Covid, 7 italiani su 10 ‘promuovono’ le aziende farmaceutiche

(Adnkronos Salute)

La pandemia di Covid-19 ha acceso i riflettori sui temi sanitari e sull’impegno delle aziende del settore pharma per la salute pubblica. Ma cosa pensano gli italiani ‘travolti’ da dibattiti quotidiani su vaccini anti-Covid, anticorpi monoclonali e terapie innovative? Per capirlo, Alnylam Pharmaceuticals ha realizzato con la collaborazione di Quorum/YouTrend l’indagine ‘L’industria farmaceutica. Conoscenze, percezioni dopo un anno di pandemia’. Il risultato è complessivamente positivo: più di 7 cittadini su 10 esprimono un’opinione positiva sul comparto.

La ricerca è stata condotta attraverso oltre 1.500 interviste Cati (Computer-Assisted Telephone Interviewing), prendendo in esame come primo punto il parere generale sulle imprese del farmaco. Emerge che il 71,8% ha un’opinione positiva delle aziende farmaceutiche – riferiscono i promotori dell’indagine – soprattutto perché consapevoli degli investimenti in ricerca e sviluppo (35,2%) e perché convinti che le industrie producano farmaci affidabili e sicuri (32,1%). La percezione di chi ha espresso un’opinione negativa (21,6%), invece, è legata al pensiero che le aziende farmaceutiche guardino prima di tutto al profitto (81,3%) e che manchino di responsabilità sociale (44,7%).

“Questa ricerca ci ha dato la possibilità di misurare la distanza esistente tra percezioni e realtà su un settore chiave come quello farmaceutico e biotecnologico – commenta Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend – Tra i dati di maggior interesse si può segnalare che, nel pieno dell’emergenza sanitaria, oltre 7 italiani su 10 hanno espresso un’opinione positiva delle aziende farmaceutiche. Il credito riservato al mondo del farmaco deriva innanzitutto dalla consapevolezza che le aziende sostengono investimenti decisivi in ricerca e sviluppo per produrre farmaci affidabili e sicuri”.

Parlando di spesa sanitaria nazionale e spesa farmaceutica – evidenzia una nota – risulta tuttavia che solo poco più della metà degli intervistati (50,7%) è a conoscenza che il prezzo dei farmaci in Italia è stabilito da una negoziazione tra le aziende farmaceutiche e Agenzia italiana del farmaco (Aifa), una percentuale leggermente maggiore (+6,6%) rispetto a quanto emerso nel 2019. In particolare, gli italiani continuano a sovrastimare in larga maggioranza (54,6%) l’incidenza del costo dei farmaci sulle spese del Servizio sanitario nazionale, ritenendola ben superiore al reale 20% circa del Fondo sanitario nazionale (+4,3% rispetto al 2019). “Una percezione generica di spesa fuori controllo, che permane a fronte di un’insufficiente conoscenza del contesto, oltre che di preconcetti sedimentati”, è l’analisi dei promotori dell’indagine.

Ancora – rilevano – in Italia non è ancora così diffusa la consapevolezza dell’esistenza di diverse tipologie di farmaci che, proprio perché differenti e frutto di investimenti specifici in Ricerca e Sviluppo, hanno un valore e un costo diverso per cittadini e Ssn. Meno del 30% del campione, per esempio, sa cos’è un farmaco orfano e appena poco più del 50% comprende cosa significa farmaco innovativo.

“Oggi si parla moltissimo di vaccini a mRna, anticorpi monoclonali e più in generale di terapie innovative – osserva Massimo Bertelli, GM Alnylam Italia – soprattutto a fronte di un nuovo e più ampio concetto di autodeterminazione della cura. Altrettanto chiaramente emerge però come l’interesse verso questi argomenti sia minato da preconcetti, ovvero come ancora manchi una reale volontà di comprendere appieno le dinamiche del mondo farmaceutico e più in generale del mondo salute. E’ tuttavia confortante sottolineare che lo stesso campione oggetto della ricerca, messo a conoscenza dei meccanismi in essere di controllo della spesa sanitaria e negoziazione del prezzo dei farmaci, cambia atteggiamento verso il settore”.

Comunicare in modo corretto ed efficace al pubblico o ai potenziali pazienti – riflettono i promotori della ricerca – è il primo passo per favorire una conoscenza più approfondita di tutte le tematiche legate al sistema salute. Per superare il diffuso ‘bias cognitivo’ e per contrastare la disinformazione, è necessario incrementare la conoscenza del cosiddetto metodo scientifico, ovvero delle modalità tipiche con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile.

Si pensi ad esempio all”infodemia’ causata dal Covid-19. Questa informazione ridondante – prosegue la nota – ha interessato ogni aspetto dell’epidemia, compresi i farmaci: da quelli già approvati per altre indicazioni, ma con una potenziale efficacia nella prevenzione o nel trattamento di Covid-19, a quelli di uso comune che potevano favorire l’infezione o una prognosi sfavorevole alla malattia, fino al tanto atteso arrivo dei vaccini a mRna, frutto dell’innovazione terapeutica e della ricerca scientifica in corso già da alcuni decenni. “Informazioni di questo tipo sono state spesso comunicate in modo sensazionalistico e senza un adeguato supporto scientifico – ritengono gli esperti – con il rischio di generare confusione e alienare la fiducia collettiva nelle opzioni terapeutiche a disposizione per contrastare la pandemia”.

