Cancro uroteliale, terapia adiuvante Bms raddoppia sopravvivenza

Milano, 15 feb. (Adnkronos Salute)

Bristol Myers Squibb annuncia i risultati dello studio di fase 3 ‘CheckMate-274’ sull’anticancro nivolumab, che mostra “un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da malattia (Dfs) nel trattamento adiuvante di tutti i pazienti randomizzati con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio trattato chirurgicamente, e nel sottogruppo di pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 maggiore o uguale a 1% – riassume Bms – raggiungendo entrambi gli endpoint primari” del trial. I dati sono stati al centro di una presentazione orale all’Asco Genitourinary Cancers Symposium, che si è tenuto in modalità virtuale.

“In tutti i pazienti randomizzati – dettaglia l’azienda – nivolumab ha quasi raddoppiato il tempo medio vissuto senza recidiva di malattia, dimostrando una Dfs mediana di 21 mesi rispetto a 10,9 mesi con placebo, con una riduzione del rischio del 30%. Nei pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 ≥ 1%, nivolumab ha ridotto il rischio di recidiva di malattia o di morte del 47%, con una mediana di Dfs non raggiunta con nivolumab rispetto a 10,8 mesi con placebo”.

Il carcinoma uroteliale, che più frequentemente origina nelle cellule che ricoprono la parete interna della vescica, è il decimo tumore più comune al mondo – ricorda una nota – con circa 550mila nuove diagnosi ogni anno. Oltre che nella vescica, la neoplasia può manifestarsi in altre parti del tratto urinario, tra cui ureteri e pelvi renale. “Le persone affette da carcinoma uroteliale muscolo-invasivo sono spesso sottoposte a chirurgia maggiore per rimuovere la vescica come misura salvavita, ma si trovano lo stesso ad affrontare la recidiva del tumore con una probabilità del 50% circa – spiega Dean Bajorin, genitourinary oncologist, Memorial Sloan Kettering Cancer Center – Nello studio CheckMate-274 i pazienti trattati con nivolumab hanno vissuto quasi il doppio senza recidiva di malattia, rispetto a coloro che hanno ricevuto il placebo. Questi risultati sono potenzialmente in grado di cambiare l’approccio dei clinici nel trattamento del carcinoma uroteliale muscolo-invasivo, aiutando a rispondere all’urgente unmet need di terapie efficaci e tollerabili dopo la procedura chirurgica”.

Nivolumab – prosegue la nota – ha anche dimostrato miglioramenti negli endpoint secondari chiave dello studio, inclusa la sopravvivenza libera da recidiva nel tratto non-uroteliale (Nutrfs), definita come il tempo in cui i pazienti vivono senza recidiva di malattia al di fuori di vescica, ureteri o pelvi renale. Tra tutti i pazienti randomizzati, quelli trattati con nivolumab hanno mostrato una mediana di Nutrfs superiore a 2 anni (24,6 mesi), rispetto a 13,7 mesi con placebo. Nei pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 ≥ 1%, la mediana di Nutrfs non è stata raggiunta con nivolumab rispetto a 10,9 mesi con placebo.

Il profilo di sicurezza di nivolumab è risultato in linea con quanto precedentemente riportato in studi su pazienti con tumori solidi, si legge ancora. Eventi avversi correlati al trattamento (Trae) sono stati riscontrati nel 77,5% dei pazienti che hanno ricevuto nivolumab rispetto al 55,5% con placebo, mentre Trae di grado 3 o 4 sono stati osservati rispettivamente nel 17,9% vs 7,2% dei pazienti.

“Anticipando l’immunoterapia agli stadi più precoci del tumore, potremmo avere la possibilità di interrompere il decorso della malattia, riducendo la possibilità di recidiva e offrendo ai pazienti esiti migliori – dichiara Dana Walker, vice president, development program lead, genitourinary cancers, Bristol Myers Squibb – La terapia a base di nivolumab ha mostrato beneficio non solo nel trattamento adiuvante del tumore uroteliale, ma anche nello stadio precoce del melanoma, del tumore esofageo e del polmone. Siamo entusiasti per ciò che i risultati dello studio CheckMate -274 possano significare per i pazienti, e ringraziamo pazienti e sperimentatori che hanno partecipato allo studio. Non vediamo l’ora di iniziare a lavorare in collaborazione con le autorità regolatorie a livello globale, con l’obiettivo di offrire questa opzione terapeutica ai pazienti che ne potranno beneficiare”.