L’Oréal: 36% uomini si cura per apparire più giovane  

L'Oréal: 36% uomini si cura per apparire più giovane

Pubblicato il: 04/11/2020 10:57

Prendersi cura di sé è sempre più un piacere per gli uomini italiani: il 36% di loro si cura per apparire più giovane e il 58% preferisce la cosmetica ‘green’, scegliendo prodotti con ingredienti di origine naturale. Sono alcuni dei dati che emergono dal sesto ‘Osservatorio Beauty – studi e tendenze nell’ambito della cosmetica‘ lanciato oggi da L’Oréal Italia, azienda leader in Italia nel settore della cosmesi e dedicato a ‘Gli uomini italiani e la cura di sé’.

L’Osservatorio è realizzato in collaborazione con il dipartimento Consumer & Market Insight di L’Oréal Italia che quotidianamente si occupa di produrre e coordinare ricerche quali-quantitative per approfondire la conoscenza sui consumatori. Per realizzare questa analisi, il dipartimento Consumer & Market Insight di L’Oréal Italia ha utilizzato la ricerca Ipsos – Beauty Track (2013 e 2020).

Nell’Osservatorio si rileva una maggiore attenzione alla cura di sé tra gli uomini italiani, che trova la sua espressione in un maggiore utilizzo di prodotti cosmetici: aumenta infatti (rispetto al 2013) l’utilizzo di prodotti specifici per la rasatura e per la cura della barba, per la cura di mani e piedi, dei prodotti per la cura per il viso (compresi gli anti-age e il contorno occhi), delle fragranze, dei prodotti per la cura dei capelli (compresi balsamo e maschere) e perfino del make-up, anche se in questo caso il fenomeno resta contenuto.

Più in generale, per gli italiani, prendersi cura di sé diventa sempre più un piacere (lo è per il 56% vs il 44% nel 2013), oltre che una preoccupazione, tanto che il 36% dichiara di curare il proprio aspetto per apparire giovane (vs 30% nel 2013). Cresce il ricorso a professionisti, tanto che assistiamo all’aumento della propensione alla chirurgia estetica: sono il 23% gli Italiani che non esiterebbero il ricorso al ‘ritocchino’ nel caso in cui non si sentissero bene con sé stessi (vs 17% nel 2013).

Anche il dermatologo è una figura riconosciuta: ne ha fatto ricorso il 27% degli Italiani (vs 14% nel 2013). Anche in riferimento al mondo della cosmetica cresce l’attenzione al green: il 58% degli Italiani dichiara di preferire prodotti beauty fatti con ingredienti organici/naturali (vs il 51% nel 2013). Tra le principali ragioni per cui ci si prende cura di sé emerge la volontà di sentirsi bene con sé stessi e in salute, trascendendo l’apparire. In generale esiste una maggiore consapevolezza di come prendersi cura di sé rispetto al passato: dall’alimentazione, al ricorso di integratori all’evitare le scottature solari. Si è inoltre più aperti ai ritrovati scientifici che possano far apparire meglio.

I peggiori nemici della bellezza secondo gli uomini del Belpaese? Sul podio l’inquinamento (per il 38%), lo stress (per il 36%) e l’alimentazione scorretta (per il 33%), seguono il fumo (31%) e la mancanza di attività fisica (31%). In questo contesto, rivolgersi a professionisti della bellezza non è un’abitudine esclusivamente femminile: il 76% degli Italiani va dal parrucchiere o dal barbiere e il 12% dall’estetista (il 16% se consideriamo i più giovani 15-34enni).

