Lavoro: Confimi Industria, manifattura in controtendenza, solo 5% pmi ridurrà personale 

Roma, 22 gen. (Labitalia)

Manifatturiero in controtendenza su lavoro e occupazione: solo il 5% degli imprenditori prevede una forte riduzione del personale nel 2021 e solo il 13% attende il superamento del blocco dei licenziamenti per ridurre il proprio organico: riduzione che nel 94% dei casi va da 1 a 5 dipendenti. Ma c’è di più: 1 impresa su 3 ha in previsione nuove assunzioni. È quanto emerge dall’indagine congiunturale che Confimi Industria, Confederazione dell’industria manifatturiera privata italiana, ha condotto intervistando i propri associati sull’andamento del secondo semestre 2020 e chiedendo loro una previsione per i primi sei mesi dell’anno appena iniziato. E le previsioni lasciano ben sperare sul lato occupazione: il 59% del campione dichiara di mantenere stabile il proprio organico e vi è un 32% di imprenditori che prevede nuove assunzioni.

Il centro studi della Confederazione ha rilevato inoltre che se il ricorso agli ammortizzatori sociali ha riguardato una impresa su due nella seconda parte del 2020, il numero scenderà nei prossimi mesi interessando solo il 31% degli intervistati. Sullo smart working il Centro studi segnala che lo strumento è in uso nel 25% delle pmi intervistate e andrà avanti ancora per qualche mese per quelle figure come amministrativi, uffici progettazione, marketing e commerciali il cui lavoro è organizzabile da remoto o le cui attività sono ancora in stand by viste le misure ancora in atto per fronteggiare la diffusione del virus.

Il 60% delle pmi inoltre non prevede grandi scossoni in positivo o in negativo per i primi sei mesi del 2021: ottimista solo 1 imprenditore su 5 che ha in previsione un leggero incremento (fino al 3%) di ordini e produzione. Nessuna buona nuova invece dal mercato estero. Secondo il Centro studi di Confimi Industria, il 26% del campione intervistato prevede una contrazione degli ordini internazionali fino a un -10% rispetto al passato. Un vero danno per le pmi manifatturiere che nel 33% dei casi hanno un mercato europeo.

Tirando le somme del 2020 il Centro studi di Confimi Industria evidenzia un fatturato stabile per il 44% delle pmi manifatturiere. Segnali positivi invece per il 34% degli intervistati che ha registrato un segno + fino anche al 10% rispetto al semestre precedente; performance legate per lo più ai risultati dei settori della meccanica e dell’edilizia. Forte diminuzione dei fatturati invece per il 22% dei rispondenti all’indagine: contrazione che interessa maggiormente il settore dei servizi e il comparto alimentare.

Anche in termini di produzione ci sono importati scostamenti nelle diverse categorie: +27% nel campo della meccanica. Battuta d’arresto per il tessile che perde in media il 10% e ko l’alimentare: ingenti perdite per circa il 39% degli industriali del settore. Tra il I° e il II° semestre del 2020 crollo degli ordinativi per le filiere della sanità e dei servizi, che registrano una riduzione degli ordini oltre il 10% rispettivamente nel 45% e nel 34% dei casi.

Ancora una volta – e con costanza nelle ultime congiunturali di Confimi Industria – gli imprenditori del manifatturiero riscontrano in concorrenza interna e internazionale, incertezza normativa e prezzi di mercato non remunerativi i fattori di maggiore criticità. Per non parlare degli ostacoli ormai strutturali sui quali tornano a chiedere l’attenzione della politica: semplificazione burocratica e amministrativa, riduzione della tassazione sul reddito e riduzione del costo del lavoro. Ma gli industriali non resteranno alla finestra ad aspettare: previsti nuovi investimenti per migliorare i processi di produzione, i processi informatici e la trasformazione digitale, e per la formazione del personale.

**Coronavirus: Uiltucs, senza stop licenziamenti 800mila a rischio nel turismo**  

Roma, 21 gen. (Labitalia)

“Nel turismo contiamo quasi un milione e mezzo di occupati, il 70% in piccole e piccolissime imprese. E questi lavoratori, quindi 700-800mila, senza lo stop ai licenziamenti sono a forte rischio di trovarsi in mezzo a una strada con un settore che è completamente fermo e lo sarà anche per mesi dopo la fine dell’emergenza sanitaria”. E’ l’allarme che, intervistato da Adnkronos/Labitalia, lancia Stefano Franzoni, segretario generale aggiunto della Uiltucs, sindacato di categoria dei lavoratori del turismo sulla situazione ‘esplosiva’ nel settore.

“Fino a questo momento -spiega- grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori la situazione nelle medie e grandi imprese sta tenendo, mentre invece nelle piccole e piccolissime imprese abbiamo sentore, e anche comunicazioni alle nostre strutture territoriali, che qualche lavoratore sia vittima di licenziamenti ‘orali’ su cui noi interveniamo a sostegno del lavoratore. Ma senza il blocco dei licenziamenti il fenomeno esploderà”, aggiunge.

E per Franzoni “altre dodici settimane di cig Covid per il turismo non bastano assolutamente. Servono 12-18 mesi. Naturalmente, monitorando l’andamento del settore. Ma si deve avere il coraggio di riconoscere la specificità della crisi, che non è come quella degli altri settori, e questo è dimostrabile su dati oggettivi. Se l’emergenza sanitaria termina a maggio, non è che gli stranieri tornano subito a viaggiare e ad affollare le città d’arte. Gli italiani? Ma dopo un anno in cassa integrazione a 800 euro chi si potrà permettere di prenotare una vacanza?”.

E per Franzoni gli ammortizzatori “devono andare di pari passo con lo stop dei licenziamenti e anche con un intervento sui canoni di locazione delle piccole imprese che vanno aiutate in questo, altrimenti quando sarà finita l’emergenza avremo i licenziamenti bloccati ma non ci saranno più le aziende”, conclude amaro il sindacalista secondo cui, quindi, “lo Stato deve intervenire ristorando i proprietari dei locali e permettendo così alla piccola azienda, anche bar e ristorante, di restare in vita”.

Per il dirigente sindacale “è il momento di iniziare a distinguere le difficoltà dei diversi settori. Deve essere chiaro che il turismo, sulla base di dati oggettivi e verificabili, non è paragonabile agli altri settori per le difficoltà che sta attraversando e che continuerà ad attraversare anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Questo perché le persone non riprenderanno subito a viaggiare e a muoversi e quindi l’economia turistica non riprenderà subito, ci vorranno mesi rispetto ad altri settori. E per questo serve maggiore sostegno, va riconosciuta la sua specificità”.

