Lavoro: smart working? Per addetti comunicazione mai più senza ma con regole 

Roma, 5 feb. (Labitalia)

In pochi lo avevano fatto prima. Poi, lo hanno fatto per settimane e mesi e oggi non ne vogliono più fare a meno. Ma vorrebbero più autonomia e regole, diritto alla disconnessione e innovazione tecnologica, e un lavoratore su due auspica per il sindacato un ruolo più rilevante nella organizzazione dello smart working del futuro. E’ la fotografia del ‘lavoratore agile’ nel settore della comunicazione ai tempi del coronavirus scattata dalla Uilcom, sindacato di categoria della Uil.

‘Smart working, quale futuro? La ricerca di Uilcom per il lavoro che verrà’ è il titolo dell’indagine condotta in partnership con Variazioni. Lanciata nel corso dell’autunno 2020, poco prima che si aprisse la seconda fase pandemica, la ricerca è stata condotta da Variazioni, società specializzata in smart working e innovazione organizzativa, attraverso la somministrazione di un sondaggio cui hanno aderito su base volontaria 14.664 lavoratrici e lavoratori del settore della comunicazione, di cui meno della metà iscritto alla Uilcom, per il 56% donna e 44% uomo, in prevalenza di età compresa tra i 35 e 55 anni, distribuiti su tutto il territorio nazionale con una prevalenza di addetti con sede in Campania, Lazio, Lombardia e Piemonte, dipendenti, soprattutto impiegati e quadri, presso aziende (94% private, 6% pubbliche) del settore della comunicazione (telecomunicazioni, Ict, Tv e radio, informazione, pubblicità).

L’analisi evidenzia che gli addetti appartenenti al comparto hanno colto immediatamente i vantaggi e le complessità organizzative dello smart working adattandosi rapidamente, acquisendo nuove competenze e riconoscendo con lucidità gli elementi necessari a trasformare l’esperienza emergenziale del lavoro da casa in un nuovo modello organizzativo smart, processo per cui riconoscono al sindacato un ruolo chiave. Il campione, infatti, ha dichiarato, per il 77%, di non aver mai fatto smart working in precedenza e, per l’88%, che ha lavorato da casa tutti i giorni nel periodo del lockdown, il 61% dei lavoratori ha dichiarato di avere esigenze di conciliazione.

Il 78% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare il mezzo privato per recarsi al lavoro, il 18% quello pubblico, con una media di km percorsi pari a 36 al giorno, equivalenti a oltre un’ora di tempo dedicato al trasferimento quotidiano casa-lavoro. Lo smart working ha quindi permesso di evitare emissioni di CO2 equivalenti a 35 mila alberi al giorno per tutti i partecipanti all’indagine e risparmiare mediamente 18 euro al giorno a ciascun lavoratore.

Alla domanda ‘Continueresti a lavorare in modalità smart anche in futuro?’, la stragrande maggioranza dei lavoratori, pari all’87%, risponde affermativamente. Lo smart working influirà sull’innovazione dei modelli organizzativi aziendali per il 73% degli intervistati. Il 77% dei lavoratori ritiene che la propria attività sia totalmente o in prevalenza ‘smartizzabile’: il 58% lavorerebbe da casa tutti i giorni della settimana, tanto da vivere con preoccupazione il ritorno in ufficio. Il 65% dei lavoratori afferma di aver vissuto con difficoltà il ritorno in ufficio a seguito della prima fase emergenziale, un po’ per timore del contagio (38%) e, per il 51%, per motivi di conciliazione legati alla gestione della famiglia o della mobilità casa-lavoro.

Rispetto al vissuto dell’esperienza emergenziale, la metà dei lavoratori afferma di essersi organizzata bene e aver gestito senza o con pochi problemi la sovrapposizione degli impegni professionali con quelli domestici. Il 20% degli intervistati afferma di aver lavorato di più del dovuto, per il 93% la qualità del lavoro è aumentata o rimasta costante, l’83% giudica che sia aumentata o rimasta costante anche la qualità della vita.