Tempur, sicurezza e qualità 

Tempur, sicurezza e qualità

Pubblicato il: 24/06/2020 11:43

Qualità assoluta per riposare in completa sicurezza e totale comodità. È la filosofia di Tempur che abbina gli elevatissimi standard dei propri prodotti alla stretta osservanza dei più rigidi protocolli di certificazione che contribuiscono a delineare il quadro normativo complessivo. Tempur, che controlla ogni passaggio dell’iter produttivo in Danimarca (dalla progettazione all’assemblaggio), compie ogni singolo passo secondo i parametri della certificazione ISO 9001:2015 che fa riferimento ad una serie di aspetti che abbracciano la pianificazione operativa, il mantenimento di livelli di qualità e la gestione dei rischi. Si tratta di un primo perimetro di norme, applicabili a qualsiasi azienda, a prescindere dalle dimensioni e dal settore.

Nella produzione di materassi e cuscini, l’attenzione di Tempur nei confronti dell’ambiente si sviluppa attraverso il pieno rispetto dei criteri fissati dalla certificazione ISO 14001:2004, che si concentra sugli ‘aspetti ambientali’ che un’azienda può controllare e su cui può effettivamente incidere nell’ambito della propria attività. L’attenzione all’ambiente è al centro anche della certificazione ISO 50001:2011 che Tempur può esibire grazie alla gestione delle risorse energetiche all’insegna di efficienza e oculatezza. Il concetto di sicurezza, in un periodo caratterizzato dall’emergenza coronavirus, ovviamente si estende anche all’ambiente in cui operano i lavoratori Tempur. La certificazione DS/OHSAS 18001:2008 attesta il raggiungimento di un obiettivo fondamentale, la sicurezza della forza lavoro. A questo, si aggiunge anche l’implementazione di programmi a tutela di collaboratori, familiari dei lavoratori, clienti e in generale tutti coloro che potrebbero essere ‘condizionati’ dall’ambiente di lavoro

Il quadro normativo delinea il perimetro all’interno del quale vengono realizzati prodotti che, da anni, costituiscono un punto di riferimento per l’industria medica di una serie di paesi: Germania, Francia, Regno Unito, Austria, Norvegia, Paesi Bassi. Tempur, in sostanza, soddisfa ampiamente i requisiti posti dai singoli paesi in un settore caratterizzato da standard elevatissimi. Dal 2008, in particolare, l’azienda nel settore dell’industria medica ha venduto 85mila cuscini per sedie a rotelle, 55mila materassi e 180mila cuscini per collo.

I prodotti Tempur sono acquistabili online e, secondo le norme vigenti in Italia per i dispositivi medici, è possibile usufruire di una detrazione fiscale del 19%. Sono detraibili tutti i prodotti Tempur caratterizzati dalla marcatura CE medicale.

Se il prodotto acquistato è incluso nell’elenco dei dispositivi medici fornito dal Ministero della Salute, il cliente dovrà solo conservare, per ciascuna tipologia di prodotto, la documentazione dalla quale risulti che il prodotto acquistato ha la marcatura CE, scaricabile dal sito dell’azienda. Per la detrazione, ovviamente, sono indispensabili lo scontrino o la fattura.

Se il prodotto non è incluso nella lista messa a disposizione dal Ministero della Salute, è necessario presentare una documentazione dalla quale si possa evincere che il prodotto acquistato risponde alla definizione di “dispositivo medico” contenuta negli articoli 1, comma 2, dei tre decreti legislativi di settore (decreti legislativi n. 507/92, n. 46/97, n. 332/00). La documentazione, inoltre, deve attestare che il prodotto acquistato riporti la marcatura CE e che sia quindi conforme a quanto stabilito dalle direttive europee. Qui potete vedere con i vostri occhi tutti i materassi Tempur.