E per Franzoni non potranno essere gli italiani a spingere il comparto, “perché avranno le tasche fiaccate da un anno di cassa integrazione a una media 800 euro”. “E le città d’arte, che hanno nel turismo straniero la loro forza, dovranno aspettare ancora tanto per ritrovare la loro capacità turistica”, sottolinea.

E sulla specificità del turismo in questa crisi il sindacato ha trovato l’assenso “del ministro Patuanelli, che in un recente incontro con noi e le parti datoriali dei pubblici esercizi lo ha riconosciuto e ha assicurato il suo impegno nello scostamento di bilancio, vediamo se riuscirà a mantenere la promessa”, continua.

E secondo Franzoni “da quando è scoppiata la pandemia, centinaia di migliaia di stagionali nel turismo non hanno trovato lavoro, né la scorsa estate né tanto meno in questa stagione invernale. E, visto che se non lavorano per lo loro non c’è neanche la Naspi, l’unico ‘ammortizzatore’ per loro è stato il sussidio dato dal governo ‘una tantum’ la scorsa estate e a novembre”.

Lavoratori stagionali che, sottolinea Franzoni, “in tutto questo tempo, non hanno neanche maturato contributi”. “Un intero anno perso, una cosa gravissima per il loro futuro previdenziale”, conclude.

Coronavirus: Debellini (Th Resorts), ‘non apriremo nostri hotel per stagione invernale’ 

Roma, 21 gen. (Labitalia)

“Visti gli ultmi Dpcm, abbiamo deciso che non apriremo assolutamente nessuno dei 9 alberghi per la stagione invernale. Le nostre strutture resteranno chiuse”. E’ l’annuncio che fa, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Graziano Debellini, presidente di Th Resorts, il gruppo alberghiero più importante per le vacanze sulla neve oggi in Italia. E da grandi numeri anche dal punto di vista dell’occupazione visto che “d’inverno -spiega- sono coinvolte oltre 1.500 persone. Nel pieno della stagione estiva 4000. Oggi parte rilevante dell’occupazione con la chiusura delle strutture è in cassai integrazione. E consideri che moltissime persone del sud Italia lavorano con noi nella stagione estiva e poi anche nella stagione invernale arrivando quindi a coprire quasi un’anno intero di lavoro”, sottolinea Debellini.

E Debellini spiega i motivi della scelta della catena alberghiera. “Fino alla metà di febbraio, e stiamo già parlando dei due terzi della stagione, non si possono riaprire gli impianti sciistici e non si può fare quindi un’attività legata allo sci, come è quella che cerca la nostra clientela. Le nostre non sono strutture familiari, che possono avere -sottolinea- una certa flessibilità. Il nostro è un gruppo nazionale, le nostre strutture hanno dalle 100 alle 500 camere e quindi venire a sapere solo a metà febbraio se possiamo aprire o no per noi non va bene“, sottolinea Debellini.

“Noi abbiamo preso atto -spiega Debellini- che la situazione della pandemia è grave, ci sono ancora centinaia di morti, non vogliamo sottovalutare questa cosa, non vogliamo insistere in una direzione che ci sembra assolutamente non responsabile. E quindi accettiamo le indicazioni che arrivano dal governo ma non riteniamo che vi siano più le condizioni per rimettere in piedi la stagione“, insiste Debellini. Anche perché, spiega il numero 1 di Th Resorts, “non c’è nessuna sicurezza della riapertura degli impianti, non c’è nessuna sicurezza sulla mobilità e sulla raggiungibilità delle strutture”. “Nelle nostre strutture in Valle d’Aosta, ad esempio, non vengono i valdostani, vengono i lombardi, i romani, da tutta Italia. E poi per noi d’inverno il 50% del turismo è internazionale, e sappiamo qual’è la situazione nei nostri Paesi confinanti”, aggiunge ancora.

E Debellini spiega che dallo scoppio della pandemia “noi come Th Resorts abbiamo perso quasi 100 milioni di fatturato e abbiamo ricevuto un unico contributo dallo Stato di 750mila euro. Mi dovete dire se una catena grande come la nostra, anche se con soci importanti, può sopravvivere a un percorso di crisi di questo tipo che per di più non è ancora finito”.

“Se vengono erogate risorse -spiega Debellini- ma il limite massimo per via della normativa europea sugli aiuti di Stato è 800mila euro è chiaro che va bene per un albergo familiare, ma non per una catena come la nostra che fa oltre 100milioni di euro l’anno di fatturato”, aggiunge Debellini.

Numeri che fanno dire al presidente di Th Resorts che “fino ad oggi è stata fatta l’elemosina al turismo, e questo non è più accettabile. Da settimane emerge come il settore più colpito dalla pandemia è la filiera del turismo e della ristorazione, con una perdita del fatturato per gli alberghi che supera l’80%. Noi siamo sempre obbedienti alle misure del governo ma crediamo che sia necessario che, vista la disponibilità anche dall’Europa, che questo settore venga compensato in maniera chiara. C’è bisogno di guardare a questo settore per il vero peso che ha e finora questo peso non è stato riconosciuto”, aggiunge Debellini secondo cui “ci vogliono interventi proporzionati alla perdita del fatturato: su 33 mila alberghi in Italia, ne abbiamo 28mila piccoli che vanno tutelati ma la stessa cosa va fatta con le catene alberghiere”.

Per Debellini, serve un vero e proprio piano per supportare il turismo. “Certamente, la cassa integrazione -spiega- è stata una risposta, va riconosciuto. Però stiamo parlando di un settore che ha accettato tutte le indicazioni del governo ma che ha anche il 17% dell’occupazione e il 14%del Pil e quindi bisogna aiutarlo adeguatamente”.

A partire, sottolinea, “da tutta la tematica degli affitti che riguarda noi ma anche tutto il comparto retail in Italia e che va regolamentata, altrimenti i contratti verranno disdetti, tantissime persone resteranno a casa tanti piccole e medie strutture falliranno”. “La cosa più semplice è che ci sia un contributo per la perdita di fatturato e si intervenga sugli aiuti di Stato, eliminando il tetto degli 800mila euro che taglia fuori le aziende medio-grandi. E poi serve credito a lungo termine e strumenti di finanza alternativa. Poi la riduzione del carico fiscale e sul carico dell’Iva, e anche intervenire sul tema dei contributi per le ristrutturazioni da cui siamo tagliati fuori”, conclude.

