Coronavirus, Oms: “Nel mondo oltre 88 mln di casi e 1,9 mln di morti”  

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Poco meno di 5 milioni di nuovi casi di infezione da Sars-CoV-2 e oltre 85mila morti vengono riportati dall’Organizzazione mondiale della sanità nell’ultimo rapporto settimanale sull’andamento della pandemia di Covid-19. Dall’inizio dell’epidemia globale, il bilancio complessivo sale a oltre 88 milioni di contagiati, con più di 1,9 milioni di decessi.

Dopo 2 settimane di scarse segnalazioni, probabilmente a causa delle ferie di fine anno – si legge nel report – la tendenza generale al rialzo osservata nelle settimane precedenti è ripresa, sia per i casi positivi che per le morti. Tutte le regioni Oms, tranne il Sudest asiatico, hanno mostrato un aumento di nuovi casi. Nella regione delle Americhe si concentrano il 51% delle nuove positività e il 45% dei nuovi decessi segnalati a livello globale nell’ultima settimana. La regione europea ha registrato un aumento inferiore dei nuovi casi (10%), ma ancora oltre un terzo delle nuove morti a livello globale.

La variante inglese di Sars-CoV-2 (VOC 202012/01), associata a una maggiore trasmissibilità del coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19, dalla prima rilevazione del 14 dicembre scorso è stata segnalata finora in 50 Paesi di 5 delle 6 regioni Oms. Tra gli Stati in cui è stata individuata compare anche l’Italia.

La variante sudafriana del virus (501Y.V2), dalla prima rilevazione del 18 dicembre è stata invece individuata in 20 Paesi di 4 delle 6 regioni Oms, si legge nel report che ricorda la segnalazione da parte del Giappone di una nuova variante di Sars-CoV-2, il 9 gennaio, in 4 viaggiatori provenienti dal Brasile. Questa variante ha 12 mutazioni nella proteina Spike attraverso la quale il coronavirus attacca la cellula bersaglio, comprese 3 mutazioni in comune con VOC 202012/01 e 501Y.V2, che possono influire sulla trasmissibilità e sulla risposta immunitaria dell’ospite. Scienziati brasiliani – riporta l’Oms – hanno inoltre indicato l’emergere di un’altra variante simile che probabilmente si è evoluta indipendentemente da quella rilevata tra i viaggiatori giapponesi.

Usa, Pence a Pelosi: “25° emendamento non è nell’interesse del Paese”  

“Non credo” che invocare il 25° emendamento “sia nel migliore interesse della nostra nazione o coerente con la nostra Costituzione “. E’ quanto si legge nella lettera che Michael Pence ha inviato alla speaker della Camera, Nancy Pelosi.

Secondo Pence invocare il 25° emendamento “in questo modo creerebbe un terribile precedente”.

Pence ha assicurato che continuerà a impegnarsi “per garantire un passaggio ordinato del potere” negli Stati Uniti ed ha esortato Nancy Pelosi e tutti i membri del Congresso ad “abbassare la temperatura e unire il nostro Paese mentre ci prepariamo” all’insediamento del presidente eletto Joe Biden.

“Voto truccato”, rispunta tweet di Pelosi dopo l’elezione di Trump  

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“Le nostre elezioni sono state sabotate. Non c’è dubbio. Il Congresso ha il dovere di proteggere la nostra democrazia e seguire i fatti”. Sembrano parole di Donald Trump, rilanciate attraverso uno dei suoi innumerevoli tweet, letti da 85 milioni di follower, prima della chiusura definitiva del suo account. In realtà, a scriverle fu Nancy Pelosi, la speaker della Camera che in questi giorni ha ingaggiato la battaglia finale contro il presidente Usa uscente, per costringerlo a lasciare anticipatamente la Casa Bianca, prima della scadenza costituzionale del 20 gennaio.