Rispetto al campione generalista dell’osservatorio di Variazioni, il comparto presenta peculiarità: per esempio, rispetto agli altri, i lavoratori della comunicazione evidenziano un migliore rapporto con le tecnologie e facilità nell’adozione di nuove procedure, ma la capacità organizzativa e l’autonomia nell’organizzazione del lavoro sono risultati elementi da rafforzare. Valutazioni che evidenziano il bisogno di più formazione e l’identificazione di regole più chiare. Più che in altri settori, i lavoratori nell’industria della comunicazione, considerano il proprio lavoro ‘smartizzabile’, tanto che, potendo scegliere, estenderebbero lo smart working anche oltre i 3 giorni alla settimana, dato che negli altri settori non supera i due. Insieme ai lavoratori degli altri settori condividono le motivazioni a proseguire con il lavoro agile: evitare spostamenti non necessari e, in seconda battuta, gestire meglio le esigenze di conciliazione.

E dai lavoratori arrivano le indicazioni per pensare il lavoro del futuro e per la costruzione di nuove policy aziendali che, per oltre uno su due, il 61%, non potrà prescindere dal coinvolgere il sindacato. Dalle interviste emergono chiarissime le indicazioni per l’adozione di nuovi modelli organizzativi. I lavoratori si aspettano: lo sviluppo di competenze e tecnologie digitali e comunicative; l’adozione di policy per regolamentare l’eccesso di reperibilità; una migliore organizzazione e programmazione del lavoro per aumentare autonomia nell’organizzazione del lavoro.

“Ringraziamo per l’ampia partecipazione alla ricerca i lavoratori e le lavoratrici del settore. La loro voce si è espressa all’unisono da tutte le regioni d’Italia, permettendoci di conoscere luci e ombre dello smart working e proiettarle nel futuro. Facciamo tesoro dell’esperienza vissuta e raccontata in questa indagine, che include l’analisi del vissuto del lavoro in emergenza e del successivo ‘ritorno’ in ufficio, per pensare allo smart working, elemento centrale nei tavoli di contrattazione, come strumento che innova il ruolo di rappresentanza e i modelli organizzativi aziendali a beneficio di tutto il comparto”, ha commentato Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom.

“Oggi – ha proseguito Ugliarolo – è arrivato il momento di entrare nel merito dello smart working e tracciare le coordinate di base per ripensare il lavoro del domani, affrontando temi non più procrastinabili come la sostenibilità, la flessibilità del lavoro e il diritto alla disconnessione; tutto ciò rappresenta alcune delle sfide del prossimo periodo post-Covid; ci aspetta il compito, insieme alle nostre controparti, di ridisegnare un nuovo modello di lavoro che tenga sicuramente conto di ciò che responsabilmente abbiamo fatto in questi mesi difficili. Come sindacato, pensiamo si dovrà in futuro sviluppare un confronto che possa trovare un equilibrio tra l’organizzazione del lavoro pre-pandemia con ciò che è scaturito durante tutto il 2020 in particolar modo per la tutela della salute di chi lavora”, ha concluso.

“La ricerca sui lavoratori Uilcom arricchisce e conferma i dati che abbiamo raccolto come Variazioni su un campione misto complessivo di 40.000 rispondenti. I lavoratori non solo hanno scoperto che si può lavorare e bene anche in un altro modo, fuori dall’ufficio, ma hanno acquisito una nuova consapevolezza del valore dei propri ruoli nella vita privata e della possibilità di conciliarli con la vita professionale. Spazio e tempo sono diventate variabili da organizzare in modo più sostenibile, efficiente, produttivo”, ha affermato Arianna Visentini, Ceo e fondatrice di Variazioni .

“Lo smart working – ha spiegato – può essere, da un lato, uno strumento di innovazione tecnologica, di aumento della produttività e, dall’altro, di riduzione degli impatti ambientali e dei costi. Le aziende dovranno trovare la quadra insieme ai lavoratori e ai loro rappresentanti, se vorranno coinvolgere le persone evitando di impattare negativamente sulla motivazione dei propri collaboratori. Quale sarà la formula per il lavoro del futuro dunque? Non esistono ricette scritte, ci sono aree di miglioramento, come il diritto alla disconnessione, la formazione, la chiara organizzazione. La condizione imprescindibile è che ciascuno, aziende, lavoratori e comunità in senso lato, ne tragga, tutti e in egual misura, vantaggio”, ha concluso.