Spazzacamini al lavoro con protocollo sicurezza 

Roma, 21 gen. (Labitalia)

“Il Covid non ha bloccato le attività degli spazzacamini, che hanno continuato a svolgere il proprio lavoro in totale sicurezza, tutelando anche i clienti”. Lo dice all’Adnkronos/Labitalia Sandro Bani, presidente Anfus, Associazione nazionale fumisti e spazzacamini. “Per salvaguardare il nostro lavoro – sottolinea – abbiamo stilato un protocollo molto dettagliato di lavoro con delle regole da osservare: dall’esposizione con il cliente ai modelli di guanti e soprattutto tute e mascherine da indossare, come procedere alla disinfezione e a tutte le buone pratiche da attuare affinché fumisti e spazzacamini possano lavorare in totale sicurezza”.

“Così – racconta – siamo riusciti a lavorare anche nel primo lockdown, prestando la massima attenzione alla situazione e ponendo come prima condizione quella di ‘entrare’ in una casa solo in assenza di contagi Covid. E con l’arrivo del periodo in cui si rende necessaria l’attività di manutenzione stagionale abbiamo registrato un incremento notevole del lavoro”.

“Certo, una volta effettuato il lavoro con accuratezza, viene buttato via tutto il materiale utilizzato – ammette – in modo da uscire lasciando più pulito di come si è trovato“.

“La nostra missione – sottolinea il presidente Sandro Bani – è quella di portare con le buone pratiche l’utilizzo corretto della biomassa; i nostri tecnici non sono gli spazzacamini alla Mary Poppins, ma sono qualificati che fanno il loro lavoro con professionalità. La nostra scuola ha proprio l’obiettivo di alzare sempre di più questo livello“.

“La nostra scuola – ricorda – organizza un corso impostato sulla termoidraulica, ‘Operatore termoidraulico con le specializzazioni in biomassa‘. Questo percorso formativo, che dura tre anni, offre tutte le competenze necessarie per diventare un professionista. Il mondo chiede fortemente la diminuzione delle emissioni, perciò questo obiettivo è importante non solo per il risparmio economico ma per dare un futuro al nostro pianeta. L’educazione energetica è la frontiera culturale da esplorare e noi possiamo dare il nostro contributo“.

“Il primo tema – afferma – per ridurre le emissioni è quello di diminuire il fabbisogno energetico pertanto l’involucro è il punto di partenza. Segue l’impianto, la gestione e la manutenzione. Il tutto si riassume nel concetto delle ‘buone pratiche’ cioè dell’educazione energetica”.

Gft Italia, sostegno a dipendenti e nuove assunzioni 

Roma, 20 gen. (Labitalia)

“Non è stato semplice abituarsi alla condizione di precarietà che l’emergenza Covid ci ha imposto da quando a fine febbraio del 2020 siamo stati investiti dalla pandemia. Dopo tutti questi mesi, oggi siamo in attesa di capire i risvolti che la disponibilità e la somministrazione dei vaccini avranno sul futuro, la società, le nostre vite e ci chiediamo quando potremo tornare a una situazione che si possa definire di reale normalità”. A dirlo Fabio Bertolini, head of hr Italy and global talent management lead di Gft Italia. Durante questo periodo, ricorda, “sconvolto dalla pandemia, è stata indicata come ‘new normal’ la nostra capacità di adattarci a nuove forme di socializzazione, di fare acquisti, di fruizione dei servizi, di condivisione di emozioni ed esperienze, ma anche a nuove modalità di lavorare e fare business. E dobbiamo ammettere che, a fronte dei riscontri emersi durante questa emergenza sanitaria, la reazione generale è stata più che positiva”.

“Guardando dal mio punto di vista – spiega – legato al ruolo che ricopro in Gft Italia, lavorando in un’azienda che si occupa di guidare la trasformazione digitale delle aziende leader mondiali nel settore finanziario, assicurativo, nell’industria manifatturiera e nel mondo del retail, non posso che essere orgoglioso dei risultati che abbiamo raggiunto in un anno così complicato come quello passato, sia in ambito finanziario ma anche e soprattutto rispetto alla gestione e al benessere delle nostre persone che mi ha visto coinvolto in prima persona. ‘We care about people‘ non è più soltanto uno slogan che descrive una delle anime di Gft, è ciò che realmente abbiamo dovuto e voluto fare per le nostre persone, non per i nostri dipendenti”.”Se Gft Italia – racconta – nei primi nove mesi del 2020, i più incerti e difficili degli ultimi anni, ha potuto registrare un trend positivo del volume d’affari, questo è stato possibile grazie ai nostri dipendenti, che hanno dimostrato grande committment e un forte senso d’appartenenza all’azienda che, di contro, li ha supportati per farli sentire al sicuro. Come azienda di servizi it e ingegneria del software, offriamo infatti consulenza e capacità di sviluppo in tutti gli aspetti delle tecnologie all’avanguardia, come l’intelligenza artificiale, il cloud, i big data, l’iot, ma le tecnologie sono fini a sé stesse se non vengono indirizzate e governate correttamente dalle persone verso gli obiettivi per cui sono state scelte“.

“Appena cominciata l’emergenza Covid-19 – ricorda Fabio Bertolini – dopo un primo legittimo momento di smarrimento che ha coinvolto tutta l’organizzazione, ci siamo subito mossi per permettere ai nostri dipendenti di continuare a lavorare da remoto, e insieme ai colleghi della divisione hr e al team it in poche ore abbiamo abilitato tutti i nostri 650 collaboratori in modalità ‘working from home’. Contestualmente, abbiamo cercato di sostenere i nostri manager attraverso una formazione mirata che gli permettesse di gestire al meglio i team da remoto, incentivando il lavoro per obiettivi. Il passaggio tempestivo – precisa – al regime di ‘working from home’ è stato cruciale: aver preso questa decisione in piena emergenza avendo la consapevolezza di essere supportati dalla tecnologia e sapendo che ci sarebbero stati processi da rivedere secondo una nuova prospettiva ci ha consentito di garantire continuità nelle attività”.

“Successivamente – dice – abbiamo lavorato per cambiare il modello operativo e arrivare a promuovere forme di sostegno anche di carattere economico, di concerto con le associazioni di categoria: il vigente contratto integrativo aziendale è stato aggiornato alle nuove regole sia per aiutare le persone a superare le difficoltà imposte dalla situazione, sia per regolamentare la disciplina del lavoro da remoto per il 100% dei collaboratori. Abbiamo agito quindi su più fronti, dal welfare al recruiting, dalla formazione alle forme di tutela per i più deboli. Un piano welfare straordinario, in tutti i sensi, per un aiuto concreto ai nostri dipendenti“.

“Gft Italia – sottolinea Fabio Bertolini – riserva molta attenzione alle proprie persone ponendole al centro delle proprie strategie di crescita e sviluppo: è in questo contesto che si inserisce l’attivazione del piano welfare straordinario che abbiamo annunciato a fine novembre. Il piano welfare viene erogato in aggiunta ai benefici già garantiti ai lavoratori, e va ad inserirsi come supporto per un anno davvero complicato, dove si sono persi usi e abitudini quotidiane, frequentazioni, e tutti abbiamo dovuto fronteggiare situazioni fuori dall’ordinario. Una di queste, forse la più onerosa per la maggior parte dei nostri dipendenti, è stata quella relativa alla gestione del work-life balance con le scuole chiuse e i figli a casa da gestire insieme alle normali attività lavorative”.