Uno scudo contro la ‘tristezza da autunno’  

Uno scudo contro la 'tristezza da autunno'

Golden Autumn Foliage and the Scenic Sunset. Sunny Fall Foliage

Pubblicato il: 02/10/2018 14:53

Le giornate iniziano ad accorciarsi, i giorni di pioggia si moltiplicano e si finisce più facilmente per cadere preda del ‘winter blues’. Secondo un recente studio, però, alcune persone possiedono una sorta di ‘scudo’ contro questa forma di depressione stagionale: in particolare le donne, che sembrano adattarsi meglio ai fattori di stress ambientale per evitare questa forma di depressione. Lo studio sulla depressione stagionale o ‘Sad’ (Seasonal Affective Disorder), suggerisce che alcuni soggetti possono evitare la depressione mantenendo o addirittura aumentando i livelli di serotonina (il cosiddetto ‘ormone del buonumore’) per tutto l’anno, anche se portatori di un gene che normalmente aprirebbe la strada al winter blues, come si legge su ‘European Neuropsychopharmacology’.

Il disordine affettivo stagionale (Sad) è causato proprio dalla mancanza di luce diurna, che porta ad un aumento della depressione in inverno, specialmente nelle aree più lontane dall’equatore. Precedenti ricerche hanno dimostrato che circa il 90% delle persone che vivono a Copenaghen ne risentono in qualche modo, con disturbi alimentari o del sonno. Con l’arrivo della primavera, questi sintomi clinici generalmente scompaiono. “La luce del giorno è effettivamente un antidepressivo naturale – ricorda la ricercatrice principale dello studio, Brenda McMahon del Rigshospitalet di Copenaghen – Come molti altri farmaci attualmente usati contro la depressione, più giorni di luce impediscono la rimozione di serotonina dal cervello”.

Gli scienziati avevano precedentemente scoperto che il Sad è più comune nelle donne e nelle persone portatrici di un gene particolare (5-HTTLPR). Questa variante incide sulla rimozione del neurotrasmettitore dal cervello: la maggior parte dei farmaci anti-depressivi come il Prozac* agisce proprio rallentando l’eliminazione della serotonina a livello di cellule cerebrali. Il team di Copenhagen ha studiato 23 giovani volontari con predisposizione genetica alla depressione, ma che – a sorpresa – facevano parte del 10% dei danesi che non era stato influenzato dal cambio di stagione. I volontari sono stati sottoposto a scanner cerebrale (Pet) in estate, e poi per due volte in inverno, con l’obiettivo vedere cosa accadeva alla serotonina.

La privazione della luce del giorno è un potente innesco per i sintomi depressivi. Questa è la prima volta che qualcuno usa la Pet per valutare la resistenza alla depressione invernale”, dice McMahon. “Abbiamo riscontrato che il livello del trasportatore di serotonina è diminuito in media del 10% circa dall’estate all’inverno, con un calo notevolmente maggiore nelle donne. Ma abbiamo anche visto che alcune persone, che avrebbero dovuto sperimentare” depressione stagionale “a causa della loro predisposizione genetica, erano comunque in grado di regolare la quantità di serotonina rimossa dal cervello, diventando più resistenti alla depressione”.

Nelle donne resilienti, aggiungono i ricercatori, i livelli di serotonina sono rimasti inalterati nel corso delle stagioni. Si tratta di uno studio su piccoli numeri, avvertono i ricercatori, che mette però in luce vari aspetti che entrano in gioco nella depressione stagionale. Oltre a una sorta di super-potere femminile, da indagare con ulteriori ricerche.

‘Effetto gatto nero’, ecco perché siamo superstiziosi  

'Effetto gatto nero', ecco perché siamo superstiziosi

Gattino nero

Pubblicato il: 04/07/2018 19:53

C’è chi teme di imbattersi in un gatto nero, e finisce regolarmente per cambiare strada, e chi si attrezza con cornetti e portafortuna ogni venerdì 13. Per non parlare dell’effetto di una saliera passata direttamente di mano in mano, o di uno specchio finito in mille pezzi. Le superstizioni sono molte, e non sono una peculiarità di noi italiani: all’estero molti edifici non hanno il 13.mo piano, e secondo una ricerca il 25% degli americani si considera superstizioso. Ebbene, stando ad un’analisi pubblicata su ‘The Conversation’ da Neil Dagnall, lettore in Psicologia cognitiva applicata della Manchester Metropolitan University e Ken Drinkwater, ricercatore in psicologia e parapsicologia dello stesso ateneo, il comportamento superstizioso in realtà ‘regala’ una sensazione di controllo sul fato e riduce l’ansia.