Governo: art director Ottonello, ‘la poltrona? Tra passione e ossessione è come un trono’  

Roma, 4 feb. (Labitalia)

“La crisi di governo e l’attaccamento dei politici alla poltrona? E’ una cosa molto curiosa, un titolo potrebbe essere: ‘Poltrona, tra passione e ossessione’. Io mi occupo di semiotica da tanto tempo e il simbolismo è una cosa che uso molto spesso e che mi interessa moltissimo”. Così, con Adnkronos/Labitalia, Giovanni Ottonello, architetto e art director dello Ied – Istituto europeo di design, sul significato della poltrona per i politici e per gli italiani.

Il voler restare attaccati alla poltrona, spiega Ottonello, “fa parte proprio della natura umana”. “La poltrona è un simbolo e uno status symbol allo stesso tempo. Nasce come momento di ozio però in realtà non ha solo una funzione pratica legata alla comodità ma negli anni è servita a identificare le figure importanti della società”, sottolinea. E infatti, spiega l’esperto, “il potere è sempre stato legato anche alle dimensioni della poltrona stessa. E il parallelismo è con il trono. Al Capone, Scarface, parliamo naturalmente di un altro potere, nel film si siede su una sedia che in realtà era un trono”.

E non solo per i politici ma anche per i ‘comuni mortali’ la qualità della poltrona è importante. “Chi compra la poltrona la compra comoda -spiega- perché rappresenta esattamente un momento suo, uno spazio fisico suo. Dal punto di vista politico, invece, è come se avessi ottenuto una riconoscibilità di qualcosa che è tuo ma che è riconosciuto come tale non solo da te ma anche dagli altri”, sottolinea ancora Ottonello.

Un rapporto, quello tra gli italiani e la poltrona, che negli anni è cambiato restando però sempre un simbolo. “Negli anni non è cambiata la poltrona, ma sono cambiate le persone che l’hanno occupata. Un oggetto che tutti noi riconosciamo, il design negli anni l’ha modificata, per certi versi l’ha distrutta, ma è rimasta nell’immaginario come simbolo, è il simbolo da un lato del potere e dall’altro del pensatore. Quando ti vuoi rilassare, e anche pensare e ragionare su delle cose la poltrona diventa un momento tuo”, sottolinea Ottonello.

E sì perché la poltrona è un oggetto strettamente personale, che non si vuole dividere con nessuno. “Se andiamo a vedere -ricorda Ottonello- la definizione della Treccani dice per una sola persona. E quando si dice ambire a una poltrona si parla di un’ascesa sociale della persona stessa. Anche se non ti siedi materialmente su una poltrona, il concetto rimanda a un cambio di condizione sociale”, rimarca Ottonello.

Certo, c’è poltrona e poltrona. “Una poltrona di pelle non ha lo stesso spessore di una poltrona fiori, il materiale la rende più preziosa o meno”, ricorda. E per Ottonello “tutte queste cose hanno fatto sì che la società considerasse negli anni la poltrona come elemento importante dell’arredamento: tu compri un divano e una poltrona, il divano è per gli amici, la poltrona è tua, è sempre del capo famiglia, del papà, del marito”. “E’ il luogo -spiega ancora- in cui si sta tranquilli a casa ritornando dal lavoro. Più consumata è, più l’accetti, perché vuol dire che l’hai utilizzata per pensare. Le poltrone di pelle consumate raccontano una storia, quelle intonse no”, conclude.