Si conferma in conclusione “l’importanza di consultare solo fonti attendibili, quali i siti di istituzioni, enti di ricerca, società scientifiche, per crearsi la propria opinione in merito, senza cedere alle lusinghe di titoli sensazionalistici o a fake-news sui social, purtroppo oggi sempre più diffuse”.

Salus Tv n. 7 del 17 febbraio 2021

Ecco come funziona il vaccino anti-Sars Cov – 2. Influenza, un anno fa a fine gennaio il picco, quest’anno solo 1milione e mezzo di casi. La voce strumento di diagnosi per le malattie neurologiche. Pediatri, 5.900 bimbi positivi al Covid a Napoli e provincia in 10 mesi. L’esperto, attenzione agli spray nasali decongestionanti. Aipo e Fimmg, “Nac, vitamina C e D aiuto per pazienti contro Covid-19”

Gemelli Molise e Insieme in salute, nuove frontiere di cura tumori grazie a endoscopia

Campobasso, 16 feb. (Adnkronos Salute)

Sono oltre 49mila le nuove diagnosi di tumore del colon-retto registrate nel 2019 in Italia, secondo l’ultimo rapporto Aiom-Airtum. Tra questi, 27mila casi si registrano negli uomini e 22mila nelle donne. Rappresentano perciò la terza neoplasia negli uomini (14%) e la seconda nelle donne (12%) e, secondo i più recenti dati Istat, la seconda causa di morte per entrambi.

Ma c’è una buona notizia: si tratta di una patologia per cui notevoli passi avanti sono stati compiuti e dove, a fare la differenza, sono la tempestività e la prevenzione. Proprio di prevenzione e nuove opportunità di salute si parlerà nel terzo incontro “Insieme nell’innovazione” del progetto Insieme in salute del Gemelli Molise, trasmesso in diretta streaming sul sito di Gemelli Molise e sulla pagina Facebook oggi martedì 16 febbraio, dalle 16.30 (Leggi il programma degli incontri di Insieme in Salute).

“Robuste evidenze scientifiche -sottolinea Celeste Condorelli, amministratrice delegata di Gemelli Molise– dimostrano che lo screening per cancro colorettale riduce del 20% il numero di nuovi casi e la mortalità per questo tumore del 30%“. A queste opportunità si aggiungono tutte quelle offerte oggi dall’endoscopia che, negli ultimi anni, ha registrato rilevanti innovazioni, che hanno radicalmente modificato il modo di diagnosticare e curare.

Ma la prevenzione è un tema ancora poco noto al grande pubblico e l’epidemia da coronavirus rischia rallentare gli importanti risultati sinora ottenuti. “Ecco perché l’obiettivo della comunicazione di questo incontro – prosegue Condorelli- sarà soprattutto quello di fare chiarezza su come i programmi di screening, l’endoscopia e in generale la prevenzione possano aiutare a cambiare la storia dei pazienti e delle famiglie”.

A fare il punto sulle opportunità di prevenzione oggi, possibili grazie alle nuove frontiere dell’endoscopia, con Celeste Condorelli saranno anche Guido Costamagna, direttore Uoc di Endoscopia digestiva chirurgica Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Ircss; Gianluca Spera, responsabile Unità operativa Endoscopia digestiva; Alberto Larghi, dirigente medico Fondazione Policlinico Gemelli Roma; Luigi Ambrosone, presidente del corso di laurea in Ingegneria Medica-Università Degli Studi del Molise e Sara Mucciarone, Presidente Aic – Associazione italiana celiachia Molise.

Quando si parla di cancro al colon retto, quello che spesso fa la differenza è proprio la diagnosi precoce. “La ricerca in ambito endoscopico, con la finalità di prevenire e trattare il cancro del colon retto in modo più preciso ed efficace, ha portato allo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale -sostiene Costamagna- Queste nuove tecniche, oltre a consentire una maggiore precisione, permettono di differenziare le lesioni tumorali in base alle caratteristiche macroscopiche o vascolari e, in generale, una loro migliore rilevazione”.

Tra queste si distingue sicuramente l’ecoendoscopia, una nuova metodica che accomuna sia le caratteristiche dell’endoscopia sia quelle dell’ecografia. Questa tecnica avanzata consente di diagnosticare precocemente e classificare in modo non invasivo i tumori dell’apparato digerente.

“Le ultime novità tecnologiche ci consentono di proporre terapie per tumori altrimenti non operabili -commenta Gianluca Spera, responsabile Unità di endoscopia digestiva- Noi crediamo fortemente nel valore sociale della comunicazione anche per favorire l’empowerment della popolazione”.