“Per questo – continua – il piano prevede un contributo a ciascun dipendente di importo crescente in presenza di figli presenti nel nucleo familiare, partendo da un valore minimo di 250 euro fino ad un massimo di 1.100 euro per le famiglie con 4 figli o più. Il valore potrà essere utilizzato tra i molteplici servizi previsti nella piattaforma dedicata, dal recupero delle spese scolastiche, al rimborso delle spese mediche, alla prenotazione di voucher o buoni acquisto con diverse opzioni di scelta, o magari alla prenotazione di un viaggio per quando la situazione lo permetterà”.

“Come Gft Italia non solo abbiamo introdotto politiche di smart working per i nostri dipendenti sin dall’inizio dell’emergenza coronavirus, ma abbiamo continuato ad assumere nuove persone. Lo abbiamo fatto con modalità nuove, che prevedono che l’intero processo di people acquisition sia svolto da remoto, dalla fase di selezione fino alla firma del contratto: tutti gli steps sono stati rivisti e adattati alla luce delle nuove esigenze emerse dagli hiring manager. Per limitare al massimo gli spostamenti e i contatti fra le persone, tutti i colloqui avvengono sulle piattaforme come Skype, MS Teams o Google Meet, sia il primo incontro conoscitivo in cui vengono valutate le soft skill e le competenze professionali del candidato, sia in quello tecnico, fino all’assunzione”, osserva.

“Per far fronte poi – continua – alla difficoltà di assumere neolaureati senza esperienze lavorative, abbiamo ridisegnato l’induction e l’onboarding da remoto. Il primo giorno di lavoro facciamo vivere loro un’esperienza dal taglio ludico per far conoscere lo spirito dell’azienda con video virtuali che abbiamo creato ad hoc, in cui tutti i responsabili delle divisioni si presentano al neoassunto, e una parte importante è dedicata ai nostri valori, le ‘5C’: caring, committed, collaborative, corageous, creative. Abbiamo introdotto una nuova figura aziendale, il buddy: un tutor interno che ogni new entry avrà a disposizione per integrarsi meglio in azienda durante il periodo di onboarding di 12 settimane”. In questo contesto, dice, “abbiamo arricchito la nostra offerta formativa con percorsi dedicati a tutti i dipendenti in modalità remoto. In particolare, abbiamo puntato sul coaching permettendo alle persone di massimizzare l’apprendimento formativo attraverso percorsi individuali e di team”.

“Gft Italia – precisa Fabio Bertolini – sostiene fermamente la campagna contro la violenza sulle donne e contro la violenza sull’orientamento sessuale di genere. Il rispetto reciproco della dignità degli altri, a tutti i livelli, all’interno dei luoghi di lavoro è a nostro avviso una delle caratteristiche fondamentali per un’organizzazione moderna. Per questo abbiamo introdotto una politica dedicata alla tutela di genere, per garantire la serenità e la protezione a tutti coloro che ne dovessero avere bisogno”. “Condividiamo, inoltre, la concezione – puntualizza – che la nostra realtà aziendale sia anche una comunità solidale di persone, la cui coesione si alimenta anche attraverso il sostegno dei dipendenti mediante cessione di tempo ai colleghi in difficoltà. Valorizziamo quindi le espressioni di solidarietà come l’adozione di una Banca ore solidali, già in vigore dal 2019, dove sia l’azienda sia i dipendenti mettono a disposizione ‘il tempo’, donando giornate o ore di permesso residue, ai propri colleghi che si trovano in grave difficoltà”. In questo periodo, prosegue, “è stato ancor più importante promuovere un messaggio forte di continuità, anche nelle piccole cose e nelle iniziative che avevamo già pianificato, sempre nello spirito di offrire un supporto concreto alle persone. Tra queste abbiamo lanciato: lo sportello counseling, attivabile gratuitamente dal dipendente grazie a una convenzione con il centro Berne di Milano, che prevede percorsi individuali di sostegno al benessere della persona con l’aiuto di counselor professionisti”.

“Il percorso wellbeing con incontri di mindfulness aperti anche ai familiari dei dipendenti, per superare lo stress lavorativo ed emozionale con l’insegnamento di tecniche per aumentare la consapevolezza di sé e allenare la concentrazione. Appuntamenti con una psicoterapeuta per confrontarci sull’impatto psicologico che la situazione pandemica ha portato e per apprendere tecniche per gestire lo stress. Incontri con una Nutrizionista per imparare a mangiare sano e avere un’alimentazione corretta quando si lavora, specialmente in questa fase in cui la mobilità è ridotta”, spiega.

“In un momento così delicato delle nostre vite – ammette – dove spesso siamo sollecitati da notizie spiacevoli e da argomenti che inevitabilmente tornano su quello che sta accadendo intorno a noi, abbiamo voluto alleggerire un po’ le preoccupazioni dei nostri dipendenti organizzando due concorsi, uno fotografico e uno di scrittura, per attivare la creatività delle persone e stimolare il pensiero positivo. L’adesione è stata importante, confermando la necessità di evasione. Il mese di ottobre lo abbiamo dedicato alle donne della nostra azienda, istituendo il Mese Rosa, in collaborazione con la Lilt, una campagna di sensibilizzazione per la prevenzione dei tumori al seno e diagnosi precoce oncologica con un incontro finale che si è tenuto insieme a Silvia Villa, presidente della Lilt di Lecco, la quale ha spiegato l’importanza della prevenzione e come riconoscere i sintomi, i possibili segnali che il nostro corpo ci lancia e quali azioni adottare per prevenire il possibile insorgere di questa malattia”.

“In chiusura d’anno, non è poi mancata la consueta Festa di Natale per condividere gli auguri e gli auspici per un sereno 2021: è stato un grande party online per tutti i 650 dipendenti di Gft Italia ai quali, per l’occasione, abbiamo fatto pervenire un regalo e un kit speciale per partecipare ai nostri festeggiamenti e che ci ha fatto sentire uniti seppur nella distanza”, aggiunge. “Ma se anche, e per fortuna, il 2020 è passato e le prospettive di poter uscire da questa crisi sanitaria si stanno facendo sempre più chiare e concrete, abbiamo deciso di mantenere e anzi consolidare tutte le iniziative che abbiamo realizzato e dedicato per i nostri dipendenti per continuare con slancio questo percorso che ci porterà insieme fuori dalla situazione di emergenza. Ancora di più nel 2021 le persone che lavorano in Gft Italia saranno al centro della nostra organizzazione, del nostro business, della nostra crescita e successo”, conclude.