Professioni: Cup-Rpt, al via associazione ProfessionItaliane  

Roma, 4 feb. (Labitalia)

È nata oggi a Roma, con la firma dello statuto avvenuta presso la sede del Consiglio nazionale ingegneri, l’associazione ‘ProfessionItaliane’. Una iniziativa del Comitato unitario delle professioni (Cup) e della Rete delle professioni tecniche (Rpt) alla quale partecipano i Consigli nazionali degli ordini e dei collegi e le federazioni delle professioni ad essi aderenti. L’associazione nasce con lo scopo di rappresentare le istanze dei professionisti italiani e conseguire un più efficace coordinamento della presenza e della partecipazione istituzionale degli ordini e dei collegi, considerando l’importante ruolo che svolgono nella vita economica e sociale del Paese. ProfessionItaliane realizzerà iniziative unitarie, di rilievo nazionale ed internazionale, per la tutela e la promozione dei valori di libertà propri e delle prerogative etiche e morali delle professioni. Ma anche per contribuire al progresso ed alla crescita sostenibile del Paese con le proprie conoscenze scientifiche, tecniche, sanitarie, giuridiche ed economiche. Promuoverà, inoltre, la funzione sociale e sussidiaria di un comparto che contribuisce alla produzione del 12% del Pil.

“Alla luce dell’attuale e delicata situazione politica, la firma di questo Statuto è un atto importante e non solo simbolico per rivendicare la funzione economica, sociale e sussidiaria dei professionisti iscritti agli ordini e ai collegi. Mettiamo a disposizione le nostre competenze per la ripresa del Paese duramente colpito dalla crisi sanitaria ed economica”, spiegano Marina Calderone, presidente del Cup, e Armando Zambrano, coordinatore di Rpt. “Dopo quasi un anno di emergenza, in cui sono state disattese le nostre richieste di essere parte attiva nella definizione delle misure per contrastare il Covid e di poter accedere a tutti gli strumenti di tutela del lavoro e della salute, con questa associazione vogliamo rappresentare con forza e in maniera unitaria il contributo che è in grado di dare chi conosce bene il tessuto produttivo, le sue difficoltà e ha gli strumenti per favorire le semplificazioni necessarie. In vista delle prossime consultazioni con le parti sociali, siamo a disposizione del presidente incaricato di formare il nuovo governo, Mario Draghi, cui auguriamo buon lavoro”, concludono Calderone e Zambrano.

ProfessionItaliane realizzerà, inoltre, studi tematici negli ambiti di propria competenza e si farà promotrice di una rinnovata attività informativa sul ruolo delle professioni. Lo statuto è stato firmato da Marina Calderone per il Cup e da Armando Zambrano per la Rpt. Armando Zambrano ha assunto la carica di presidente di ProfessionItaliane e Marina Calderone quella di vice presidente.

Ancorotti (Cosmetica Italia): “L’industria bellezza ha resistito al Covid”  

Roma, 4 feb. (Labitalia)

“Il settore della cosmetica, in Italia, ha registrato un livello di resilienza del settore importante, confermando l’anticiclicità del settore”. Così, in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia, Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia, voce dell’industria cosmetica nazionale e della sua filiera. “Il nostro – fa notare – è un settore che si è adattato alle nuove richieste del coronavirus: basti pensare che l’investimento per quanto riguarda ricerca e sviluppo si è mantenuto sul 6%, che è il doppio dell’investimento delle aziende manifatturiere italiane. E’ un dato che ci conforta moltissimo e che significa che le aziende, nonostante la pandemia, hanno investito moltissimo”.

“I dati preconsuntivi sulla chiusura del 2020 – spiega – delineano una contrazione del fatturato globale del settore cosmetico di circa il 12%. A farla da padrone in questa discesa è il calo delle esportazioni pari al 17%. L’export rimane, però, un punto importante pensando che nel 2019 l’Italia aveva riportato sulla Bilancia dei pagamenti 3 miliardi”.

Questo, sottolinea, “la dice lunga sulla concezione che hanno all’estero del made in Italy, che vede come primo Paese di esportazione la Francia”.

“Certo – ammette Ancorotti – i dati non sono positivi, ma, volendo essere ottimisti, un certo tipo di ripresa si è vista, ora è un po’ calata. Speriamo anche che il made in Italy si riproporrà con forza, questo è un discorso che dipende molto dal governo. Ci vogliono azioni molto forti sul made in Itay perché è il fiore all’occhiello della produzione nazionale con il livello esportativo che ha“.