Covid, Diana Bracco: ‘Industria farmaceutica ha fatto miracoli’

Roma, 16 feb. (Adnkronos Salute)

L’industria farmaceutica ha reagito in modo straordinario, tenendo sempre aperti gli stabilimenti nella massima sicurezza e garantendo così l’arrivo puntuale dei farmaci a medici e pazienti. E poi ha fatto uno sforzo eccezionale nella ricerca di nuove cure. Un anno fa, all’inizio della pandemia, nessuno avrebbe immaginato che in così poco tempo ci fossero così tanti tipi di vaccini disponibili. Un successo, quasi un miracolo, frutto della ricerca scientifica globale supportata al meglio dalle istituzioni”. A sottolineare così l’impatto che ha avuto la crisi pandemica sul settore farmaceutico è Diana Bracco, presidente e Ceo del Gruppo Bracco che con il suo stabilimento di Torviscosa è una delle più importanti industrie del settore farmaceutico del Nord Est.

In una lunga intervista a il “Messaggero Veneto” e gli altri giornali veneti, la presidente Diana Bracco sottolinea che “non ha importanza chi ha vinto la corsa al vaccino. Ma il fatto che si possa iniziare la distribuzione di sei diversi prodotti vaccinali realizzati in pochi mesi è davvero un miracolo“. “La terribile emergenza sanitaria che stiamo vivendo -ha detto Bracco- ha fatto capire a tutti il valore incommensurabile della ricerca scientifica e dell’innovazione, le sole armi che possono sconfiggere le malattie e proteggerci nel presente e nel futuro. Da questa pandemia il mondo uscirà con la consapevolezza che occorre uno sviluppo diverso, più sostenibile e più attento all’ambiente e al benessere delle persone. Per questo non dobbiamo mai ridurre gli investimenti in ricerca”.

Parlare di ricerca nel settore life science significa parlare della medicina del futuro per Diana Bracco che spiega: “Certo, il rapporto tra salute, medicina e tecnologia è sempre più stretto. E gli effetti per la popolazione sempre più tangibili: basti pensare all’allungamento progressivo dell’aspettativa di vita. Siamo nell’era della cosiddetta ‘Medicina delle 4 P’ vale a dire predittività, prevenzione, partecipazione e personalizzazione. La ricerca italiana da sempre è molto avanzata in questo campo”. “A fronte di questi successi, però, l’Italia rimane uno dei paesi più avari nel finanziare la ricerca scientifica. Nelle classifiche internazionali, nella spesa per R&I in rapporto al Pil siamo al 14° posto in Europa, al pari di Spagna e Grecia, e spendiamo meno della metà di Germania, Danimarca e Austria. Io mi auguro di cuore che parte delle risorse del Recovery Fund vengano impiegate per colmare il gap di investimenti sulla ricerca, perché puntare con coraggio su chi fa innovazione, è l’unica via per creare nuova crescita e sviluppo duraturo” avverte Diana Bracco.

La Ceo inoltre evidenzia che il gruppo Bracco in ricerca e innovazione investe “tra il 9 e il 10% del fatturato di riferimento ogni anno, e lo facciamo con costanza nel tempo, anche nei momenti economici difficili. Perché la ricerca è essenziale per garantire il futuro delle aziende. Senza prodotti unici e innovativi non si vince nella competizione globale sempre più dura e sfidante. La storia della nostra azienda è un esempio emblematico. Grazie alle invenzioni della nostra ricerca siamo diventati leader mondiale nella diagnostica per immagini e nei dispositivi medicali avanzati, con un fatturato consolidato di 1,5 miliardi di euro di cui l’87% sui mercati esteri. Il nostro gruppo occupa oltre 3.600 dipendenti e vanta un patrimonio di oltre 2.000 brevetti”.

“Ogni generazione, tra l’altro, ha portato qualcosa di nuovo: mio nonno Elio creò un’impresa commerciale, mio padre Fulvio realizzò un’industria integrata, io ho puntato fortemente su R&I e internazionalizzazione del Gruppo e ora mio nipote Fulvio Renoldi Bracco, che è Amministratore Delegato di Bracco Imaging sta sviluppando nuove strategie di marketing globale” ricorda Diana Bracco il cui Gruppo è presente in Friuli da diversi anni nel sito di Torviscosa. “Abbiamo circa 160 addetti e produciamo mezzi di contrasto per la radiologia. Le cose vanno molto bene al punto che abbiamo potenziato le attuali linee produttive con un incremento della capacità del 20%. Il nostro modernissimo stabilimento di Torviscosa, tra l’altro, è gestito da una giovane site manager, Laetitia Laurent” sottolinea la Ceo.

Bracco considera la diversità un valore chiave per tutta l’organizzazione e un proprio punto di forza. Questo è un tema che mi sta particolarmente a cuore e che mi ha spinto ad accettare il ruolo di Ambassador per il Women empowerment nell’engagement Group B20 creato da Confindustria nell’ambito del G20″ aggiunge ancora Diana Bracco che evidenzia i legami sentimentali con il Friuli: “Mi lasci dire che Torviscosa per noi è un luogo speciale. Anzitutto per ragioni affettive, per le origini della nostra famiglia: mio nonno, infatti, era un irredentista esule istriano, giunto a Milano dall’isola di Neresine. Quando alla fine degli anni Novanta dovevamo ampliare la nostra produzione, abbiamo deciso così di puntare sul recupero della storica area industriale di Torviscosa. Una scelta vincente che ci permise di non consumare suolo vergine confermando la nostra attenzione per uno sviluppo sostenibile”. E sulle prospettive future della realtà produttiva friulana, la presidente Bracco sottolinea: “Crediamo molto in questo insediamento, anche perché è un’eccellenza del Friuli e della chimica italiana, ed è situato nel cuore dei mercati europei. Per ciò che riguarda le prospettive, posso dire che Torviscosa è tornata ad essere attrattiva e sarà in grado di creare sviluppo e benessere anche in futuro”.

