No Tav, pene ridotte in appello bis per scontri 2011 in Valsusa  

Pene ridotte per i 33 attivisti No Tav imputati nel processo di appello bis per gli scontri avvenuti in Valsusa nel giugno e luglio 2011. Lo ha deciso la Corte d’appello di Torino. La decisione è giunta al termine di una camera di consiglio durata 12 ore. La pena più alta comminata è di 2 anni la più bassa di sei mesi.

“L’impianto accusatorio che ci trasciniamo fin dal primo grado ha retto perfettamente, certamente pronunciamo una sentenza a dieci anni dai fatto quindi siano stati falcidiati dalle prescrizioni”. Così il procuratore generale Francesco Saluzzo che in aula ha assistito alla lettura della sentenza del processo d’appello bis. “Gli imputati, però, sono stati tutti, con varie sfumature, riconosciuti colpevoli dei reati di resistenza e violenza ai pubblici ufficiali”, ha detto ancora Saluzzo che ha osservato come “questa sentenza fa anche passare il messaggio che questo tipo di manifestazione e sue le modalità continuano a costituire reato e vengono sanzionate”.’

“Le pene sono state in alcuni casi dimezzate in altri ridotte e non per effetto della prescrizione ma per molteplici assoluzioni nel merito. Credo che questo sia anche fondamentale nel ripristinare una correttezza e laicità di giudizio nelle questioni No Tav”, ha commentato Gianluca Vitale, uno dei legali difensori degli attivisti No Tav .

“L’elemento di soddisfazione è che non di tutte le lesioni debbano rispondere tutti, resta il problema di capire perché tutte quelle evidenti arbitrarietà, lanci di pietre, tiri di lacrimogeni ad altezza d’uomo, pestaggi delle persone che vengono arrestare non sono state ritenute tali da giustificare la reazione dei manifestanti. Su questo il terreno di discussione resta aperto”, ha aggiunto ancora il legale osservando che “non ha retto l’impianto accusatorio nella misura in cui faceva un po’ un minestrone, dicendo tutti sono responsabili di tutto, questo era stato smentito dalla Cassazione e ora dalla Corte d’appello”

“Resta un problema sull’accusa di resistenza, la Cassazione aveva chiesto di approfondire del perché non si debba tenere conto dell’arbitrarietà degli atti che con tutta evidenza sono stati commessi durante quei giorni, anche dalle forze dell’ordine. Su questo aspetteremo le motivazioni per predisporre un ricorso in Cassazione”, ha proseguito e concluso: “Le pene ora rientrano in dei parametri normali di un normale processo e non su quei parametri di accanimento repressivo delle sentenze precedenti”. “Una sentenza di buonsenso”, ha aggiunto un altro avvocato difensore Frediano Sanneris, “le pene sono state rideterminate rispetto all’effettiva gravità dei fatti accaduti”.