Recovery: Tria, ‘finora solo elenco bisogni, mancano progetti e strumenti’ 

Roma, 20 gen. (Labitalia)

“Ci devono essere, per essere finanziati, i progetti, che devono far parte di programmi. Il tutto costituire un piano. Questo piano dovrebbe dare un quadro di riferimento immediato a tutto il settore privato. Perchè senza gli investimenti privati il Recovery plan non sarà in grado di avere un effetto significativo sulla crescita dell’economia. E’ questo che manca, c’è ancora solo un elenco di bisogni, non un elenco di progetti. Si dice: ‘c’è questo problema, investiremo su questo’. Benissimo: ma quali sono progetti, qual’è il cronoprogramma, quali sono gli strumenti per attuare i progetti”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, l’economista Giovanni Tria, già ministro dell’Economia nel Conte 1, su quanto finora reso noto dal governo in merito al Recovery Plan.

E sul governo uscito ieri dalla fiducia di Palazzo Madama Tria sottolinea che “sta in piedi perchè Italia Viva glielo ha consentito, con la sua astensione. Altrimenti non avrebbe avuto la fiducia. Poi bisognerà vedere cosa accadrà più avanti. Questo sul piano parlamentare”.

“Per il resto -spiega Tria- credo che Italia Viva, con il discorso del senatore Renzi al momento dell’annuncio delle dimissioni delle ministre di Iv, avesse posto dei quesiti a cui non è stato dato risposta. Pose dei problemi di difesa delle istituzioni democratiche, dei problemi di metodo e dei problemi di merito riguardo il Recovery plan e alla conduzione dell’economia nel suo complesso. E io credo che avesse ragione. A tutto questo non è stato dato risposta”, aggiunge Tria.

E per l’economista “mi pare che ieri non sia risolto assolutamente nulla. Al di là della maggioranza o meno, non è stata data risposta alle questioni che sono state poste sul tappeto che io in gran parte condivido, come d’altronde sono stati condivisi da gran parte dei partiti”, conclude.

E Tria rimarca ancora che solo dopo le proteste del leader di Iv Matteo Renzi sul Recovery “in fretta e furia il Mef l’ha riscritto ma noi siamo a conoscenza di una descrizione ma non si conoscono i progetti ne tantomeno gli strumenti che verranno adottati per portare avanti i progetti”, sottolinea.

Di certo per il predecessore di Gualtieri alla guida del dicastero di via XX Settembre il “Recovery plan va costruito, in 7 mesi non è stato fatto, è stato cambiato e migliorato in una settimana sotto la pressione e la minaccia della crisi di governo. Ma è il metodo ‘bunker’ che non funziona, un bunker in cui Palazzo Chigi si è asserragliato, in cui non si ascolta nessuno. Quello che è uscito fuori era non leggibile dal punto di vista mio ma anche per tanti altri osservatori economisti”, continua.

Per Tria, un metodo quello seguito dal governo, che non va bene. “Finora il Recovery Fund -sottolinea- è stato elaborato in segreto nel chiuso del bunker e non in condivisione, come è stato chiesto e come io ho sostenuto, con l’opposizione dato che si tratta di un piano che dovrà essere portato avanti dai governi successivi, nella prossima legislatura”, spiega ancora.

E nè tantomeno, sottolinea l’ex-ministro, un ‘soccorso’ nella redazione del Piano potrà arrivare dai nuovi esponenti a sostegno del governo. “Non è che i senatori che si sono aggiunti ieri a sostenere il governo sono coloro che porteranno un aiuto nell’elaborazione del Recovery Plan. Ognuno può fare le scelte che meglio crede, ma di certo coloro che hanno deciso ieri di uscire da Forza Italia porteranno dei voti al governo per l’approvazione del Recovery, ma non di certo un contributo di idee o creativo nell’elaborarlo”, sottolinea.

Per Tria il ‘peccato originale’ dell’attuale governo sta nel fatto che “il Conte II si porta appresso la parte peggiore del Conte I e cioè l’incapacità di effettuare investimenti pubblici e programmarli, l’incapacità quindi di agire sulla spesa in conto capitale in base a progetti. Sono questioni che sono in ballo dai governi precedenti ma nessun passo in avanti c’è stato con il governo Conte II”, spiega.

“Gli investimenti pubblici in Italia -rimarca ancora Tria- non si stanno facendo. Una parte del Recovery verrà utilizzato per finanziare progetti già programmati. Ma perchè finora non sono stati portati avanti? Questa è la questione”.

E ancora, per Tria, sul “piano sanitario che non è ancora partito, se mancavano i fondi bisognava chiedere il Mes: se come si dice i fondi non mancavano, allora perchè non è partito“. “Queste sono le vere paralisi del governo. I senatori che andranno a sostenere la maggioranza consentiranno al governo, se vuole, di agire. ma il problema è che ci deve essere anche la capacità di agire non solo la possibilità”, conclude l’ex-ministro.

(di Fabio Paluccio)

Governo: Mattioli (Confindustria Servizi Hcfs), ‘serve stabilità, dare risposte a imprese’ 

Roma, 18 gen. (Labitalia)

“Non entro nel merito della vicenda politica. La mia preoccupazione, come presidente di Anip Confindustria e Confindustria Servizi Hcfs, è che in questo momento c’è bisogno di stabilità, c’è bisogno di dare alle aziende delle certezze. Stiamo attraversando un momento molto difficile e complicato e noi siamo un settore labor intensive, ad alta intensità di manodopera, e che è molto esposto nella quotidianità del Paese. E che quindi non può stare appresso ai riti e alle questioni legate alla politica che francamente mi appassionano e ci appassionano poco. A noi interessa avere delle risposte, risposte urgenti, non più derogabili”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Lorenzo Mattioli, presidente di Anip Confindustria e di Confindustria Servizi Hcfs, la confederazione che rappresenta il mondo delle imprese di servizi di hygiene, cleaning, facility services e labour safety solution.

Dalle pulizie alle sanificazioni, dalle lavanderie industriali alla ristorazione collettiva, Confindustria Servizi Hcfs rappresenta imprese di settori che contano circa 2 mln e mezzo di lavoratori. “Questa crisi di governo -ribadisce Mattioli- non aiuta: crea ulteriore incertezza. Questo è un momento davvero complicato e difficile che non si può gestire in un clima politico precario. Noi non facciamo politica e non parteggiamo per nessuno ma abbiamo bisogno di avere delle risposte. E subito, non possiamo più aspettare”, aggiunge.

