Vaticano, domani sentenza per Caloia. Fonti Ior: ‘a processo per attuare riforme Papa’  

(Adnkronos)

Sta per giungere a conclusione il processo penale che, già nel 2014, con vari esposti al promotore di Giustizia, lo Ior ha chiesto di celebrare contro l’ex presidente Angelo Caloia, l’ex direttore generale Lelio Scaletti (nel frattempo deceduto) e l’ex avvocato dell’Istituto Gabriele Liuzzo. I tre sono stati accusati di peculato e riciclaggio per essersi appropriati, secondo l’accusa, tra il 2001 e il 2008, di parte dei proventi della dismissione di oltre il 70% del patrimonio immobiliare dello Ior e delle controllate italiane (oggi fuse nella Sgir). A questi imputati si è aggiunto, nel 2018, il figlio di Gabriele Liuzzo, Lamberto Liuzzo, anche lui avvocato a Milano, accusato di riciclaggio e autoriciclaggio anche in concorso con gli altri. Alte le condanne richieste per gli imputati: 8 anni Caloia e Gabriele Liuzzo e 6 anni Lamberto Liuzzo. Gli imputati si sono sempre dichiarati estranei alle contestazioni e fiduciosi nella magistratura vaticana.

Comunque vada, con la sentenza che pronuncerà domani, subito dopo aver ascoltato le repliche del Promotore di Giustizia, degli avvocati delle parti civili, Ior e Sgir, e degli avvocati degli imputati, il Tribunale Vaticano, presieduto da Giuseppe Pignatone e composto dai giudici Venerando Marano e Carlo Bonzano, si appresta a scrivere una pagina importante della storia giudiziaria vaticana: si tratta di un processo senza precedenti per la Santa Sede, il primo per reati di questo tipo che si celebra, per giunta, contro i vertici di enti vaticani. E’ una prima assoluta anche perché non è nato da uno scandalo maturato all’estero e importato in Vaticano, è invece il frutto del funzionamento degli organi interni dello Stato: dello Ior, che ha denunciato i presunti illeciti al Promotore di Giustizia, e della magistratura vaticana, che lo ha istruito e celebrato.

L’inchiesta ha preso il via dagli esposti dello Ior del luglio 2014, dopo che, nel 2013, i nuovi vertici dell’Istituto avevano incaricato una società di consulenza di esaminare le modalità con cui si era svolto – tra il 2001 e il 2008 – il processo di dismissione del patrimonio immobiliare. Agli esposti hanno fatto seguito indagini approfondite del Promotore di Giustizia, condotte con il sostegno di Ior e Sgir e con la collaborazione della magistratura di altri paesi, a cominciare dalla Svizzera, che si sono protratte fino al 2018 e che hanno portato, nell’ottobre del 2014, al sequestro (ancora in corso) di tutti i conti correnti e titoli riferibili agli imputati presso lo Ior per un ammontare di circa 18 milioni di euro e, successivamente, al sequestro di circa 13 milioni di euro presso l’Ubs a Zurigo a Gabriele e Lamberto Liuzzo, su iniziativa della magistratura elvetica e vaticana e di Ior e Sgir, che hanno ottenuto un sequestro civile.

Fonti Ior: ‘a processo Caloia per tutelare interessi Chiesa e attuare riforma Papa’

Ior e Sgir hanno partecipato al processo portando avanti un’azione civile risarcitoria, come previsto dal codice di procedura penale vaticano, anche per contestare i gravi atti di ‘mala gestio’ che avrebbero commesso gli imputati come amministratori o gestori dei beni dell’Istituto e delle sue controllate italiane.

