che siano gli ospiti originari di Sars-CoV-2″. Tutti tranne i visoni, fanno notare gli autori ricordando che infezioni in questi allevamenti sono state segnalate in 8 Paesi (Paesi Bassi, Danimarca, Spagna, Francia, Svezia, Italia, Stati Uniti e Grecia), secondo l’Organizzazione mondiale per la salute animale.

“Oltre alla trasmissione da animale a uomo nelle fattorie, le catene di fornitori di alimenti destano notevoli preoccupazioni. In varie città della Cina sono stati documentati diversi focolai di Covid su piccola scala causati da frutti di mare crudi contaminati da virus o carne di maiale provenienti da Paesi d’oltremare – ripercorrono gli scienziati – Si è scoperto che le firme del genoma virale in questi focolai erano diverse dai ceppi presenti in Cina”. Se a questo si aggiunge che “ci sono prove che Sars-CoV-2 può sopravvivere fino a 3 settimane nella carne e sulla superficie degli imballaggi di cibo freddo senza perdere infettività”, la suggestione è completa. “La carne di animali infetti o imballaggi alimentari contaminati potrebbero essere una fonte di infezione umana”.

Questi aspetti “sollevano preoccupazioni per la salute pubblica e le attività agricole. La maggior parte degli animali contagiati da Sars-CoV-2 non mostra una sindrome clinica evidente e le infezioni non sarebbero riconosciute senza una diagnosi di routine. Il modello del massiccio abbattimento dei visoni degli allevamenti infetti per fermare la trasmissione non può essere applicato in maniera generalizzata ad altri animali domestici eventualmente imputati. Pertanto, per precauzione, dovrebbero essere attuate misure di quarantena estese e rigorose in tutte le fattorie con popolazioni di animali ad alta densità”, concludono gli autori. Strategie simili dovrebbero essere applicate ad altre occupazioni come allevatori di animali, guardiani di zoo, persone che lavorano nei macelli, elencano.

“Se oggi vi sono prove limitate di trasmissione da animale a uomo ad eccezione del visone, dovrebbero essere condotte ulteriori ricerche su altri animali e sui fattori correlati allo spillover”. Senza dimenticare un aspetto importante: “Il genoma dell’Rna di Sars-CoV-2 sembra relativamente stabile durante la trasmissione all’interno delle popolazioni umane, sebbene siano state rilevate mutazioni accumulate. Ma è generalmente accettato che i coronavirus tendano a mostrare una rapida evoluzione quando passano a una specie diversa”. “Imperativo dunque è monitorare”.