Tanti i dossier caldi in questo momento, sottolinea Mattioli, a partire dai vaccini. “Sono iniziate le vaccinazioni nel nostro Paese. Anche i lavoratori che operano nel nostro comparto -sottolinea Mattioli- dovrebbero avere una precedenza nella campagna di vaccinazione. Questo perchè i nostri lavoratori sono in prima linea da inizio pandemia e tutto il mondo ha dato rilievo agli eroi invisibili che in Italia, a un certo punto, sembrano tornati nell’ombra. Per una questione di sicurezza dei nostri lavoratori, chiediamo la vaccinazione per i lavoratori maggiormente a rischio: addetti alle pulizie negli ospedali, nelle Rsa, nelle case di cura. Un gesto di riconoscimento e di tutela concreta che non può essere rinviato”, continua.

Richieste che fino a questo momento sono rimaste vane. “Abbiamo chiesto -sottolinea ancora Mattioli- a gran voce al capo del governo, al ministro della Salute e al commissario Arcuri di mettere una corsia preferenziale per gli addetti alle pulizie e per tutti coloro che operano nel settore dei servizi, soprattutto coloro che operano nei settori ad alta intensità di rischio Covid, che hanno quindi necessità di essere vaccinati. Purtroppo, risposte e certezze poche”.

Vaccini che sarebbero più sicurezze a dei lavoratori fin dallo scoppio della pandemia in prima linea. “Le denunce di infortunio Covid nelle pulizie rappresentato poco più del 2%, da dato ufficiale Inail. Il nostro obbiettivo è arrivare a zero”, spiega Mattioli. E per raggiungere questo obiettivo Mattioli chiede il vaccino per il lavoratori che operano nelle pulizie e nelle mense negli ambiti a rischio. “Ci piacerebbe che quanti lavorano per assicurare i servizi nei reparti Covid e nelle residenze Covid (chi fa le pulizie o lavora nelle mense) ricevessero il vaccino per continuare a lavorare sicuri”, conclude.

E nella lotta al Covid-19, secondo Mattioli, oltre ai vaccini c’è un altro punto fondamentale. “Noi lo stiamo chiedendo a gran voce e lo chiediamo al premier Conte: le sanificazioni vengano rese obbligatorie. Solo così potremo finalmente debellare il Covid”, spiega il leader di Confindustria Servizi Hcfs. Un tema, quello delle sanificazioni, ancora più centrale nelle scuole. “Sul tema della scuola la crisi politica -spiega Mattioli- non fa che creare ulteriore incertezza. Dal 9 marzo del 2020 sto chiedendo un appuntamento al ministro Azzolina, che non mi ha mai dato, e poi sto chiedendo che le scuole vengano tenute aperte e sanificate, con la sanificazione che divenga obbligatoria”.

“Siamo stati purtroppo inascoltati sul tema dei servizi scolastici, internalizzati con grave danno per le casse pubbliche e per la qualità dei servizi stessi, passati sotto la responsabilità dei dirigenti scolastici che, è palese, avrebbero ben altro a cui pensare”, continua ancora.

E Mattioli ricorda che il 2020 per le imprese dei servizi è stato un anno tutt’altro che semplice. “Il 2020 -sottolinea- è stato un anno difficile e complesso. Il nostro osservatorio è quello delle imprese di grandi dimensioni che hanno visto in alcuni casi crollare alcuni asset come le pulizie negli uffici sia pubblici sia privati, ma hanno incrementato quello strategico della sanificazione”.

“Come federazione dei Servizi -aggiunge- abbiamo il polso di diversi settori merceologici, quasi tutti colpiti dalla crisi: ristorazione collettiva con un fatturato crollato del 30% e il rischio di migliaia di licenziamenti, pulizia scolastica azzerata per via dell’internalizzazione di migliaia di lavoratori diventati dipendenti pubblici, lavanderie industriali a -60% per effetto del crollo dell’indotto turistico e della ristorazione”.”Per le imprese multiservizi, che in generale hanno anche maggiori dimensioni, gli effetti della pandemia sono attenuati, con fatturati in calo me sempre a due cifre, almeno del 10%”, aggiunge Mattioli.

Ma nel settore dei servizi la ‘protagonista’ suo malgrado del 2020 è stata la sanificazione. “La sanificazione professionale è, per noi, la madre -spiega Mattioli- di tutte la battaglie. Le imprese del settore associate in Confindustria hanno in tal senso conosciuto un vero e proprio boom per via di una domanda che non è mai stata così forte. Una cartina al tornasole ci è data dall’enorme incremento degli acquisti di prodotti da parte dei soggetti pubblici nel 2020: gli acquisti ‘Covid’ dei soli prodotti per igienizzazione e sanificazione sono cresciuto del 61%, con picco a inizio pandemia (nel mese di marzo), e post lockdown da luglio-ottobre (dati ufficiali Consip)”.

“Questo dato (seppur limitato alle sole forniture pubbliche per poco più di 30 milioni di euro) descrive già bene un mercato dei servizi più che raddoppiato, e che ha consentito alle imprese multiservizi di controbilanciare le perdite determinatesi negli altri rami d’azienda”, spiega ancora Mattioli.

Allo stesso tempo, per Mattioli, “l’incremento della sanificazione ha determinato anche situazioni di mercato opache, con operatori improvvisati e senza requisiti che hanno approfittato dell’emergenza per entrare nel comparto in maniera poco etica: parliamo di un mercato di due miliardi di metri quadri di superfici non residenziali da sanificare, per oltre due miliardi di euro di valore. Una parte di questi servizi è finita certamente nelle mani sbagliate determinando concorrenza sleale a danno degli operatori professionali”, sottolinea amaro. Come Confindustria Servizi Hcfs -spiega ancora Mattioli- ci siamo fatti portavoce della sanificazione, stilando un manuale, spiegandone l’importanza. Per noi sanificare vuol dire vaccinare, proteggere un luogo – e le persone – dal contagio”.

E i servizi, finora trascurati, secondo Mattioli, meritano più attenzione. “Si poteva, e si può ancora, istituire -spiega- un tavolo permanente per i servizi che orienti le istituzioni nel comprendere meglio il settore e valorizzarlo, accompagnando l’aspetto ‘consultivo’ con un’azione legislativa che porti l’Italia ad avere una legge quadro sui servizi che tuteli un universo di oltre 16 milioni di persone, il 70% degli occupati nel paese. Il nostro appello è anche quello a rivedere al più presto il Codice appalti, lasciandoci alle spalle, una volta per tutte, la stagione degli affidamenti al massimo ribasso”, aggiunge.

