M5S, Casaleggio: “Di Battista è fondamentale”  

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“Alessandro è fondamentale per il Movimento. E’ una persona che stimo, in grado di portare avanti con coerenza i principi e le battaglie del M5S. Anche grazie a lui e alla sua passione durante questi anni, oggi molti siedono in posizioni importanti nelle istituzioni. Questa sua scelta dimostra per l’ennesima volta l’onestà intellettuale di Alessandro ed è proprio di questa coerenza che ha bisogno il Movimento. Chi oggi guida l’azione politica del M5S dovrà fare in modo di non gestire questo momento con arroganza oppure la larga parte contraria alla scelta di ieri potrebbe allontanarsi”. Lo scrive in un post su Facebook Davide Casaleggio, ribadendo quanto dichiarato in una intervista al ‘Corriere della Sera’.

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“Spero che tutti coloro che hanno a cuore il Movimento lavorino per creare le condizioni perché persone come Alessandro possano sentirsi a casa nel Movimento 5 Stelle”, conclude il presidente dell’Associazione Rousseau.

Il sondaggio: Lega ancora primo partito, Pd cala 

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Lega ancora primo partito nelle intenzioni di voto degli italiani, mentre il Pd registra un lieve calo rispetto alla scorsa settimana. Giorgia Meloni in testa nella classifica sulla fiducia nei leader. Questo il risultato dell’ultime rilevazione Index-Research per Piazzapulita su La7.

Più in dettaglio, ecco come si posizionano i partiti questa settimana: Lega 24,4% (+0,4% in una settimana), Pd 19,4% (-0,2%), Fratelli d’Italia 16,5% (-0,1%), M5S 14,7% (+0,2%), Forza Italia 6,8% (+0,1), Azione 3,9% (+0,1%), Italia Viva stabile al 3,1%. Per quanto riguarda invece la fiducia nei leader, Meloni è prima con il 37%. Seguono Giuseppe Conte al 31%, Matteo Salvini al 29%, Nicola Zingaretti al 24%, Silvio Berlusconi al 18% e a pari merito con Luigi Di Maio, Carlo Calenda al 16% e Matteo Renzi all’11%.

M5S, Travaglio: “Si è calato le brache, non conterà più niente”  

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I 5 Stelle “non conteranno più niente”. “Prima di calarsi le brache avrebbero dovuto chiedere qualche garanzia in più”. È l’analisi di Marco Travaglio che a ‘Otto e mezzo’ critica duramente la scelta del Movimento di sostenere il governo Draghi.

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Grillo è tutt’altro che scemo. Si è trattata di una circonvenzione di capace. È stato intortato da quel volpone di Draghi con la supercazzola del super-ministero della Transizione ecologica”.

Una spaccatura ci sarà per forza, ci sarà qualcuno che non ha lo stomaco così forte da andare al governo con Berlusconi e con chi gli ha buttato giù i due precedenti governi”, rimarca. In questo governo “i 5 stelle non toccheranno palla, non contano più niente”, ribadisce.

Quanto alle sorti di Giuseppe Conte “è una fortuna – afferma Travaglio – tenersi a distanza da questa ammucchiata. A prescindere da Draghi che è un santo e cammina sulle acque, fa la fila al supermercato invece di farsi largo con il machete, ma tutto il resto ci riserverà tali spettacoli che chi ha la fortuna di avere un mestiere, un bel mestiere come insegnare all’università, è un bene se si tiene fuori”, sottolinea ricordando l’esempio di Romano Prodi che dopo essere stato messo da parte è stato richiamato perché non c’era nessun altro in grado di vincere contro il centrodestra.

Berlusconi, infortunio domestico a ‘Villa Grande’   

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Silvio Berlusconi è rientrato a Milano ieri sera a causa di una “caduta accidentale occorsa nella sua residenza romana che gli ha procurato una contusione al fianco“. Lo riferisce lo staff del leader azzurro, spiegando che il Cav si è quindi recato “presso la Clinica ‘La Madonnina’ per gli accertamenti del caso e dove ha trascorso la notte”. Ed “è stato dimesso questa mattina”.

Un infortunio domestico, si dice in questi casi. Silvio Berlusconi ieri è inciampato su di un gradino di ‘Villa Grande’, l’ex dimora di Franco Zeffirelli diventata il nuovo quartier generale romano di Forza Italia. Il Cav non avrebbe visto lo scalino e così ha perso l’equilibrio ed è crollato a terra.

Da qui la necessità, una volta rientrato a Milano in serata, di fare gli accertamenti dovuti. Secondo fonti azzurre non ci sarà bisogno di nuovi esami dopo la caduta ma il leader azzurro resterà a Villa San Martino. Non è la prima volta che il presidente di Fi si infortuna: la sua storia politica si è sempre intrecciata a problemi di salute e malattie, con periodi più o meno lunghi di convalescenza e guarigioni.