Gli psicologi spiegano che le superstizioni sono derivate dall’assunto che esiste una connessione tra eventi che accadono nello stesso momento, ma non sono collegati. In pratica, semplici coincidenze vengono lette come se dietro ci fosse un ‘disegno superiore’. Per molte persone, spiegano Dagnall e Drinkwater in un articolo ripreso sul ‘Daily Mail’, evitare gatti neri e specchi rotti, o indossare pendagli portafortuna, riduce l’ansia. E questo è il motivo per cui i livelli di superstizione aumentano in periodi di crisi economica, incertezza sociale e in tempo di guerra. Alla fin fine, i pensieri superstiziosi aiutano a favorire un’attitudine mentale positiva, benché possano provocare decisioni irrazionali.

Chi è felice impara più in fretta  

Chi è felice impara più in fretta

(Fotogramma)

Pubblicato il: 26/06/2018 18:02

Chi è felice impara più in fretta. Un team internazionale del Champalimaud Centre for the Unknown (Ccu), in Portogallo, e dell’University College London (Ucl), nel Regno Unito, ha infatti scoperto un effetto precedentemente sconosciuto della serotonina, meglio nota come ‘l’ormone della felicità’, sull’apprendimento. I risultati dello studio sui topi sono pubblicati su ‘Nature Communications’.

La serotonina è una delle principali sostanze chimiche utilizzate dalle cellule nervose per comunicare tra loro, e i suoi effetti sul comportamento non sono ancora chiari. Per molto tempo i neuroscienziati si sono interrogati sull’azione di questo neurotrasmettitore in un cervello normale. Finora però è stato difficile definire la funzione della serotonina, in particolare per quanto riguarda l’apprendimento. Usando un nuovo modello matematico, il team internazionale sembra aver fatto luce su questo mistero.

Lo studio ha scoperto che la serotonina aumenta la velocità di apprendimento“, afferma Zach Mainen, uno dei responsabili della ricerca. “Quando i neuroni della serotonina venivano attivati ​​artificialmente, usando la luce – spiega – rendevano i topi più rapidi nell’adattare il loro comportamento in una situazione che richiedeva flessibilità. Gli animali davano più peso alle nuove informazioni e modificavano la propria mente più rapidamente quando questi neuroni erano attivi”. Studi precedenti avevano collegato la serotonina con l’aumento della plasticità cerebrale, e questo lavoro contribuisce a sostenere una simile interpretazione.

Dolci meno calorici dopo la cottura in forno  

Dolci meno calorici dopo la cottura in forno

Dolci fatti in casa

Pubblicato il: 11/06/2018 18:20

I dolci al forno potrebbero essere meno calorici di quanto ci si aspetterebbe. La cottura ha, infatti, la capacità di ridurre il tenore di zucchero, con una ‘perdita’ che arriva fino al 20%, secondo uno studio dell’università della Colombia britannica che sottolinea, come conseguenza, la scarsa attendibilità di alcune etichette alimentari in cui si indicano le calorie degli ingredienti della ricetta, senza necessariamente tenere conto della cottura.

I risultati della ricerca pubblicata sul Journal of Nutrition & Food Sciences è stata realizzata grazie al supporto del governo canadese che l’ha finanziata con una borsa del Consiglio nazionale di ricerca in scienze naturali e ingegneria.

La sperimentazione è stata condotta misurando le calorie provenienti dallo zucchero presente in due tipi di impasto prima e dopo la cottura. Il primo impasto conteneva zucchero invertito, un mix di fruttosio e glucosio, e il secondo semplice saccarosio. Si è evidenziata, così, una perdita media del 20% di zucchero nei dolci contenenti zucchero invertito, mentre nei dolci con saccarosio la perdita si è limitata al 5-8%.