Il tweet della Pelosi risale al maggio del 2017 e le elezioni “sabotate” erano quelle del 2016, sulle quali, su impulso dei Democratici e della stampa liberal, aleggiava da mesi il sospetto di una ‘manina russa’ a favore di Trump. Ripescato da qualche attento osservatore, il tweet della speaker della Camera, assolutamente privo di fondamento nelle sue affermazioni, al pari di quelli di Trump, alimenta la polemica di queste ore, dopo la decisione di Twitter di silenziare il presidente Usa, a seguito dei disordini di Washington.

Inevitabile, da parte dei media conservatori, l’accusa di ‘double standard’ nei confronti del social network, che in italiano si potrebbe sintetizzare con l’espressione, ‘due pesi e due misure’. Perché all’epoca, sebbene non avesse alcuna prova concreta a supporto delle sue affermazioni, la Pelosi non venne ‘segnalata’ da Twitter, che evidentemente ritenne accettabile che un’alta carica istituzionale lanciasse accuse poi rivelatesi false. Un trattamento esattamente inverso, si fa notare, è invece in questi giorni riservato da Twitter non solo a Trump, ma a chiunque metta in discussione il risultato delle elezioni 2020, con una vera e propria ‘purga’ tra i sostenitori del presidente uscente e migliaia di account chiusi.

Il contesto nel quale la speaker della Camera lanciò il suo tweet, datato 16 maggio 2017, non era molto diverso da quello attuale. Una parte politica, i Democratici, contestavano il risultato delle elezioni che si erano svolte a novembre dell’anno precedente, accusando la campagna di Trump di collusione con il Cremlino per danneggiare la candidata democratica Hillary Clinton, il famoso Russiagate. Il giorno dopo il tweet della Pelosi, il 17 maggio 2017, l’allora vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein assegnò all’ex direttore dell’Fbi Robert Mueller l’incarico di procuratore speciale, per accorpare le indagini già aperte e fare luce sulle accuse nei confronti di Trump.

Il 22 marzo del 2019, Mueller consegnò al ministro della Giustizia William Barr il suo rapporto, consultabile negli archivi del dipartimento di Giustizia e del Congresso, nel quale concludeva che sì, la Russia aveva tentato di interferire nel voto Usa, ma che non c’era alcuna prova di collusioni tra Trump e Putin. Alle stesse conclusioni, nel 2018, era giunta la commissione Intelligence del Senato. Da allora, è poi partita una contro-inchiesta lanciata dai Repubblicani, ribattezzata ‘Obamagate’, per ‘indagare sull’indagine’ e fare luce sul presunto complotto dei Democratici ai danni di Trump, attraverso false accuse di collusioni col Cremlino. L’indagine, affidata al procuratore speciale John Durham, è ancora in corso e proseguirà anche con la nuova Amministrazione Biden.

Tornando al tweet della Pelosi e alle ripercussioni che la sua riscoperta ha nel dibattito in corso in questi giorni, abbondano le voci critiche e sarcastiche nei confronti del social network fondato da Jack Dorsey. “Ehi, Twitter, perché permetti questo?”, si è chiesta la conduttrice radiofonica e televisiva Dana Loesch, volto e voce noti dell’universo della destra Usa. “Incitamento!”, ha commentato sarcasticamente la giornalista del Daily Wire Amanda Prestigiacomo. “Accidenti. Ho appena visto questo e ho pensato fosse qualche pazzo trumpiano”, la reazione di Frank Flemming, del sito conservatore Babylon Bee.

Più articolato il giudizio del commentatore di destra Yossi Gestetner, per il quale il tweet della Pelosi “mostra come dopo mesi dalle elezioni del 2016, la leadership democratica metteva ancora in dubbio l’integrità delle elezioni”, come avvenne per il voto in Florida del 2000, che assegnò infine la vittoria a George W Bush. “Questa retorica ha spianato la strada all’altra parte per fare lo stesso”, conclude Gestetner. Twitter ha finora evitato di rispondere alle richieste di commento avanzate da vari media, tra i quali Fox News.