“Considerando quanto accaduto nel 2020, a cavallo dei due episodi di picco del coronavirus, non possiamo trascurare l’importanza della reattività del settore cosmetico e parallelamente dei consumi nazionali, che hanno ripreso in maniera quasi inaspettata pur confermando saldi finali negativi, ma meno critici di quanto si potesse prevedere”, aggiunge.

I condizionamenti, sia sulla mobilità dei consumatori – precisa – e sia sulla opportunità o meno di apertura dei negozi fisici, incideranno sulla possibilità di un rilancio. La ripresa che auspichiamo, sicuramente lontana dai livelli della fine del 2019, è strettamente legata alla natura anticiclica del comparto”.

“Abbiamo avuto un calo del make up e anche della profumeria alcolica perché ovviamente uscendo più raramente, con lo smartworking, si utilizzano meno questi prodotti”. “Nello stesso tempo – osserva – abbiamo avuto degli aumenti; è il caso dei saponi in ottemperanza alle regole che ci sono state date per il non propagarsi del virus”.

Anche le tinture per capelli e le creme skin care – ricorda – hanno registrato un aumento delle vendite perché a casa le persone hanno avuto più tempo per utilizzare alcuni prodotti cosmetici. Da non sottovalutare – fa notare Ancorotti – il discorso della coccola: dal punto di vista psicofisco, stando in casa, è importante non potendo uscire coccolarsi con i prodotti cosmetici. Lo stesso utilizzo della mascherina ha generato una serie di esigenze legate alla cura della pelle e al trucco”.

“Anche se è un po’ più difficoltoso usare il rossetto sotto la mascherina – sottolinea – si può tranquillamente usare il mascara, truccando così la parte degli occhi che sono comunque esposti. Altro dato – continua il presidente di Cosmetica Italia – è che, per la prima volta, la farmacia supera il fatturato della profumeria, anche perché è un luogo che, anche per motivi igienico-sanitari, è stato molto frequentato in questo periodo“.

La party planner, ‘dopo auguri in video si riparte con i colori delle feste’  

Roma, 4 feb. (Labitalia)

“Non ho mai pensato di arrendermi. Il lavoro è sempre stata la mia priorità: un lavoro per dare il sorriso alle persone anche e soprattutto in epoca Covid”. Non usa mezzi termini Luana Colantoni, party planner che con Alessandro Giuli ha deciso di aprire una nuova attività nel cuore della capitale. “Nonostante il periodo difficile – racconta all’Adnkronos/Labitalia – con il mio storico amico Alessandro abbiamo deciso di aprire un negozio che offre diversi servizi dalle semplici fotocopie a pacchetti feste, comprese bomboniere e animazioni. Certo, è difficile mettersi in proprio, ma vista la situazione non ci abbiamo pensato due volte e Alessandro ha letteralmente messo mano a tutti i suoi risparmi e così ci siamo lanciati in questa nuova avventura”.

“Del resto – ammette Luana – io non mi sono fermata neanche in pieno lockdown: ho lanciato l’iniziativa dei videomessaggi di auguri per i più piccoli che non potevano festeggiare. Vestita con i costumi delle mascotte dei personaggi più famosi con canzoncine e tante tante risate, ho incoraggiato i bambini a festeggiare comunque il proprio compleanno, dicendo loro che questo periodo sarebbe passato”.

“Con il nostro negozio – sottolinea Luana – non vogliamo imitare nessuno, la nostra originalità sta proprio nell’offrire i nostri servizi sempre e comunque con lo stesso sorriso che ci contraddistingue da quasi 30 anni“.

“Certo – precisa – per ora le cerimonie sono tutte bloccate, però anche per organizzare un mini evento ciò che conta è la pianificazione, una consulenza ad hoc realizzata da una squadra di fornitori esperti che lavorano instancabilmente anche a distanza”.

“Tutte le consulenze – assicura – vengono realizzate e personalizzate tramite video-chiamate per garantire la massima sicurezza. Un modo innovativo che segna una prima possibile apertura di un settore fondamentale come quello delle feste”.

