Rifiuti: Marzia Caccioppoli, ‘la terra dei fuochi mi ha tolto il mio unico figlio, vivo per lottare’  

Napoli, 11 feb. (Adnkronos)

“Quando ho saputo del report mi sono passati davanti agli occhi tutti i bambini che ho seguito e amato durante la malattia del mio Antonio e anche dopo. Ho pensato a una mamma che ha iniziato il percorso di lotta con noi, dopo aver perso il figlio a 9 anni e mezzo e l’anno scorso, a 48 anni, è morta anche lei di cancro, col solo peccato di esser nata e cresciuta a Caivano. Oggi mi sento sospesa, come se non camminassi con i piedi a terra. Magari, se ci avessero ascoltato non prendendoci in giro, non dandoci delle visionarie che volevano attribuire all’ambiente la malattia e la morte dei figli, avrebbero potuto salvare tante vite”. Marzia Caccioppoli all’Adnkronos racconta una battaglia vinta e una guerra ancora da combattere.

Lo smaltimento illegale dei rifiuti, al quale oggi uno studio commissionato dalla Procura di Napoli Nord all’Istituto Superiore di Sanità nel 2016 ha riconosciuto un legame con i tumori, lei lo ha pagato in prima persona. “La terra dei fuochi mi ha tolto Antonio, il mio unico figlio – spiega – A 8 anni e mezzo si è ammalato di una patologia particolare che viene in età avanzata, un Glioblastoma Multiforme, riconducibile proprio al danno ambientale. Dopo mio figlio si sono susseguiti altri casi, sempre in età inferiore alla sua, che è andato via a quasi 10 anni, il 2 giugno 2013. Il mio calvario nella malattia è durato un anno. Quando ho compreso, grazie anche alle parole dell’oncologa e alle ricerche su internet e le notizie che mi arrivavano dalla terra dei fuochi, ho affiancato immediatamente don Maurizio Patriciello. Solo due giorni dopo il funerale di Antonio mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a lottare”.

Ma cosa spinge a una donna che ha perso il suo unico figlio a combattere una guerra che le ha già tolto tutto? “La voglia di rivalsa del mio territorio, la possibilità che altri bambini non si ammalino. Oggi, finalmente, possiamo chiedere allo Stato italiano di affiggersi sul petto quella lettera scarlatta di adulterio – incalza – Ci sono dei reati, ci sono dei colpevoli sebbene la legge sugli ecoreati, istituita grazie alla nostre battaglie, non è retroattiva. Chiedo che si approvi una prevenzione primaria, un monitoraggio almeno sui bambini e sui giovani, per capire le sostanze di metalli pesanti che fanno ammalare. Già mio marito è una vittima innocente della mafia, ferito alla femorale in un conflitto a fuoco tra clan mentre giocava fuori al negozio degli zii. I proiettili a rosa che lo colpirono quando aveva 8 anni, gli hanno causato tanti danni, per questo i suoi sogni, i suoi desideri cui aveva dovuto rinunciare erano rivolti tutti ad Antonio e anche quelli sono stati spezzati. La nostra è una sopravvivenza a un dolore enorme, tutti i sacrifici che avevamo fatto per lui in questi anni oggi li vediamo inutili. Per questo do il 100% della mia vita a questa lotta, perché io avevo solo Antonio”. (di Silvia Mancinelli)