“In questi mesi -spiega Mattioli- abbiamo chiesto costante interlocuzione, offerto collaborazione e idee. Possiamo dire, senza tema di smentita, di essere i veri responsabili nel Paese. E questo senza alcuna accezione politica. Il comparto dell’igiene, pulizia e sanificazione non si è mai fermato: abbiamo favorito e sostenuto il bonus sanificazione per le imprese, ma non si vede nulla che possa garantire la sanificazione obbligatoria che, in luoghi come le scuole, sarebbe un importante argine contro la pandemia”.

Ma anche per le altre aziende dei servizi che stanno soffrendo maggiormente le restrizioni per la pandemia servono aiuti subito. “Sui ristori c’è un grave, gravissimo ritardo, le imprese tanno veramente faticando non poco, ma comunque portano avanti e stanno portando avanti il loro lavoro. L’incertezza crea ritardi. E noi in questo momento non ce lo possiamo permettere, in nessun modo”, sottolinea Mattioli.

“Oggi ci troviamo ad assistere a una crisi politica del tutto inopportuna: chiediamo a tutti di fare uno sforzo per il bene del Paese e per le imprese che ancora oggi, a fronte di indennizzi esigui, garantiscono occupazione, stipendi, equilibrio sociale. E questo almeno sino a quando non verrà rimosso il blocco dei licenziamenti, momento i cui esiti potrebbero essere devastanti”, aggiunge ancora.

Un aiuto per il settore dei servizi come per tutto il Paese potrebbe arrivare, sottolinea Mattioli, dall’Europa. “Un grande cantiere dei servizi agganciato al Recovery fund è auspicabile, la cura degli spazi pubblici e delle persone è emersa con tutta la sua urgenza nella pandemia. Il Recovery è un’occasione per fare un ulteriore salto di qualità nell’ambito dei servizi industriali e favorire l’occupazione nel comparto deve essere uno dei temi su cui puntare in attesa di definire quel piano oggi solo abbozzato. Il governo ci coinvolga, non si può entrare in partita senza un invito e un ruolo specifico”, spiega.

“Ma le chiavi per entrare nella partita europea sono molte: la valenza sanitaria della sanificazione è innegabile, e questo offre uno spunto progettuale interessare. Non è, la nostra, una rivendicazione corporativa, ma un appello a prendersi cura del Paese”, aggiunge Mattioli.

E per Mattioli “Confindustria in questo momento sia cercando di porre all’attenzione dei temi che sono irrinunciabili”. “Non solo per le nostre imprese, non solo per i nostri dipendenti, non solo per i nostri imprenditori ma in generale per il Paese. Noi siamo sempre stati propositivi ma cerchiamo risposte. Offriamo sempre collaborazione”, conclude.

Governo: Mattioli (Confindustria Servizi Hcfs), ‘serve stabilità, dare risposte a imprese’ 

Roma, 18 gen. (Labitalia)

“Non entro nel merito della vicenda politica. La mia preoccupazione, come presidente di Anip Confindustria e Confindustria Servizi Hcfs, è che in questo momento c’è bisogno di stabilità, c’è bisogno di dare alle aziende delle certezze. Stiamo attraversando un momento molto difficile e complicato e noi siamo un settore labor intensive, ad alta intensità di manodopera, e che è molto esposto nella quotidianità del Paese. E che quindi non può stare appresso ai riti e alle questioni legate alla politica che francamente mi appassionano e ci appassionano poco. A noi interessa avere delle risposte, risposte urgenti, non più derogabili”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Lorenzo Mattioli, presidente di Anip Confindustria e di Confindustria Servizi Hcfs, la confederazione che rappresenta il mondo delle imprese di servizi di hygiene, cleaning, facility services e labour safety solution.

Dalle pulizie alle sanificazioni, dalle lavanderie industriali alla ristorazione collettiva, Confindustria Servizi Hcfs rappresenta imprese di settori che contano circa 2 mln e mezzo di lavoratori. “Questa crisi di governo -ribadisce Mattioli- non aiuta: crea ulteriore incertezza. Questo è un momento davvero complicato e difficile che non si può gestire in un clima politico precario. Noi non facciamo politica e non parteggiamo per nessuno ma abbiamo bisogno di avere delle risposte. E subito, non possiamo più aspettare”, aggiunge.

Tanti i dossier caldi in questo momento, sottolinea Mattioli, a partire dai vaccini. “Sono iniziate le vaccinazioni nel nostro Paese. Anche i lavoratori che operano nel nostro comparto -sottolinea Mattioli- dovrebbero avere una precedenza nella campagna di vaccinazione. Questo perchè i nostri lavoratori sono in prima linea da inizio pandemia e tutto il mondo ha dato rilievo agli eroi invisibili che in Italia, a un certo punto, sembrano tornati nell’ombra. Per una questione di sicurezza dei nostri lavoratori, chiediamo la vaccinazione per i lavoratori maggiormente a rischio: addetti alle pulizie negli ospedali, nelle Rsa, nelle case di cura. Un gesto di riconoscimento e di tutela concreta che non può essere rinviato”, continua.

Richieste che fino a questo momento sono rimaste vane. “Abbiamo chiesto -sottolinea ancora Mattioli- a gran voce al capo del governo, al ministro della Salute e al commissario Arcuri di mettere una corsia preferenziale per gli addetti alle pulizie e per tutti coloro che operano nel settore dei servizi, soprattutto coloro che operano nei settori ad alta intensità di rischio Covid, che hanno quindi necessità di essere vaccinati. Purtroppo, risposte e certezze poche”.

Vaccini che sarebbero più sicurezze a dei lavoratori fin dallo scoppio della pandemia in prima linea. “Le denunce di infortunio Covid nelle pulizie rappresentato poco più del 2%, da dato ufficiale Inail. Il nostro obbiettivo è arrivare a zero”, spiega Mattioli. E per raggiungere questo obiettivo Mattioli chiede il vaccino per il lavoratori che operano nelle pulizie e nelle mense negli ambiti a rischio. “Ci piacerebbe che quanti lavorano per assicurare i servizi nei reparti Covid e nelle residenze Covid (chi fa le pulizie o lavora nelle mense) ricevessero il vaccino per continuare a lavorare sicuri”, conclude.

E nella lotta al Covid-19, secondo Mattioli, oltre ai vaccini c’è un altro punto fondamentale. “Noi lo stiamo chiedendo a gran voce e lo chiediamo al premier Conte: le sanificazioni vengano rese obbligatorie. Solo così potremo finalmente debellare il Covid”, spiega il leader di Confindustria Servizi Hcfs. Un tema, quello delle sanificazioni, ancora più centrale nelle scuole. “Sul tema della scuola la crisi politica -spiega Mattioli- non fa che creare ulteriore incertezza. Dal 9 marzo del 2020 sto chiedendo un appuntamento al ministro Azzolina, che non mi ha mai dato, e poi sto chiedendo che le scuole vengano tenute aperte e sanificate, con la sanificazione che divenga obbligatoria”.