Secondo gli autori dello studio, “gli zuccheri sono molto reattivi al calore e non necessariamente i prodotti della reazione restano presenti nell’alimento. Così anche le calorie associate allo zucchero non risultano più presenti nel prodotto cotto” .

Non solo tecnostress, occhio a ‘ipnosi digitale’  

Non solo tecnostress, occhio a 'ipnosi digitale'

Donna con uno smartphone

Pubblicato il: 11/06/2018 14:23

Bersagliati a tutte le ore del giorno, e ormai anche della notte, da e-mail, notifiche sui social e messaggini in chat. Ma anche ‘stregati’ dai dispositivi digitali, tanto da non poter fare a meno di controllare notifiche e nuovi messaggi. A insidiare la salute dei cybernauti non è solo il tecnostress da eccesso di informazioni, ma anche l‘ipnosi digitale che approda per la prima volta al Congresso mondiale di ipnosi, in programma a Roma dal 15 al 17 giugno. “Il Tecnostress e la Internet-dipendenza – ricorda all’AdnKronos Salute Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus e autore del libro ‘Ipnosi digitale: guardami e ascoltami, io sono ciò che tu sei dentro’ (Mdo Edizioni) – sono già state riconosciute come malattie professionali e in Italia vi è l’obbligo di fare formazione per prevenire questi rischi nel lavoro digitale”.

“Troppe ore trascorse davanti agli schermi e navigando su Internet possono favorire l’insorgere di disturbi gravi psicologici come gli attacchi di panico, l’ansia, la depressione, l’insonnia, le manie compulsive, ma anche patologie cardiocircolatorie e gastrointestinali. L’elemento comune, però, che può condurre alla patologia, è proprio il fenomeno dell’ipnosi digitale, ossia quel tipo di ‘incantesimo’ che spinge un soggetto a rimanere connesso ai dispositivi digitali per molte ore al giorno, fino al punto da perdere il contatto con la realtà e vivere in uno stato di trance che altera i suoi comportamenti”, dice Di Frenna.

Nel suo libro, l’esperto – protagonista anche di un ‘digiuno digitale’ di 2 anni – analizza le cause che favoriscono l’ipnosi digitale e gli effetti distorsivi sulla salute psicologica. Qualche esempio? Di Frenna cita nel suo libro molti casi concreti di ipnosi digitale. “Qualche tempo fa – racconta – un giornalista televisivo straniero, dopo aver concluso il collegamento in studio, iniziò a usare la sua mano come fosse un cellulare, scorrendo notizie inesistenti, ignaro che le telecamere fossero ancora accese e che la sua allucinazione venisse trasmessa in diretta. Si trovava in uno stato di ipnosi digitale, una trance allucinatoria”.

Un caso più recente è quello di un uomo che afferra il suo cellulare, lo punta verso se stesso e si scatta un selfie mentre alle sue spalle una donna agonizzante è distesa su un binario dopo che un treno l’ha investita. Il filosofo Diego Fusaro, sul suo profilo Facebook, ha definito il gesto ‘la moderna barbarie’, che esalta il proprio ego davanti a uno schermo, insensibile al dolore altrui. Ma secondo Di Frenna è solo un caso di ipnosi digitale, “che altera l’equilibrio psicologico ed esalta il narcisismo egoico patologico”.

“L’ipnosi è un fenomeno di allucinazione della realtà – spiega ancora Di Frenna – La mente focalizza l’attenzione su un solo punto ed esclude tutto il resto, ritenendo possibile anche l’impossibile. Sotto ipnosi una persona non sente il dolore. Oppure esegue compiti senza nessuna obiezione critica. Il corpo può diventare rigido come la roccia. Oppure, come dimostrò il grande ipnotista clinico Milton Erickson, è possibile eliminare una fobia in una sola seduta. Ebbene, la tecnologia degli schermi è ipnotica e induce stati di trance. Trascorrere molte ore nel torrente delle informazioni digitali può provocare alterazione della realtà, comportamenti anomali e compulsivi, e il soggetto si trasforma in un automa che fa cose prive di senso”, avverte l’esperto.