Da Medtronic una App per monitoraggio cardiologico a distanza

(Adnkronos Salute)

Arriva in Italia ‘Carelink ExpressTM Mobile’, una App dedicata al monitoraggio da remoto dei dispositivi cardiaci impiantabili Medtronic, che consente ai medici di tutte le strutture sanitarie (Pronto soccorso, ambulatori e ospedali, case di cura) di eseguire i controlli del dispositivo in tempi rapidi e di ricevere un’immediata valutazione tecnica a distanza sullo stato del dispositivo da parte del cardiologo specialista, anche se in servizio presso un’altra struttura. Un dettaglio particolarmente importante – si legge in una nota Medtronic – in tempi di pandemia da Covid 19 caratterizzata da affollamento delle strutture sanitarie, maggiore impegno richiesto al personale medico e riduzione degli spostamenti.

La tecnologia proposta da Medtronic – informa ancora la nota – si distingue per alcune caratteristiche sostanziali: portabilità e flessibilità, in quanto la App CareLink ExpressTM Mobile è installata su un tablet fornito in dotazione agli ospedali e permette di controllare il dispositivo del paziente in qualsiasi luogo (ambulanza, Pronto soccorso, ambulatorio, etc..). E ancora: capacità di inviare i dati di tutti i dispositivi cardiaci impiantabili Medtronic, in quanto l’accesso è consentito a tutti i pazienti.

L’app consente, dunque, a personale esperto di rivedere i dati del dispositivo da remoto direttamente dal centro Hub di alta specializzazione, inviando le informazioni al centro periferico Spoke nell’arco di pochi minuti. Una possibilità, questa, ancora più preziosa in tempi di Covid-19, in cui è necessario ridurre gli spostamenti ritenuti non urgenti, e per questo la gestione da remoto dei pazienti assume un ruolo fondamentale. Inoltre – si legge ancora nella nota – la App riduce notevolmente il carico di lavoro per l’intero staff ospedaliero di entrambi i centri coinvolti (Hub principale e Spoke periferico), aumentando l’efficienza del flusso di lavoro e favorendo in questo modo un dialogo costante tra strutture sanitarie periferiche e strutture sanitarie ad alta specializzazione.

Da oggi, dunque, grazie all’utilizzo della tecnologia messa a disposizione da Medtronic, ogni paziente che, per un motivo qualsiasi, acceda al centro Spoke e per cui si renda necessario il controllo del suo dispositivo cardiaco impiantato non dovrà più essere trasportato in ambulanza al centro Hub per il solo controllo del dispositivo: potrà avere il medico specialista al suo fianco anche se a km di distanza, grazie alla comunicazione remota.

“Nel contesto dell’attuale pandemia di Covid-19, la tecnologia CareLink ExpressTM Mobile offre ai pazienti la possibilità di beneficiare di un collegamento continuo tra struttura sanitaria periferica e ospedale di alta specializzazione, riducendo i costi e i ritardi di un trasferimento“, afferma Giovanni Bisignani, direttore della struttura Complessa Cardiologia Utic Castrovillari-Rossano (Cs). “L’utilizzo di questa tecnologia – riferisce – ci ha permesso di mettere in comunicazione l’ospedale Spoke di Rossano con la cardiologia Hub elettrostimolazione di Castrovillari garantendo così un servizio migliore ai nostri pazienti con dispositivi cardiaci e avviando il tradizionale ambulatorio di controllo dei dispostivi nell’ospedale di Rossano evitando ai residenti il viaggio verso altri ospedali”.

Medtronic – riferisce la nota – fornisce, in modo gratuito, un tablet dedicato in cui è installata l’app CareLink ExpressTM Mobile che consente l’interrogazione di tutti gli Icd, dispositivi Crt, Icm e pacemaker Medtronic. L’app viene utilizzata per controllare o ‘interrogare’ il dispositivo cardiaco Medtronic impiantato, indipendentemente dal fatto che il paziente sia o meno registrato sulla piattaforma del controllo remoto: proprio questo aspetto permette l’utilizzo su tutta la popolazione dei pazienti portatori di questi dispositivi e in qualsiasi momento, senza escludere nessuno.

Da Medtronic una App per monitoraggio cardiologico a distanza

(Adnkronos Salute)

Arriva in Italia ‘Carelink ExpressTM Mobile’, una App dedicata al monitoraggio da remoto dei dispositivi cardiaci impiantabili Medtronic, che consente ai medici di tutte le strutture sanitarie (Pronto soccorso, ambulatori e ospedali, case di cura) di eseguire i controlli del dispositivo in tempi rapidi e di ricevere un’immediata valutazione tecnica a distanza sullo stato del dispositivo da parte del cardiologo specialista, anche se in servizio presso un’altra struttura. Un dettaglio particolarmente importante – si legge in una nota Medtronic – in tempi di pandemia da Covid 19 caratterizzata da affollamento delle strutture sanitarie, maggiore impegno richiesto al personale medico e riduzione degli spostamenti.