(di Marco Liconti)

New York, lo stadio dei Mets diventa megacentro vaccinazioni  

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Il Citi Field, lo stadio della squadra di baseball dei New York Mets sarà riconvertito nei prossimi giorni in un megacentro per le vaccinazioni. Lo hanno annunciato il sindaco della città, Bill de Blasio, e il proprietario dei Mets, Steve Cohen. L’apertura della struttura, che opererà 24 ore al giorno, avverrà il 25 gennaio. Il centro sarà gestito dalle autorità sanitarie di New York e a regime dovrebbe essere in grado di somministrare tra le 5mila e le 7mila dosi di vaccino al giorno.

La scelta dello stadio dei Mets, ha spiegato Cohen, è particolarmente strategica, perché la struttura è collegata con metropolitana, autostrade e treni. “Tutti i newyorchesi saranno i benvenuti, anche i tifosi degli Yankees”, ha scherzato De Blasio, riferendosi all’altra squadra di baseball della città

Quello dei Mets non è l’unco stadio del baseball ad essere riconvertito per l’emergenza coronavirus. Anche a Los Angeles lo stadio dei Dodgers, a partire da questo fine settimana, sarà impiegato come centro per le vaccinazioni, dopo essere stato usato come centro per i test.

Usa, Ivanka vuole andare a insediamento Biden: l’ira di Trump  

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Ivanka Trump vuole andare all’insediamento di Joe Biden per salvare la sua possibile carriera politica. Lo scrive il Daily mail, citando una fonte della Casa Bianca, secondo la quale Donald Trump ha reagito con furia alla notizia che la figlia prediletta possa partecipare alla cerimonia del 20 gennaio.

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“Ivanka teme che la sua promettente carriera politica sia in pericolo e vuole fare il possibile per salvare la sua reputazione”, afferma la fonte. Il padre si è però arrabbiato moltissimo, dicendo di considerare “un insulto” la possibilità che si mescoli “a quegli imbroglioni”. Secondo il presidente americano uscente, la famiglia deve mostrare un fronte unito. Partecipare all’insediamento, ha sostenuto, costerebbe a Ivanka migliaia di sostenitori e sarebbe la peggiore decisione della sua vita.

Ivanka pensa invece che la sua presenza alla cerimonia dimostrerebbe il suo “spirito sportivo, facendole conquistare sostenitori”. Consigliera della Casa Bianca, la 39enne vuole tutelare “le proprie aspirazioni politiche”. Per questo, a differenza del fratello Donald junior, non avrebbe intenzione di andare all’evento con il quale il padre vuole lanciare la sua candidatura per il 2024, previsto lo stesso giorno dell’insediamento di Biden.

Trump: “Non vogliamo violenze ma se Dem insistono rischio nel Paese”  

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Non vogliamo violenze“. Lo ha detto il presidente americano uscente Donald Trump incontrando i giornalisti fuori dalla Casa Bianca prima di partire per il confine tra Messico e Stati Uniti. “Mai violenza, assolutamente mai violenza”, ha scandito. Ma si è poi scagliato contro i democratici e la richiesta di impeachment definendola la “continuazione della più grande caccia alle streghe nella storia della politica“.

Definendo “ridicolo” l’impeachment che i democratici voteranno di nuovo contro di lui, Trump ha rovesciato sui leader democratici l’accusa che viene mossa a lui di aver fomentato la violenza. Nell’articolo di impeachment si afferma che Trump, per aver provocato il violento attacco al Congresso, rappresenta una minaccia urgente e chiara alla sicurezza del Paese.

Se Nancy Pelosi e Chuck Schumer continueranno su questa via – ha detto il presidente uscente – credo che esporranno il nostro Paese ad un tremendo pericolo provocando un’enorme rabbia. Io non voglio violenze”.

Trump ha quindi difeso il discorso che ha fatto ai suoi sostenitori a Washington mercoledì, prima dell’assalto al Congresso, come “del tutto appropriato”.