Le cause di questo fenomeno? Sono tante. Si va dalla dipendenza emotiva alla consapevolezza ridotta, dal delirio di onnipotenza al narcisismo egoico, solo per citarne alcune di quelle ricordate da Di Frenna. Di questo rischio sociale si parlerà al Congresso mondiale di ipnosi, durante il quale interverranno esperti come Marco Paret, Igor Vitale, Shin Mads (Danimarca), Daniela Lukic (Serbia), Mkouonga Mathurin Wabo (Usa), Silvia Trucco, Ippolito Lamedica, Domenico Lisi e molti altri.

Tablet e ‘under 12’, i rischi per la salute  

Tablet e 'under 12', i rischi per la salute

Bimbi a scuola

Pubblicato il: 07/06/2018 16:47

Smartphone e tablet, soprattutto per le nuove generazioni, rappresentano un modo ‘easy’ per esprimersi nella società. Ma l’utilizzo precoce, ovvero al di sotto dei 12 anni, aumenta il rischio di sviluppare disturbi come ansia, depressione infantile e maggiore impulsività. Il monito arriva dall’ultimo numero di ‘A Scuola di Salute‘, il magazine digitale realizzato dall‘Istituto Bambino Gesù per la salute del bambino e dell’adolescente, diretto da Alberto Ugazio.

L’Osservatorio nazionale adolescenza ha condotto una ricerca sulla dipendenza creata dal loro utilizzo ed è stato dimostrato come la sovraesposizione sotto i 12 anni possa causare gravi conseguenze per lo sviluppo del bambino, spiegano gli esperti del Bambino Gesù. E’ stato calcolato che il 98% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone già a partire dai 10 anni. Inoltre, 3 adolescenti su 10 hanno utilizzato dispositivi di questo genere ben prima dei 12 anni.

“Maggiore possibilità di sviluppare disturbi psicopatologici come depressione infantile e ansia, aumento dell’impulsività e diminuzione della capacità di autocontrollo, sono solo alcuni dei rischi che si possono correre in caso di utilizzo precoce. Il pericolo scende se i dispositivi si utilizzano sopra i 12 anni, ovvero quando inizia lo sviluppo cerebrale della corteccia pre-frontale che controlla gli impulsi e la consapevolezza delle conseguenze delle azioni proprie e degli altri”. Per gli esperti del Bambino Gesù, quindi, sarebbe meglio utilizzare solo alcune App dedicate all’infanzia e gli e-book, così da educare all’uso con gradualità. Nell’attesa che arrivi l’adolescenza.

Il potere del sonno  

Il potere del sonno

Woman Sleeping 2002

Pubblicato il: 06/06/2018 14:41

Dormire troppo poco, ma anche troppo a lungo, fa male alla salute. E la conferma del potere del ‘sonno ottimale’ arriva questa volta da uno studio giapponese, pubblicato sul ‘Journal of the American Geriatrics Society’. Secondo la ricerca, un riposo troppo breve – o al contrario eccessivamente lungo – è un fattore di rischio per demenza e morte prematura.

L’indagine ha coinvolto 1.517 adulti, seguiti per 10 anni: 294 hanno sviluppato una forma di demenza e 292 sono morti. Dopo aver tenuto conto di fattori come l’età e il genere, il tasso di demenza e mortalità per tutte le cause è risultato maggiore nelle persone che dormivano meno di 5 ore al giorno o più di 10 ore, rispetto a quelle che totalizzavano da 5 a 6,9 ore a notte.