La partecipazione dello Ior e della Sgir al processo, notano allo Ior, ha un doppio significato. Da una parte c’è la doverosa tutela dei propri interessi patrimoniali e la necessità di recuperare ingenti risorse sottratte all’Istituto e alla sua missione a servizio della Chiesa. Ma dall’altra c’è la necessità ancora più importante di attuare in concreto (anche denunciando gli illeciti da chiunque compiuti) le riforme di Benedetto XVI e Papa Francesco, che, sulla trasparenza e il rispetto della legalità, hanno puntato molto del loro pontificato. E’ a loro che si devono le leggi anti-riciclaggio. Ed è a Papa Francesco che si devono le molte riforme che stanno trasformando sia il diritto sia la mentalità del Vaticano. Dall’antiriciclaggio agli accordi fiscali, al codice degli appalti, allo trasformazione dello statuto della segreteria di Stato (che dopo l’ultimo motu proprio sarà ora più libera di svolgere il suo compito di prima collaboratrice del Papa, lasciando ad altre strutture la gestione amministrativa).

Proprio perciò, lo Ior e la Sgir hanno partecipato al processo dando un contributo tecnico e operativo decisivo per ricostruire le risalenti operazioni immobiliari e i relativi flussi finanziari. In un’ottica di massima collaborazione e trasparenza, le parti civili hanno, tra l’altro, fornito accurate relazioni peritali e copiosa documentazione, anche di carattere riservato (tracciati di movimentazioni finanziarie, verbali delle adunanze del consiglio di Sovrintendenza dello Ior, corrispondenza scambiata tra i vertici dell’istituto e le più alte autorità della Santa sede), che ha avuto una rilevanza decisiva nel processo, costituendo peraltro la base delle tre consulenze tecniche disposte dal tribunale (insieme ai documenti trasmessi per rogatoria dalle autorità giudiziarie straniere, in particolare quella elvetica).

I periti del tribunale

Il tribunale ha infatti nominato tre periti, incaricati rispettivamente di tradurre in italiano i documenti in lingua straniera, stimare il valore dei 29 immobili dismessi e ricostruire i flussi finanziari collegati a ciascuna vendita. Dei tre imputati, soltanto Caloia ha accettato di farsi interrogare in ben cinque udienze; mentre gli altri imputati si sono rifiutati. Sono stati inoltre sentiti numerosi testi tra cui l’ex direttore generale dello Ior Cipriani (che per inciso è stato convenuto dallo Ior davanti al Tribunale dello Stato vaticano in un distinto giudizio civile per ‘mala gestio’ conclusosi con una condanna in primo grado per oltre 47 milioni di euro).

In generale, dall’istruttoria dibattimentale sarebbero emerse – sempre a parere dell’accusa – plurime anomalie e illeciti, che avrebbero caratterizzato l’intero processo di dismissione immobiliare e reso possibili i reati di peculato e riciclaggio contestati agli imputati a conferma di quanto denunciato dallo Ior. Tra l’altro, stando alla documentazione presentata dal’accusa, è emerso come le vendite sarebbero state realizzate in assenza di un piano di dismissioni (in cui avrebbero dovuto essere indicati gli immobili da vendere, il loro valore, gli obiettivi economici e così via), nonostante i 29 immobili dismessi valessero almeno 170 milioni di euro. Inoltre, è emerso che, tra il 2000 e 2008, il presidente Caloia avrebbe fornito informative lacunose e a volte del tutto errate e fuorvianti circa le vendite in corso al consiglio di Sovrintendenza e al cardinale Sodano, all’epoca segretario di Stato e presidente della commissione cardinalizia dello Ior.

Le vendite, – hanno fatto presente i promotori di giustizia – inoltre sarebbero state concluse dall’avvocato Gabriele Liuzzo in virtù di procura amplissime rilasciatagli dal presidente Caloia e dal direttore generale Scaletti – in assenza di un incarico scritto – che gli avrebbero di fatto conferito poteri illimitati, consentendogli così di vendere gli immobili a prezzi fissati discrezionalmente (spesso anche al di sotto del valore catastale) e incassare provvigioni esorbitanti (7,2 milioni di euro, corrispondenti a circa l’8% del valore complessivo delle vendite). Tali vendite sarebbero peraltro avvenute in assenza di controlli interni ed esterni da parte degli organi a ciò preposti, e ciò non casualmente ma, come risultato anche dalle testimonianze rese nel dibattimento, per effetto di precise direttive degli imputati.