E prima di imbarcarsi per il confine con Messico ha anche rivendicato l’utilità del muro sostenendo che sta facendo una “differenza enorme” perché “sembra esserci un’ondata” di immigrazione illegale.

Assalto al Congresso, “Trump ha ammesso responsabilità” 

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Donald Trump avrebbe ammesso una parte di responsabilità per i disordini scoppiato mercoledì scorso a Washington e sfociati nell’assalto dei suoi sostenitori al Campidoglio. L’ammissione sarebbe avvenuta nel corso di una telefonata con il leader della minoranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti, Kevin McCarthy. Lo ha riferito Fox News, citando due fonti a conoscenza dei contenuti del colloquio.

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Secondo le fonti dell’emittente Usa, McCarthy avrebbe riferito dei sentimenti del presidente nel corso di una riunione virtuale del gruppo parlamentare repubblicano alla Camera. Lo stesso McCarthy, parlando con i suoi colleghi di partito, avrebbe accusato Trump di essere responsabile di quanto è accaduto. La Casa Bianca non ha finora voluto rilasciare commenti sulle rivelazioni riportate da Fox News.

Intanto l’immagine degli ultimi giorni di Donald Trump alla Casa Bianca è una West Wing vuota. L’Ala Ovest, quella nella quale lavorano presidente e il suo staff, è rimasta per lo più disabitata dallo scorso mercoledì, quando i supporter del presidente hanno preso d’assalto il Congresso. Trump, secondo quanto raccontano i media Usa che hanno avuto accesso a fonti interne all’Amministrazione, da allora ha messo piede pochissime volte nelle sale e nei corridoi dove risiede il cuore del potere presidenziale, facendosi vedere solo di tanto in tanto nello Studio Ovale e ignorando i suoi impegni ufficiali.

Trump, scrive Politico, ha preferito rimanere nell’ala residenziale della Casa Bianca, passando il tempo al telefono, ora che il suo megafono con il mondo esterno, il suo account Twitter, è stato speso definitivamente. Il presidente, che si trova ad affrontare con ogni probabilità un’altra procedura di impeachment, sembra definitivamente rassegnato a lasciare la prossima settimana il ruolo di comandante in capo.

Nonostante le dimissioni nello staff e nel governo, dopo i fatti di mercoledì, il lavoro ufficiale prosegue, l’Amministrazione, sebbene al capolinea del proprio percorso, continua a lavorare. Chi è rimasto riferisce che i dimissionari vengono perlopiù visti come degli opportunisti, che hanno tentato “un’operazione di facciata” dopo il disastro dell’assalto e dell’irruzione a Capitol Hill. “Se fossero stati così corretti – riferiscono gli ‘insider’ a Politico – perché non se ne sono andati prima? E perché non sono rimasti ad aiutare quelli che stanno tentando di far funzionare le cose fino all’ultimo senza ulteriori disastri?”.

Nonostante l’irritazione per i ‘disertori’, chi è rimasto a bordo della precaria nave trumpiana lo avrebbe fatto per senso del dovere e delle istituzioni. Al presidente non vengono però fatti sconti, non solo per il suo comportamento nel comizio di mercoledì scorso, ma soprattutto per il trattamento che ha riservato a Mike Pence. Si fa notare come il vice presidente sia stato uno dei più leali sostenitori di Trump, prima di venire additato come l’ultimo dei traditori alla folla di supporter radunata a Washington, per essersi rifiutato di bloccare la ratifica della vittoria di Joe Biden.

Un’altra fonte interna fa notare come il ricorso al 25esimo Emendamento per la rimozione del presidente non sia mai stato discusso seriamente all’interno dell’Amministrazione. Coloro che hanno fatto trapelare all’esterno questa possibilità, in realtà lo avrebbero fatto per placare gli animi dei media e dell’opinione pubblica, disgustati dalle scene alle quali si è assistito mercoledì scorso. La convinzione era che non ci fosse abbastanza consenso all’interno del governo e che il ricorso al 25esimo emendamento non avrebbe mai superato l’ostacolo del Congresso, di fronte all’opposizione di Trump.