La tecnologia proposta da Medtronic – informa ancora la nota – si distingue per alcune caratteristiche sostanziali: portabilità e flessibilità, in quanto la App CareLink ExpressTM Mobile è installata su un tablet fornito in dotazione agli ospedali e permette di controllare il dispositivo del paziente in qualsiasi luogo (ambulanza, Pronto soccorso, ambulatorio, etc..). E ancora: capacità di inviare i dati di tutti i dispositivi cardiaci impiantabili Medtronic, in quanto l’accesso è consentito a tutti i pazienti.

L’app consente, dunque, a personale esperto di rivedere i dati del dispositivo da remoto direttamente dal centro Hub di alta specializzazione, inviando le informazioni al centro periferico Spoke nell’arco di pochi minuti. Una possibilità, questa, ancora più preziosa in tempi di Covid-19, in cui è necessario ridurre gli spostamenti ritenuti non urgenti, e per questo la gestione da remoto dei pazienti assume un ruolo fondamentale. Inoltre – si legge ancora nella nota – la App riduce notevolmente il carico di lavoro per l’intero staff ospedaliero di entrambi i centri coinvolti (Hub principale e Spoke periferico), aumentando l’efficienza del flusso di lavoro e favorendo in questo modo un dialogo costante tra strutture sanitarie periferiche e strutture sanitarie ad alta specializzazione.

Da oggi, dunque, grazie all’utilizzo della tecnologia messa a disposizione da Medtronic, ogni paziente che, per un motivo qualsiasi, acceda al centro Spoke e per cui si renda necessario il controllo del suo dispositivo cardiaco impiantato non dovrà più essere trasportato in ambulanza al centro Hub per il solo controllo del dispositivo: potrà avere il medico specialista al suo fianco anche se a km di distanza, grazie alla comunicazione remota.

“Nel contesto dell’attuale pandemia di Covid-19, la tecnologia CareLink ExpressTM Mobile offre ai pazienti la possibilità di beneficiare di un collegamento continuo tra struttura sanitaria periferica e ospedale di alta specializzazione, riducendo i costi e i ritardi di un trasferimento“, afferma Giovanni Bisignani, direttore della struttura Complessa Cardiologia Utic Castrovillari-Rossano (Cs). “L’utilizzo di questa tecnologia – riferisce – ci ha permesso di mettere in comunicazione l’ospedale Spoke di Rossano con la cardiologia Hub elettrostimolazione di Castrovillari garantendo così un servizio migliore ai nostri pazienti con dispositivi cardiaci e avviando il tradizionale ambulatorio di controllo dei dispostivi nell’ospedale di Rossano evitando ai residenti il viaggio verso altri ospedali”.

Medtronic – riferisce la nota – fornisce, in modo gratuito, un tablet dedicato in cui è installata l’app CareLink ExpressTM Mobile che consente l’interrogazione di tutti gli Icd, dispositivi Crt, Icm e pacemaker Medtronic. L’app viene utilizzata per controllare o ‘interrogare’ il dispositivo cardiaco Medtronic impiantato, indipendentemente dal fatto che il paziente sia o meno registrato sulla piattaforma del controllo remoto: proprio questo aspetto permette l’utilizzo su tutta la popolazione dei pazienti portatori di questi dispositivi e in qualsiasi momento, senza escludere nessuno.

Variante covid, pediatra: “Scuole chiuse 3 settimane”

(Adnkronos)

Scuole, asili compresi, chiusi per tre settimane. Suggerisce un ‘lockdown lampo’ il pediatra Italo Farnetani: “Ritengo giustificato l’innalzamento delle azioni di prevenzione per limitare la diffusione di Covid-19, soprattutto alla luce del rischio di maggior circolazione della variante inglese, in attesa del vaccino che sarà la soluzione per uscire dalla pandemia. Per questo, pur essendo sempre stato un fautore della promozione del diritto alla scuola, ritengo che purtroppo in questo momento le scuole vadano completamente chiuse. Per 3 settimane creerebbe disagio, ma non danni psicologici permanenti. Il rapporto costo-beneficio sarebbe vantaggioso”.

L’esperto spiega all’Adnkronos Salute: “Concordo con Walter Ricciardi”, il consigliere del ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha espresso la necessità di un lockdown totale di qualche settimana. Chiudere anche le scuole, per il docente della Libera Università Ludes di Malta, sarebbe una scelta dolorosa, ma necessaria e utile per i risultati che si otterrebbero. “Sappiamo che la variante inglese ha una maggior capacità infettante, pertanto c’è una maggiore probabilità di contagio – riflette – Inoltre ricordiamo che nei minori e nei giovani prevalgono le forme asintomatiche, pertanto la variante inglese in presenza di una situazione asintomatica si diffonde con grande facilità”.