Ma la buona notizia è che l’effetto ‘tossico’ del poco sonno può essere contrastato: le persone che dormivano meno, ma erano anche molto sportive, non mostravano infatti un aumento del rischio di demenza e morte prematura. “Dato l’effetto benefico dell’attività fisica” sui problemi legati al poco sonno, “questi risultati indicano che non solo fare attenzione alla durata del sonno, ma anche modificare lo stile di vita può costituire una strategia efficace per prevenire demenza e morte prematura negli anziani”, concludono gli autori.

Bellezza, i segreti del mini-lifting  

Bellezza, i segreti del mini-lifting

Pubblicato il: 05/06/2018 14:40

Fermare il tempo che passa, e attenuare i segni lasciati dagli anni su viso e collo, grazie a una tecnica chirurgica mininvasiva. Un particolare tipo di lifting facciale permette di sollevare i tessuti con un approccio mininvasivo ma con effetti più duraturi di un intervento tradizionale completo. Il nuovo intervento di lifting composito, ideato da Sam Hamra di Dallas (Usa) e perfezionato da colleghi di tutto il mondo, in Italia è praticato dal chirurgo plastico Daniele Spirito di Roma, docente alla Scuola di specializzazione in Chirurgia Plastica dell’Università di Milano. “I risultati sono entusiasmanti – spiega l’esperto – Da un progetto di chirurgia conservativa, cosiddetto mini-lifting, riusciamo a ottenere con uno scollamento minore esiti da lifting completo: i rischi di complicanze sono ridotti, il recupero è più rapido e la durata nel tempo sensibilmente superiore”.

Un anno dopo il primo intervento eseguito nell’aprile del 2017, a cui ha fatto seguito la presentazione ufficiale nel mese di settembre al Congresso nazionale della Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica), il prossimo 15 giugno a Roma Spirito terrà un corso sulla nuova tecnica chirurgica. L’evento, ‘Lifting composito della faccia secondo Hamra, Mendelson, Funk. Nuovo approccio mininvasivo’, organizzato dalla Sicpre, si svolgerà in due sessioni. La mattina, a partire dalle 9, all’Hotel dei Congressi, il chirurgo terrà una lezione teorica ai colleghi iscritti (30 posti), e nel pomeriggio, nella clinica Karol Wojtyla, in viale Africa all’Eur, i partecipanti assisteranno a un intervento eseguito in diretta dall’esperto.

“L’operazione viene eseguita in anestesia locale con sedazione – spiega il chirurgo – Si effettua una piccola incisione solo davanti all’orecchio e si procede a uno scollamento di 5-6 cm nel sottocute. Da qui si fa ingresso nei piani profondi e si riposizionano i tessuti in verticale. Si aggancia il ‘composto’ di tessuto sottocutaneo, fasce e muscoli, e si tira in maniera compatta verso l’alto. L’eccesso di pelle viene rimosso, infine si sutura. L’intervento dura circa un’ora e il paziente torna a stare bene nel giro di una settimana. Si applica una fasciatura per 24 ore, poi una gommapiuma adesiva per qualche giorno ancora. Una volta tolto tutto – assicura l’esperto – il risultato è già evidente”.

“L’effetto – prosegue Spirito – è quello di un viso più giovane di 10 anni. Il viso tende a scendere, come sappiamo, per la forza di gravità e inoltre perché le ossa diventano più sottili; noi lo riposizioniamo verso l’alto. I risultati sono davvero rivoluzionari. La procedura è meno invasiva rispetto a quella di un lifting classico, la cui incisione arriva fin dietro l’orecchio con uno scollamento della pelle fino a metà mento, ma la durata è la stessa, se non maggiore. Inoltre l’esposizione dei tessuti è minore: quindi meno punti, meno coagulazione, meno rischi di complicanze. Una tecnica talmente vantaggiosa per il paziente – conclude – che potrebbe sostituire in via definitiva il lifting tradizionale completo”.