Per periti da svendita 29 immobili ammanco di 33 milioni

I 29 immobili, a quanto sostenuto dall’accusa, sarebbero stati venduti a prezzi nettamente inferiori al loro reale valore (alcuni di essi in assenza di una perizia recente, altri a prezzi inferiori ai valori di perizia e alle offerte avanzate da altri potenziali acquirenti inspiegabilmente rifiutate). Da tale svendita sarebbe derivato un ammanco di almeno 33 milioni di euro (considerando la stima prudenziale dei periti del tribunale ai soli fini penali). Parte del prezzo delle vendite sarebbe confluita su conti segreti a disposizione degli imputati (o di almeno uno di essi, Scaletti) e non riportati nella contabilità dello Ior, o sarebbe stata corrisposta in contanti e poi confluita o su conti dello Ior o direttamente nelle tasche degli imputati.

Sui conti personali di questi ultimi, secondo la magistratura vaticana, infatti sarebbe stata registrata nel periodo 2001-2008 un’impennata di versamenti in contanti per diversi milioni di euro, a cui non sarebbe stata data una spiegazione lecita.

Ritenendo che da anomalie e illeciti siano derivati ingentissimi danni al patrimonio dello Ior e della Sgir (patrimonio della Chiesa destinato a opere di carità) e alla loro reputazione, Ior e Sgir, al fine di ottenere il ristoro di tali danni, si sono riservate di esperire un’ulteriore azione civile. Nel frattempo, nell’ambito del processo penale, l’accusa ha chiesto al tribunale di condannare gli imputati al pagamento in via provvisionale di una somma corrispondente a una parte del danno emergente sofferto con certezza dalle parti civili e facilmente accertabile e già quantificata nel valore minimo di 42 milioni di euro, corrispondenti ai 33 milioni di euro derivanti dalla differenza tra il valore degli immobili secondo la stima prudente dei periti e i ricavi conseguiti dalle vendite, i 7,2 milioni di provvigioni pagate all’avvocato Liuzzo e un milione relativo a un legato di cui si sarebbe appropriato lo stesso Liuzzo.

Magistrati: da Caloia, Scaletti e Liuzzo sistematica depredazione patrimonio Ior

L’ex presidente dello Ior Angelo Caloia, il direttore generale Lelio Scaletti (ora deceduto) e l’avvocato dell’Istituto Gabriele Liuzzo si sarebbero accordati tra loro per procedere a una “sistematica opera di depredazione del patrimonio dello Ior e delle sue controllate”, condotta “portata avanti con determinazione e organizzazione massime”. E’ quanto si legge nelle carte del processo per peculato e riciclaggio nei confronti di Caloia e Liuzzo (per Scaletti il reato è estinto per morte dell’imputato) che andrà a sentenza domani.

In particolare, secondo i magistrati vaticani, Caloia, che rischia 8 anni di carcere, “in qualità di presidente, ha certamente operato non solo con il ruolo di ideatore” ma “con piena consapevolezza delle sue azioni e delle gravi violazioni ai doveri di fedeltà che la sua delicata funzione avrebbe richiesto”. Dalla revisione dei verbali dell’organo di vertice dello Ior, il Consiglio di Sovrintendenza, si rileva, “è emerso che non solo Angelo Caloia non ha quasi mai informato il Consiglio, ma, quando lo ha fatto, ha operato in maniera inconfutabilmente decettiva”, ossia ingannevole.

Quanto a Scaletti, dg dello Ior e amministratore delle controllate interessate dal processo di dismissione, secondo l’Ufficio del Promotore di Giustizia, sarebbe stato “il perfetto esecutore del piano criminoso ideato” dall’allora presidente dell’Istituto. Egli, infatti, avrebbe posto in essere le operazioni sicuramente più rilevanti del processo di dismissione del patrimonio immobiliare e “una tale opera di spoliazione, oltre a implicare una sua diretta e autonoma responsabilità, non avrebbe potuto essere perpetuata senza il benestare del presidente Caloia”. Gabriele Liuzzo, infine, avvocato e consulente legale dello Ior, secondo l’accusa “ha operato come spregiudicato esecutore delle attività ideate da Caloia e Scaletti, realizzando un profitto considerevole”, cioè la somma “di 8,2 milioni di euro” che corrisponde a “circa il 9% del valore dei beni venduti”.