“Siamo stati purtroppo inascoltati sul tema dei servizi scolastici, internalizzati con grave danno per le casse pubbliche e per la qualità dei servizi stessi, passati sotto la responsabilità dei dirigenti scolastici che, è palese, avrebbero ben altro a cui pensare”, continua ancora.

E Mattioli ricorda che il 2020 per le imprese dei servizi è stato un anno tutt’altro che semplice. “Il 2020 -sottolinea- è stato un anno difficile e complesso. Il nostro osservatorio è quello delle imprese di grandi dimensioni che hanno visto in alcuni casi crollare alcuni asset come le pulizie negli uffici sia pubblici sia privati, ma hanno incrementato quello strategico della sanificazione”.

“Come federazione dei Servizi -aggiunge- abbiamo il polso di diversi settori merceologici, quasi tutti colpiti dalla crisi: ristorazione collettiva con un fatturato crollato del 30% e il rischio di migliaia di licenziamenti, pulizia scolastica azzerata per via dell’internalizzazione di migliaia di lavoratori diventati dipendenti pubblici, lavanderie industriali a -60% per effetto del crollo dell’indotto turistico e della ristorazione”.”Per le imprese multiservizi, che in generale hanno anche maggiori dimensioni, gli effetti della pandemia sono attenuati, con fatturati in calo me sempre a due cifre, almeno del 10%”, aggiunge Mattioli.

Ma nel settore dei servizi la ‘protagonista’ suo malgrado del 2020 è stata la sanificazione. “La sanificazione professionale è, per noi, la madre -spiega Mattioli- di tutte la battaglie. Le imprese del settore associate in Confindustria hanno in tal senso conosciuto un vero e proprio boom per via di una domanda che non è mai stata così forte. Una cartina al tornasole ci è data dall’enorme incremento degli acquisti di prodotti da parte dei soggetti pubblici nel 2020: gli acquisti ‘Covid’ dei soli prodotti per igienizzazione e sanificazione sono cresciuto del 61%, con picco a inizio pandemia (nel mese di marzo), e post lockdown da luglio-ottobre (dati ufficiali Consip)”.

“Questo dato (seppur limitato alle sole forniture pubbliche per poco più di 30 milioni di euro) descrive già bene un mercato dei servizi più che raddoppiato, e che ha consentito alle imprese multiservizi di controbilanciare le perdite determinatesi negli altri rami d’azienda”, spiega ancora Mattioli.

Allo stesso tempo, per Mattioli, “l’incremento della sanificazione ha determinato anche situazioni di mercato opache, con operatori improvvisati e senza requisiti che hanno approfittato dell’emergenza per entrare nel comparto in maniera poco etica: parliamo di un mercato di due miliardi di metri quadri di superfici non residenziali da sanificare, per oltre due miliardi di euro di valore. Una parte di questi servizi è finita certamente nelle mani sbagliate determinando concorrenza sleale a danno degli operatori professionali”, sottolinea amaro. Come Confindustria Servizi Hcfs -spiega ancora Mattioli- ci siamo fatti portavoce della sanificazione, stilando un manuale, spiegandone l’importanza. Per noi sanificare vuol dire vaccinare, proteggere un luogo – e le persone – dal contagio”.

E i servizi, finora trascurati, secondo Mattioli, meritano più attenzione. “Si poteva, e si può ancora, istituire -spiega- un tavolo permanente per i servizi che orienti le istituzioni nel comprendere meglio il settore e valorizzarlo, accompagnando l’aspetto ‘consultivo’ con un’azione legislativa che porti l’Italia ad avere una legge quadro sui servizi che tuteli un universo di oltre 16 milioni di persone, il 70% degli occupati nel paese. Il nostro appello è anche quello a rivedere al più presto il Codice appalti, lasciandoci alle spalle, una volta per tutte, la stagione degli affidamenti al massimo ribasso”, aggiunge.

“In questi mesi -spiega Mattioli- abbiamo chiesto costante interlocuzione, offerto collaborazione e idee. Possiamo dire, senza tema di smentita, di essere i veri responsabili nel Paese. E questo senza alcuna accezione politica. Il comparto dell’igiene, pulizia e sanificazione non si è mai fermato: abbiamo favorito e sostenuto il bonus sanificazione per le imprese, ma non si vede nulla che possa garantire la sanificazione obbligatoria che, in luoghi come le scuole, sarebbe un importante argine contro la pandemia”.

Ma anche per le altre aziende dei servizi che stanno soffrendo maggiormente le restrizioni per la pandemia servono aiuti subito. “Sui ristori c’è un grave, gravissimo ritardo, le imprese tanno veramente faticando non poco, ma comunque portano avanti e stanno portando avanti il loro lavoro. L’incertezza crea ritardi. E noi in questo momento non ce lo possiamo permettere, in nessun modo”, sottolinea Mattioli.

“Oggi ci troviamo ad assistere a una crisi politica del tutto inopportuna: chiediamo a tutti di fare uno sforzo per il bene del Paese e per le imprese che ancora oggi, a fronte di indennizzi esigui, garantiscono occupazione, stipendi, equilibrio sociale. E questo almeno sino a quando non verrà rimosso il blocco dei licenziamenti, momento i cui esiti potrebbero essere devastanti”, aggiunge ancora.

Un aiuto per il settore dei servizi come per tutto il Paese potrebbe arrivare, sottolinea Mattioli, dall’Europa. “Un grande cantiere dei servizi agganciato al Recovery fund è auspicabile, la cura degli spazi pubblici e delle persone è emersa con tutta la sua urgenza nella pandemia. Il Recovery è un’occasione per fare un ulteriore salto di qualità nell’ambito dei servizi industriali e favorire l’occupazione nel comparto deve essere uno dei temi su cui puntare in attesa di definire quel piano oggi solo abbozzato. Il governo ci coinvolga, non si può entrare in partita senza un invito e un ruolo specifico”, spiega.

“Ma le chiavi per entrare nella partita europea sono molte: la valenza sanitaria della sanificazione è innegabile, e questo offre uno spunto progettuale interessare. Non è, la nostra, una rivendicazione corporativa, ma un appello a prendersi cura del Paese”, aggiunge Mattioli.

E per Mattioli “Confindustria in questo momento sia cercando di porre all’attenzione dei temi che sono irrinunciabili”. “Non solo per le nostre imprese, non solo per i nostri dipendenti, non solo per i nostri imprenditori ma in generale per il Paese. Noi siamo sempre stati propositivi ma cerchiamo risposte. Offriamo sempre collaborazione”, conclude.