A conferma dell’apparente stato di arrendevolezza – che potrebbe essere smentito alla prima occasione – nel quale si trova il presidente, altre fonti riferiscono a Politico che Trump non si mostrerebbe particolarmente battagliero in vista della possibile procedura di impeachment. Ma c’è chi fa notare che questo atteggiamento sarebbe più frutto di un calcolo che di una resa consapevole di fronte alle proprie responsabilità. “Trump sa che la sua rimozione dall’incarico è molto improbabile con i Repubblicani che fino alla prossima settimana manterranno il controllo del Senato e con pochi giorni rimasti alla fine del suo mandato”. Quel che rimane è comunque l’immagine di un presidente “sempre più isolato che non si fida più nemmeno dei pochi fedeli funzionari ai quali si era sempre affidato durante le precedenti crisi della sua Presidenza”.

Assalto al Congresso, Trump “ammette responsabilità” ma non si pente 

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Donald Trump avrebbe ammesso una parte di responsabilità per i disordini scoppiato mercoledì scorso a Washington e sfociati nell’assalto dei suoi sostenitori al Campidoglio. L’ammissione sarebbe avvenuta nel corso di una telefonata con il leader della minoranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti, Kevin McCarthy. Lo ha riferito Fox News, citando due fonti a conoscenza dei contenuti del colloquio.

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Secondo le fonti dell’emittente Usa, McCarthy avrebbe riferito dei sentimenti del presidente nel corso di una riunione virtuale del gruppo parlamentare repubblicano alla Camera. Lo stesso McCarthy, parlando con i suoi colleghi di partito, avrebbe accusato Trump di essere responsabile di quanto è accaduto. La Casa Bianca non ha finora voluto rilasciare commenti sulle rivelazioni riportate da Fox News.

Intanto l’immagine degli ultimi giorni di Donald Trump alla Casa Bianca è una West Wing vuota. L’Ala Ovest, quella nella quale lavorano presidente e il suo staff, è rimasta per lo più disabitata dallo scorso mercoledì, quando i supporter del presidente hanno preso d’assalto il Congresso. Trump, secondo quanto raccontano i media Usa che hanno avuto accesso a fonti interne all’Amministrazione, da allora ha messo piede pochissime volte nelle sale e nei corridoi dove risiede il cuore del potere presidenziale, facendosi vedere solo di tanto in tanto nello Studio Ovale e ignorando i suoi impegni ufficiali.

Trump, scrive Politico, ha preferito rimanere nell’ala residenziale della Casa Bianca, passando il tempo al telefono, ora che il suo megafono con il mondo esterno, il suo account Twitter, è stato speso definitivamente. Il presidente, che si trova ad affrontare con ogni probabilità un’altra procedura di impeachment, sembra definitivamente rassegnato a lasciare la prossima settimana il ruolo di comandante in capo.

Nonostante le dimissioni nello staff e nel governo, dopo i fatti di mercoledì, il lavoro ufficiale prosegue, l’Amministrazione, sebbene al capolinea del proprio percorso, continua a lavorare. Chi è rimasto riferisce che i dimissionari vengono perlopiù visti come degli opportunisti, che hanno tentato “un’operazione di facciata” dopo il disastro dell’assalto e dell’irruzione a Capitol Hill. “Se fossero stati così corretti – riferiscono gli ‘insider’ a Politico – perché non se ne sono andati prima? E perché non sono rimasti ad aiutare quelli che stanno tentando di far funzionare le cose fino all’ultimo senza ulteriori disastri?”.