Per questo, prosegue, “io chiuderei completamente le scuole, anche elementari e materne. Queste ultime non ci sarebbe motivo di non chiuderle, a maggior ragione perché i più piccoli hanno una maggior difficoltà a indossare la mascherina, e se non la portano si infettano. In generale, nella fase di entrata e uscita degli alunni ci sono sempre assembramenti, e anche i genitori giustamente aspettano fuori dagli istituti”.

Il pediatra rassicura sull’entità “non preoccupante” degli effetti ‘collaterali’ di una misura simile, ovviamente se di breve durata: “Non si rischierebbero danni permanenti – ripete – L’identificazione nel gruppo dei coetanei è fondamentale nell’infanzia e nell’adolescenza, ma un’interruzione di qualche settimana della frequenza in aula ci permette di poter arrivare in sicurezza a portare avanti il piano vaccinale. Le scuole – osserva Farnetani – sono sempre state una grande fonte di trasmissione degli agenti infettivi. La dimostrazione è che ogni anno la prima grande epidemia di raffreddore avviene 10 giorni dopo il ritorno fra i banchi a settembre anche se il clima è mite”.

Indipendentemente dalle scelte che verranno prese per contrastare l’avanzata della variante Gb sul territorio nazionale, il medico consiglia in generale tre interventi: il primo è “rafforzare l’uso delle mascherine, ricordando l’importanza di coprire bene anche il naso, e soprattutto facendole usare anche ai bambini da 3 anni in poi. Purtroppo questo è uno degli interventi più negletti”.

Secondo punto: “Visto che tutta la società, a qualunque livello e di qualsiasi età, fa dei sacrifici in questo momento, credo che si possa potenziare la didattica a distanza. Rientra nella digitalizzazione del Paese”. E farla rinunciando alle lezioni in presenza “è un sacrificio di qualche settimana, ma utile”. Infine, conclude, i vaccini anti-Covid: “Se è possibile acquistare dosi aggiuntive, è bene farlo. Non si tratta di una scelta politica, ma di promozione della vita e dei diritti umani. Andrebbe resa più rapida la somministrazione. Anche non stop, 24 ore su 24, quando ci sono le dosi disponibili”.

Cancro uroteliale, terapia adiuvante Bms raddoppia sopravvivenza

Milano, 15 feb. (Adnkronos Salute)

Bristol Myers Squibb annuncia i risultati dello studio di fase 3 ‘CheckMate-274’ sull’anticancro nivolumab, che mostra “un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da malattia (Dfs) nel trattamento adiuvante di tutti i pazienti randomizzati con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio trattato chirurgicamente, e nel sottogruppo di pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 maggiore o uguale a 1% – riassume Bms – raggiungendo entrambi gli endpoint primari” del trial. I dati sono stati al centro di una presentazione orale all’Asco Genitourinary Cancers Symposium, che si è tenuto in modalità virtuale.

“In tutti i pazienti randomizzati – dettaglia l’azienda – nivolumab ha quasi raddoppiato il tempo medio vissuto senza recidiva di malattia, dimostrando una Dfs mediana di 21 mesi rispetto a 10,9 mesi con placebo, con una riduzione del rischio del 30%. Nei pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 ≥ 1%, nivolumab ha ridotto il rischio di recidiva di malattia o di morte del 47%, con una mediana di Dfs non raggiunta con nivolumab rispetto a 10,8 mesi con placebo”.

Il carcinoma uroteliale, che più frequentemente origina nelle cellule che ricoprono la parete interna della vescica, è il decimo tumore più comune al mondo – ricorda una nota – con circa 550mila nuove diagnosi ogni anno. Oltre che nella vescica, la neoplasia può manifestarsi in altre parti del tratto urinario, tra cui ureteri e pelvi renale. “Le persone affette da carcinoma uroteliale muscolo-invasivo sono spesso sottoposte a chirurgia maggiore per rimuovere la vescica come misura salvavita, ma si trovano lo stesso ad affrontare la recidiva del tumore con una probabilità del 50% circa – spiega Dean Bajorin, genitourinary oncologist, Memorial Sloan Kettering Cancer Center – Nello studio CheckMate-274 i pazienti trattati con nivolumab hanno vissuto quasi il doppio senza recidiva di malattia, rispetto a coloro che hanno ricevuto il placebo. Questi risultati sono potenzialmente in grado di cambiare l’approccio dei clinici nel trattamento del carcinoma uroteliale muscolo-invasivo, aiutando a rispondere all’urgente unmet need di terapie efficaci e tollerabili dopo la procedura chirurgica”.

Nivolumab – prosegue la nota – ha anche dimostrato miglioramenti negli endpoint secondari chiave dello studio, inclusa la sopravvivenza libera da recidiva nel tratto non-uroteliale (Nutrfs), definita come il tempo in cui i pazienti vivono senza recidiva di malattia al di fuori di vescica, ureteri o pelvi renale. Tra tutti i pazienti randomizzati, quelli trattati con nivolumab hanno mostrato una mediana di Nutrfs superiore a 2 anni (24,6 mesi), rispetto a 13,7 mesi con placebo. Nei pazienti con espressione tumorale di Pd-L1 ≥ 1%, la mediana di Nutrfs non è stata raggiunta con nivolumab rispetto a 10,9 mesi con placebo.