“Nel frattempo – afferma Luana – siamo a disposizione offrendo tutto il materiale necessario per le feste, oltre che manifesti, stampe e gadget. Appuntamento per l’inaugurazione sabato 6, a piazza Mastai 18, con il sorriso e la certezza che anche la professionalità del party planner è un vaccino contro la tristezza del Covid“.

Fisco: Cna Turismo e commercio, lotteria scontrini altra spesa aggiuntiva per piccoli 

Roma, 4 feb. (Labitalia)

La lotteria degli scontrini rischia di diventare una spesa aggiuntiva per il piccolo commercio che non può permettersi, soprattutto in questi tempi grami, il lusso di perdere clienti. I registratori di cassa vanno aggiornati e corredati di apposite apparecchiature per acquisire e trasmettere i dati dei clienti. E’ quanto sottolinea Cna Turismo e commercio.

Cna Turismo e Commercio “chiede che, in aggiunta alla deducibilità dal reddito d’impresa del costo sostenuto per l’adeguamento dei registratori di cassa, sia riconosciuto agli esercizi commerciali anche un credito d’imposta pari al 50% del costo, al fine di alleggerire l’onere conseguente alla partecipazione alla lotteria degli scontrini”, conclude l’organizzazione di categoria.

Fisco: Cna Turismo e commercio, lotteria scontrini altra spesa aggiuntiva per piccoli 

Roma, 4 feb. (Labitalia)

La lotteria degli scontrini rischia di diventare una spesa aggiuntiva per il piccolo commercio che non può permettersi, soprattutto in questi tempi grami, il lusso di perdere clienti. I registratori di cassa vanno aggiornati e corredati di apposite apparecchiature per acquisire e trasmettere i dati dei clienti. E’ quanto sottolinea Cna Turismo e commercio.

Cna Turismo e Commercio “chiede che, in aggiunta alla deducibilità dal reddito d’impresa del costo sostenuto per l’adeguamento dei registratori di cassa, sia riconosciuto agli esercizi commerciali anche un credito d’imposta pari al 50% del costo, al fine di alleggerire l’onere conseguente alla partecipazione alla lotteria degli scontrini”, conclude l’organizzazione di categoria.

Governo: Noci (Polimi), ‘Draghi è uomo giusto, personalità più alta del Paese’ 

Roma, 3 feb. (Labitalia)

“Mario Draghi è certamente la persona giusta, per tre ordini di motivi: è un uomo estremamente preparato e determinato, capace non solo di avere una visione lungimirante ma anche di realizzarla e implementala, due caratteristiche che non sempre coesistono; come ha dimostrato gestendo i rapporti all’interno della Bce, ha una grande sensibilità politica, non è solo un tecnico; ha un livello di autorevolezza in chiave internazionale unico in Italia”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Giuliano Noci, economista, docente di Strategia alla School of Management del Politecnico di Milano, sull’incarico a Mario Draghi per la formazione di un governo.

Secondo Noci, Draghi “è di gran lunga la personalità più alta che il nostro Paese possa esprimere e sarebbe in grado di fare uscire l’Italia dalla crisi, naturalmente con il sostegno del Parlamento”, spiega ancora l’economista.

Per Noci “la sensibilità politica di Draghi credo gli impedirà di infilarsi in un gioco di sigle: affronterà il tema degli investimenti per il Paese, nella sanità come in qualunque altro ambito ritenuto prioritario e urgente, in maniera globale, senza lasciarsi coinvolgere in logiche faziose”.

E sulla distinzione tra debito ‘buono’ e debito ‘cattivo’, sottolineata recentemente da Draghi, Noci evidenzia che “il debito buono è costituito da investimenti orientati alla crescita del sistema socio-economico, di cui il Paese ha estremamente bisogno, come dimostrano i recenti dati del Pil; il debito cattivo invece è rappresentato dalla spesa per sussidi, senza modificare lo status quo. Calato nell’azione di governo – fermo restando che la prima cosa da fare è avviare rapidamente un’efficace campagna vaccinale, perchè è evidente la correlazione diretta tra la velocità con cui si somministrano i vaccini e il recupero dell’economia – significa investire prima di tutto nel capitale umano, non solo attraverso la formazione, ma anche attraverso politiche attive per il lavoro, aumentando i livelli di competenza e di occupabilità”, sottolinea ancora.