I magistrati vaticani nelle carte evidenziano la “completa esautorazione” del Consiglio di Sovrintendenza dello Ior dal processo decisionale relativo alla dismissione del patrimonio immobiliare, tanto che l’organo “non ha praticamente mai deliberato sulle singole operazioni di vendita e anche nei pochi casi in cui ciò è avvenuto ha praticamente deliberato sulla base di informazioni, davvero laconiche e lacunose, dell’allora presidente Angelo Caloia”.

Le indagini sono partite dall’analisi condotta dalla società di consulenza Promontory e commissionata dai nuovi vertici dello Ior dalla quale sono venute fuori le anomalie che poi l’Istituto ha segnalato alla magistratura vaticana, tra le quali la “sistematica assenza di perizie per determinare il valore di mercato dei cespiti da dismettere” e l’assenza di procedure per garantire concorrenza e pubblicità e valorizzare al meglio i cespiti in vendita, situati nelle zone più pregiate di Roma e Milano. Proprio la nota Promontory ha posto l’attenzione su tre complessi immobiliari oggetto di dismissione che, da soli, rappresentavano “il 61,7% dell’intero fatturato riportato nei libri contabili”: gli immobili, situati in viale Regina Margherita a Roma, in Corso di Porta Vittoria a Milano e in piazza della Vittoria a Genova, secondo la società “da soli avrebbero fatto registrare una perdita di 57 milioni di euro”. E’ stata sempre Promontary a notare il fatto che in alcuni casi oggetto della relazione “la cessione era avvenuta a prezzi inferiori a quelli del 1991, al quale erano stati acquistati”.

Nell’ambito delle indagini, si ricostruisce ancora nelle carte, sarebbe poi emerso come “in alcuni casi i prezzi inclusi nei preliminari di vendita sottoscritti dagli acquirenti erano risultati più alti di quelli poi applicati negli atti ufficiali”, un elemento “a sostegno dell’ipotesi che una parte del prezzo poteva essere stato regolato in nero, per canali non ufficiali”. Inoltre, un elemento di svolta è stato determinato dalla scoperta, tra le carte di Caloia, di un prospetto (una tabella scritta a mano) che riportava con grande accuratezza il valore di perizie ad hoc e catastali aggiornati all’anno della vendita e il prezzo della vendita, dal cui raffronto sarebbe emerso come in molti casi il valore di stima fosse superiore a quello di vendita.

Difesa Caloia: fiduciosi nella giustizia

Domani è quindi attesa la sentenza del Tribunale Vaticano nell’ambito del processo per ‘peculato ed autoriciclaggio‘ a carico dell’ex presidente dello Ior. L’udienza è fissata per le 14. L’ex presidente della ‘banca vaticana’ oggi ha 80 anni. “Siamo sempre fiduciosi nella giustizia, attendiamo il giudizio di domani”, dice all’Adnkronos il difensore Domenico Pulitanò, senza ovviamente sbilanciarsi sull’esito poiché la decisione può andare al di là delle “buone ragioni” della difesa.

Gli avvocati di Caloia (Domenico Pulitanò e Anna Sammassimo), a inizio processo, presentarono una lista di quasi sessanta testimoni da ascoltare, tra i quali numerosi cardinali, che il Tribunale chiese di ridurre. Dopo la notizia dell’inchiesta, nel 2014, l’ex presidente dello Ior si era difeso dalle accuse professandosi del tutto ”innocente” rispetto agli addebiti. Caloia, oggi 80enne, ha guidato lo Ior per un ventennio, sotto Giovanni Paolo II. L’economista lombardo è stato nominato dal Pontefice polacco nel 1989 e ha rassegnato le dimissioni con Benedetto XVI nel 2009. In una rara intervista apparsa nel libro “Finanza bianca” del giornalista di Avvenire Giancarlo Galli, Caloia aveva rivendicato il proprio lavoro: “Vigiliamo come pochi, almeno da quando mi sono insediato – aveva detto tra l’altro in quell’occasione – Con orgoglio affermo che lo Ior è attualmente più trasparente di qualunque altra istituzione finanziaria“.