Il profilo di sicurezza di nivolumab è risultato in linea con quanto precedentemente riportato in studi su pazienti con tumori solidi, si legge ancora. Eventi avversi correlati al trattamento (Trae) sono stati riscontrati nel 77,5% dei pazienti che hanno ricevuto nivolumab rispetto al 55,5% con placebo, mentre Trae di grado 3 o 4 sono stati osservati rispettivamente nel 17,9% vs 7,2% dei pazienti.

“Anticipando l’immunoterapia agli stadi più precoci del tumore, potremmo avere la possibilità di interrompere il decorso della malattia, riducendo la possibilità di recidiva e offrendo ai pazienti esiti migliori – dichiara Dana Walker, vice president, development program lead, genitourinary cancers, Bristol Myers Squibb – La terapia a base di nivolumab ha mostrato beneficio non solo nel trattamento adiuvante del tumore uroteliale, ma anche nello stadio precoce del melanoma, del tumore esofageo e del polmone. Siamo entusiasti per ciò che i risultati dello studio CheckMate -274 possano significare per i pazienti, e ringraziamo pazienti e sperimentatori che hanno partecipato allo studio. Non vediamo l’ora di iniziare a lavorare in collaborazione con le autorità regolatorie a livello globale, con l’obiettivo di offrire questa opzione terapeutica ai pazienti che ne potranno beneficiare”.

Al via #TheRAREside, format ironico per abbattere gli stereotipi sulle malattie rare

(Adnkronos Salute)

Cambiare e rinnovare la narrazione delle malattie rare. E’ l’obiettivo del social talk ‘#TheRAREside-Storie ai confini della rarità’, che da domani pomeriggio andrà in diretta su Facebook. Un format voluto e realizzato dall’Osservatorio malattie rare (Omar) con l’ambizione di creare un nuovo immaginario, meno eroico e più quotidiano, delle persone con malattia rara. La campagna ‘The Rare Side’ è un viaggio in 10 puntate che porterà gli spettatori a esplorare territori “ai confini della rarità”, quelli di cui si è sempre parlato poco, ma che sono anche quelli con i quali chiunque si può identificare.

“Nell’ultimo anno c’è stato poco spazio e poca attenzione sui media e nel dibattito istituzionale ai malati rari. Dal nuovo Governo ci aspettiamo la Cabina di regia per le malattie rare, annunciata ma mai realizzata, e una delega speciale per le malattie rare – ha auspicato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Omar, presentando il progetto – Per anni si è costruita una narrazione eroica, fatta di imprese eccezionali: si sono trattate queste persone come favolosi unicorni, da mettere sul piedistallo dei buoni sentimenti. I protagonisti” del nuovo progetto “non sono più ‘eroi’ o ‘speciali’, ma persone reali, come le altre, per le quali l’avere una malattia rara, o vivere a fianco di qualcuno che ce l’ha, è solo un pezzetto del puzzle. Uomini e donne di diverse età e diversa provenienza con i loro sogni, interessi, capacità e limiti, elementi con i quali tutti possono identificarsi, per abbattere quei muri invisibili creati dai ‘noi’ e dai ‘loro'”.

Nella campagna The Rare Side si parte dai bisogni primari – sessualità, alimentazione, sonno, lavoro, vita indipendente – per arrivare ai bisogni sociali come le attività sportive, i viaggi e il tempo con gli amici. Il social talk andrà in diretta sul portale di Omar e sul suo canale Facebook a partire da domani 16 febbraio fino al 16 marzo: l’appuntamento è ogni martedì e giovedì a partire dalle 17.30, più una puntata extra tutta dedicata alle donne l’8 marzo. Complessivamente ci saranno 13 ospiti, ciascuno dei quali affronterà un tema; le puntate saranno dal vivo così che gli utenti possano interagire ed essere parte dell’evento tramite reaction e commenti.

Gli ospiti per ora rimangono quasi tutti segreti, spiegano Omar. Sono state date anticipazioni solo per le prime due puntate. La prima, quella di domani pomeriggio, che segue a stretto giro sia le celebrazioni di San Valentino, la festa degli innamorati, che il più moderno San Faustino, protettore dei single, non può che toccare il tema della sessualità. Si parlerà di persone “vive, gioiose e gaudenti” come ama definirle la protagonista Armanda Salvucci, ideatrice del progetto ‘Sensuability, ti ha detto niente la mamma?’. Le persone con malattia rara vengono spesso presentate come angeli o esseri asessuati, osserva Omar, e invece sono individui in carne, ossa, cuore e ormoni: si parla pochissimo del sesso, e dei diversi possibili orientamenti sessuali, eppure questo fa parte di quella quotidianità sulla quale The Rare Side vuole far luce.

La seconda puntata, invece, sarà dedicata ai temi del lavoro e della famiglia: la protagonista sarà la giornalista, scrittrice e mamma Francesca De Sanctis, che racconterà la sua ‘storia al contrario’: per lei, nata e cresciuta senza particolari problemi fisici, la malattia rara è arrivata dopo, ma anche il precariato è arrivato dopo la stabilità: sarà un ‘viaggio’ in cui la felicità si alterna alla rabbia e allo sconforto, una storia familiare che si intreccia con quella de ‘L’Unità’.