Secondo Noci, “in secondo luogo, occorre intervenire sul sistema della giustizia, della burocrazia e degli appalti, nodi cruciali che se non vengono risolti impediranno qualsiasi forma di attuazione del Recovery Plan e terranno lontani gli investimenti stranieri. Ultimo ma non ultimo tema da affrontare, quello delle infrastrutture”, conclude.

Openjobmetis, Covid spinge richiesta ancora professioni sanitarie e Ict 

Roma, 3 feb. (Labitalia)

“Sicuramente l’emergenza continuerà a influenzare la domanda di lavoro richiesta di determinate professioni, come quelle sanitarie, o in ambito Ict/consulenziale in quanto la pandemia ha accelerato il bisogno di trasformazione digitale e di smart working, servizi alla persone, come ad esempio assistente familiare/badante”. Emerge da una panoramica sulle professioni più richieste del momento, elaborata per Adnkronos/Labitalia dalla candidate manager di Openjobmetis, primaria agenzia per il lavoro, quotata in Borsa italiana, Elisa Fagotto. Ecco, quindi, le professioni più richieste: infermieri (meglio se con specializzazione) e operatore socio sanitario; ssoftware engineer e Java software engineer, analista software. sistemista/tecnico rete, tecnici tlc; supporto, assistenza clienti e call center; badanti.

I profili più ricercati – spiega Elisa Fagotto – nella produzione industriale, forse meno scontati di quelli sopra citati ma su cui facciamo più fatica perché profili difficili da trovare, sono quelli relativi agli operai altamente specializzati, soprattutto nel settore metalmeccanico, e in generale, operai altamente qualificati a seconda del distretto/settore industriale“.

“Sicuramente – fa notare – il metalmeccanico fa da padrone con diverse competenze: addetto stampaggio/presse/lavorazione lamiera; saldatore/tornitore/manutentore; operatore macchine cnc; tagliatore/cucitore; addetti tintoria/stireria; verniciatore settore mobili; carpentiere e turnisti. E infine la logistica che sicuramente durante tutto 2020 e anche nel 2021 sarà un settore che prevede inserimenti (addetti consegne e magazzinieri)”.

All’Adnkronos/Labitalia Rosario Rasizza, presidente di Assosomm, l’Associazione italiana delle agenzie per il lavoro e amministratore delegato di Openjobmetis dice che “La situazione dell’occupazione è preoccupante e dimostra la totale assenza in Italia di un piano concreto di politiche attive per il lavoro. In questi mesi gli imprenditori hanno dimostrato con enormi sacrifici di avere a cuore la salvaguardia dei posti di lavoro, ma non è più accettabile che tutto gravi solo sulle loro spalle”.

E’ ora – ribadisce – che l’anima produttiva del Paese sia messa in condizione di assumere, ponendo fine allo stato di confusione che ancora contraddistingue le politiche del lavoro, con particolare riferimento a quelle attive e non più solo e soltanto alle logiche assistenzialiste”.

Per Rosario Rasizza, “le trasformazioni del mercato richiedono investimenti in sistemi di flessibilità, formazione e accompagnamento lungo l’intero arco della vita professionale di una persona”. “E’ urgente – auspica – che le risorse disponibili, a partire dal recovery fund, siano tradotte in un piano di riforme per il rilancio dell’occupazione. In questo momento storico – osserva – il lavoro deve essere liquido, non ingessato e passivo come è da fin troppo tempo”.

Ramazza (Assolavoro): “Calo occupati è grave, Recovery Plan occasione irripetibile”  

Roma, 2 feb. (Labitalia)

“La situazione complessiva relativa all’occupazione è molto seria, il calo del numero degli occupati, soprattutto delle donne, è grave e la tendenza prosegue, seppure attenuata, da molti mesi. L’occupazione femminile è molto presente proprio in alcuni dei settori più colpiti, si pensi ai negozi, alla ristorazione”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro che rappresenta l’85% del settore, commenta gli ultimi dati Istat sull’occupazione, che segnalano la perdita di 444 mila posti di lavoro nel 2020, con un calo di 101mila lavoratori solo a dicembre, 96mila dei quali donne.