Nonostante l’irritazione per i ‘disertori’, chi è rimasto a bordo della precaria nave trumpiana lo avrebbe fatto per senso del dovere e delle istituzioni. Al presidente non vengono però fatti sconti, non solo per il suo comportamento nel comizio di mercoledì scorso, ma soprattutto per il trattamento che ha riservato a Mike Pence. Si fa notare come il vice presidente sia stato uno dei più leali sostenitori di Trump, prima di venire additato come l’ultimo dei traditori alla folla di supporter radunata a Washington, per essersi rifiutato di bloccare la ratifica della vittoria di Joe Biden.

Un’altra fonte interna fa notare come il ricorso al 25esimo Emendamento per la rimozione del presidente non sia mai stato discusso seriamente all’interno dell’Amministrazione. Coloro che hanno fatto trapelare all’esterno questa possibilità, in realtà lo avrebbero fatto per placare gli animi dei media e dell’opinione pubblica, disgustati dalle scene alle quali si è assistito mercoledì scorso. La convinzione era che non ci fosse abbastanza consenso all’interno del governo e che il ricorso al 25esimo emendamento non avrebbe mai superato l’ostacolo del Congresso, di fronte all’opposizione di Trump.

A conferma dell’apparente stato di arrendevolezza – che potrebbe essere smentito alla prima occasione – nel quale si trova il presidente, altre fonti riferiscono a Politico che Trump non si mostrerebbe particolarmente battagliero in vista della possibile procedura di impeachment. Ma c’è chi fa notare che questo atteggiamento sarebbe più frutto di un calcolo che di una resa consapevole di fronte alle proprie responsabilità. “Trump sa che la sua rimozione dall’incarico è molto improbabile con i Repubblicani che fino alla prossima settimana manterranno il controllo del Senato e con pochi giorni rimasti alla fine del suo mandato”. Quel che rimane è comunque l’immagine di un presidente “sempre più isolato che non si fida più nemmeno dei pochi fedeli funzionari ai quali si era sempre affidato durante le precedenti crisi della sua Presidenza”.

Covid Gb, 46mila casi. Hancock: “Settimane difficili” 

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(Rak/Adnkronos)

Sono 46.169 i nuovi casi di Covid-19 registrati nel Regno Unito nelle ultime 24 ore. Lo ha fatto sapere il ministro della Salute, Matt Hancock, in un aggiornamento del quadro epidemiologico nel Paese, dove i contagi continuano a correre in modo preoccupante a causa della cosiddetta ‘variante inglese’ del coronavirus.

Hancock, citato dalla ‘Bbc’, ha reso noto che al momento sono 32.294 le persone ricoverate in ospedale, in aumento del 22% nell’ultima settimana.

La conferenza stampa è stata anche l’occasione per fare il punto sulla campagna di vaccinazione, definita dal ministro l’unica strada per “uscire” dalla pandemia. Hancock ha dichiarato che finora sono state somministrate 2,6 milioni dosi di vaccino a 2,3 milioni di persone, un numero, ha sottolineato, superiore a quello “di tutti gli altri Paesi europei messi insieme”.

La nuova variante del virus, ha ribadito il ministro, è altamente contagiosa “e il fatto che si diffonda così rapidamente significa che abbiamo alcune settimane incredibilmente difficili davanti a noi“.

“Mandato Trump finisce oggi”, manipolato sito Dipartimento di Stato  

Le biografie del presidente Donald Trump e del suo vice Mike Pence sul sito del dipartimento di Stato sono state cambiate in modo da far figurare oggi come ultimo giorno del loro mandato, invece che fra nove giorni. Lo scrive il sito Buzzfeed, citando due diplomatici, secondo i quali si tratta molto probabilmente dell’opera di un dipendente del dipartimento.

Secondo le fonti, il segretario di Stato Mike Pompeo ha ordinato un’inchiesta interna per scoprire il responsabile. Tuttavia, notano i due diplomatici, l’inchiesta non sarà facile, dato che molte persone hanno accesso al sistema del sito ufficiale del dipartimento. Il sistema è chiuso ed è “praticamente impossibile” che la manipolazione sia opera di hacker esterni.