La campagna, che ha avuto il patrocinio della Ferpi-Federazione relazioni pubbliche italiana e del festival ‘Uno sguardo raro’, è realizzata con il contributo non condizionante di Alexion Pharmaceuticals, Angelini Pharma, Argenx, Chiesi Global Rare Diseases, GlaxoSmithKline, Incyte Biosciences, Intercept Pharmaceuticals, Kedrion Biopharma, Novartis Gene Therapies, Ptc Therapeutics, Recordati Rare Diseases, Roche, Sobi, Takeda e Ucb.

La conferenza stampa di lancio della campagna The Rare Side è stata aperta dalla senatrice Paola Binetti, presidente Intergruppo parlamentare per le malattie rare. “La condivisione – ha affermato – è un elemento di primaria importanza nella vita delle persone affette da malattia rara e non. Uno strumento per affrontare le paure, ma anche per godere delle gioie che la vita ci dona. Capire i bisogni non solo medici, ma anche ‘umani’ di un paziente e di chi lo circonda, a cominciare da quelli dei suoi fratelli e delle sue sorelle, è segno di fraternità, di accettazione e di crescita. Vogliamo che la ‘rarità’ di queste persone diventi ‘normalità’ non solo per la società, ma anche agli occhi delle istituzioni: è per questo che ci battiamo da anni con Omar affinché i loro diritti – dalla corretta presa in carico all’accesso alle cure e via discorrendo – siano riconosciuti come tali e al pari di tutti gli altri. Il viceministro Sileri ci aveva promesso il nuovo Piano nazionale per le malattie rare, ma non è arrivato nulla. Guardiamo con fiducia al ministero della Salute e ci aspettiamo molto perché finora non è arrivato molto”.

Demitizzare i malati rari è una delle parole d’ordine dell’iniziativa. “Quando Ilaria Ciancaleoni Bartoli mi ha raccontato il progetto della campagna – ha raccontato Marianna Zanatta, che con l’alter ego ‘Ornitorianna’ racconterà storie diverse dei malati rari – sono stata letteralmente travolta da un brivido perché si stava creando una di quelle coincidenze inaspettate che non possono che mettere gioia. In qualità di ornitorinco, Ornitorianna, sono da sempre portavoce del concetto di rarità e della sua bellezza e della necessità di dimostrarsi unici con i propri punti di forza e anche di debolezza. Siamo tutti esseri umani rari, né sfortunati né supereroi, ma semplicemente persone con un puzzle di identità, di valori, di sogni, di talenti che hanno diritto al posto d’onore al centro della propria vita, nella propria quotidianità. Non potevo quindi che sposare il progetto di Ilaria e affiancarmi alla campagna di Omar, diventandone prima cheerleader con l’intento di rimettere la persona al centro”.

Dopo lo speech di Ornitorianna è stata la volta del linguaggio televisivo e cinematografico, uno dei più potenti strumenti di creazione dell’immaginario collettivo. Ad aprire il sipario sul tema l’attore Paolo Sassanelli, che tra i ruoli all’attivo ha anche quello di co-protagonista di ‘Una bellissima bugia’, cortometraggio disponibile su Rai Cinema, diretto dal regista Lorenzo Santoni. Il cortometraggio parla del potere condizionate dell’immaginario collettivo e individuale e si fa riferimento alla distrofia muscolare di Duchenne. “La malattia – ha osservato Sassanelli – la si può pensare da protagonisti, ma anche da genitori, da insegnanti, da amici, come una strada senza futuro, da affrontare con rassegnazione, mettendo o mettendosi addosso una bella etichetta con scritto ‘poverino’, e così non combinare nulla nella vita, cancellare il futuro stesso. Oppure la si può prendere come un dato di fatto, di cui tenere conto, ma al pari dei propri desideri, interessi, capacità e obiettivi”.

Oggi Santoni, anche lui presente alla conferenza stampa, la vede così. Ma c’è stato prima un periodo nero e da quella prospettiva è uscito puntando sulla sua passione. “Non è possibile scindere la mia vita dal cinema – ha detto il regista – Non si tratta semplicemente di lavoro, ma di una vera e propria vocazione che mi permette di superare ostacoli a più livelli. Stare dietro la cinepresa è una sfida: fare sempre meglio e di più, ma anche riuscire a comunicare la disabilità provando a ribaltare la percezione comune. Credo che bisognerebbe smettere di collocare idealmente i disabili su un piedistallo e quindi in una posizione di diversità dagli altri, anche se con le migliori intenzioni”.

“Basta con la retorica del disabile più sensibile, più coraggioso o per il quale organizzare sempre delle cose ‘a parte’. La malattia è solo un dato di fatto, noi siamo tutto il resto dello spazio che rimane”, ha concluso Santoni. Il regista, “oltre a queste capacità cinematografiche, ha anche la distrofia di Duchenne. Ma a qualificarlo è quel che fa – è il messaggio di Omar – e non la mutazione di un gene”.