E dal comparto dalle agenzie per il lavoro non arrivano ancora segnali completamente positivi. “Nell’ambito della somministrazione di lavoro, che solitamente anticipa andamenti più ampi dell’occupazione, registriamo tenuissimi segnali di ripresa, molto fragili per poter considerarli già una inversione di tendenza”, aggiunge Ramazza.

Sui dati sul Pil dell’Istat di oggi Ramazza è cauto. “È presto -sottolinea- per fare considerazioni di lungo raggio, vi sono tuttavia settori che da marzo dello scorso anno hanno visto aumentare in maniera verticale la domanda (tutto il settore della sanità, ovviamente, il digitale, l’agroindustria, la logistica, per esempio) e altri che piano piano provano a ripartire. La situazione complessiva, tuttavia, resta molto critica. E alcune stime, come quelle di Confindustria, prevedono un forte rimbalzo non prima del terzo trimestre di quest’anno”, sottolinea.

Una situazione che per Ramazza richiede maggior impegno dal governo. “Le misure per ‘tamponare’ l’emergenza -sottolinea il presidente di Assolavoro- hanno provato ad evitare che ci fossero effetti più gravi e di ‘ristorare’ seppure in parte e talvolta in ritardo le categorie più colpite. Chiediamo, da tempo, di guardare più lontano e il Recovery Plan rappresenta l’occasione irripetibile per farlo”.

E per il mondo delle agenzie per il lavoro l’emergenza coronavirus ha fatto segnare anche nuove tendenze nelle ricerca dei profili professionali. “Ci sono alcune figure professionali -spiega Ramazza- che sono strettamente legate all’emergenza Covid: si pensi ai rilevatori di temperatura e a chi svolge funzioni di controllo agli ingressi o per evitare assembramenti; altre hanno avuto una vera e propria esplosione di richieste, come i professionisti delle piattaforme per la comunicazione digitale o gli esperti di cyber security”.

Secondo Ramazza, “le agenzie intercettano per prime queste tendenze, individuano, selezionano e laddove occorra formano le figure professionali, spesso assumendole direttamente a tempo indeterminato (oltre 100mila sono i lavoratori in somministrazione con un contratto stabile)”.

“Avere contezza che il know how dei nostri 10mila dipendenti diretti e una ‘infrastruttura’ con 2.500 filiali in tutta Italia rappresentano un patrimonio e una opportunità per favorire l’occupazione di qualità è la premessa per guardare al futuro del lavoro con gli ‘occhiali giusti'”.

Ma per rilanciare appieno l’occupazione secondo Ramazza sono “due sono i fronti sui quali lavorare principalmente: politiche attive inclusive, basate sul coinvolgimento di tutti gli operatori, pubblici e privati, orientate al risultato, ovvero all’occupazione delle persone, imperniate su indicatori di qualità e di efficienza che permettano il confronto tra i vari soggetti ai quali i candidati possono rivolgersi, e capaci di premiare anche il servizi funzionali a favorire l’occupabilità”, sottolinea.

“L’altro fronte -spiega Ramazza- riguarda le tutele dei lavoratori. Per evitare pericolosi scivolamenti verso forme di sottoccupazione o ulteriore disoccupazione, vanno tirata una linea netta tra contratti che, seppure flessibili, garantiscono tutti i diritti, le tutele e la retribuzione del lavoro dipendente e tutti gli altri”.

“La somministrazione a temo determinato e i contratti a termine vanno privilegiati, in primis togliendo inutili vincoli, come le causali e i costi aggiuntivi”, aggiunge Ramazza.

E il presidente di Assolavoro sottolinea che nelle ultime settimane “tra le figure professionali, oltre agli infermieri, per i quali si sta facendo uno sforzo straordinario nonostante le carenze nel settore siano di lungo corso, con il nostro Osservatorio abbiamo evidenziato i trenta profili più richiesti, che vanno dal software engineer all’addetto alle macchine a controllo numerico. Trasversalmente soft skills e attitudine a lavorare in ambienti digitali rappresentano chiavi di successo”, conclude.