Ogni acciacco fisico è stato puntualmente dato in pasto ai media, in nome di quel principio caro a un comunicatore come Berlusconi, che il ‘corpo’ esibito gioca un ruolo di primo piano in politica, anche come ‘acchiappa’ consensi. Tra le ‘sfide superate’ dall’ex premier c’è quella molto complicata e dolorosa di un tumore alla prostata per cui fu venne operato nel ’97 in gran segreto al San Raffaele. E’ stato poi lo stesso Cavaliere a raccontarlo in una intervista nel 2000 (”Ero convinto di avere un male incurabile, invece, per fortuna, il male era localizzato ed è stato possibile combatterlo”).

Tanti nella vita di Berlusconi gli stop dovuti a problemi di salute. Dal malore in diretta tv nel 2006 durante un comizio alla kermesse dell’allora Casa delle libertà, al ricovero per la positività al Covid dell’estate scorsa. A Montecatini il leader forzista sviene e si accascia sul palco, ma si riprende poco dopo, rifiutando l’ambulanza. Poi resterà al San Raffale per 2 giorni in osservazione. La sera del 13 dicembre 2009 in televisione arrivano le immagini del volto del Cav insanguinato a seguito di una ‘statuina’ del Duomo lanciata a breve distanza da Massimo Tartaglia, arrestato per lesioni pluriaggravate. Il bollettino medico parlerà di una ferita lacero-contusa con frattura del setto nasale e due denti lesi, di cui uno superiore fratturato e prognosi di 20 giorni: lascerà l’ospedale il 17 dicembre.

Berlusconi ha sofferto più volte di uveite, una fastidiosa infezione che colpisce gli occhi: viene ricoverato una prima volta nel 2013, sempre al San Raffaele di Milano, e una seconda nel 2014. Famosa la foto che lo ritrae al Senato con occhialoni neri: sarà costretto a indossarli per qualche settimana durante il giorno come protezione dalla luce.

Nel 2016 lo attende quello che lui definirà una ”prova molto dolorosa”: l‘operazione a cuore aperto per la sostituzione della valvola aortica ancora una volta al San Raffaele. Nel giorno dell’intervento conquistano i media le lacrime della compagna di allora, Francesca Pascale, che piange con un fazzoletto in mano, affacciata da una finestra del sesto piano dell’edificio D dove era degente il Cav.

Nel novembre 2019 il leader forzista viene ricoverato alla clinica ‘La Madonnina’ dopo una caduta a Zagabria, dove era impegnato nei lavori del congresso del Ppe: solo una contusione e tanto spavento perché in un primo tempo si era temuta una frattura del femore. Nell’aprile dello stesso anno Berlusconi affronta una nuova operazione, stavolta per un’occlusione intestinale: sarà dimesso dopo alcuni giorni.

Il 2020 del Cav sarà segnato dal Covid: il 2 settembre, dopo il soggiorno estivo a Villa La Certosa in Sardegna, risulta positivo e due giorni più tardi viene ricoverato al San Raffaele per un inizio di polmonite bilaterale: lascerà l’ospedale milanese dieci giorni dopo, il 14 settembre. “E’ stata la prova più pericolosa della mia vita, ho pensato di morire, ma anche questa volta l’ho scampata”, scherza al momento delle dimissioni ma la convalescenza sarà lunga. Il 14 gennaio scorso ennesimo pit stop, all’ospedale specializzato del Principato di Monaco per uno scompenso cardiaco a Nizza, nella villa della primogenita Marina in Provenza, suo buen retiro per il soggiorno post Covid.

Al fianco dell’ex premier c’è sempre il medico personale, Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazione del San Raffaele. Famose le parole di Zangrillo ”beva subito” del novembre 2013 sul palco del Consiglio Nazionale del Pdl quando dopo un’ora e mezzo di comizio, il Cav affaticato si aggrappa al leggio per un calo di pressione: in quell’occasione il medico salì sul palco per aiutarlo a riprendersi. Ieri, l’incidente domestico a ‘Villa Grande’ per non aver visto un gradino che porta al salotto della sua nuova residenza capitolina ancora poco conosciuta.

Draghi non andrà al Quirinale questa sera  

(Adnkronos)

Il premier incaricato Mario Draghi ha lasciato la Camera dei deputati. A quanto apprende l’Adnkronos, non salirà al Quirinale questa sera.

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Dopo il via libera ottenuto dal Movimento 5 Stelle – che sulla piattaforma Rousseau ha incassato un 59,3% di sì al governo guidato dall’ex banchiere – , il presidente incaricato si prende ancora qualche ora prima di salire al Colle presumibilmente nella giornata di domani.

Ora che proprio grazie al sì definitivo dei Pentastellati si è meglio delineato il perimetro della maggioranza, il ‘Risiko’ che impazza tra chi attende di conoscere le decisioni dell’ex vertice della Bce è quello della composizione del governo. Con il totoministri che in queste ore agita i partiti.

Governo, silenzio Draghi agita partiti. timori per lista ministri al buio 

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La convinzione, ormai quasi una certezza, è che fino all’ultimo resteranno al buio. Il silenzio del premier incaricato Mario Draghi agita i partiti, ancor più fa tremare i ministri uscenti, soprattutto quelli che confidano di avere ancora qualche chance. “Per ora a noi non risultano telefonate”, assicura un big dei 5 Stelle. Più o meno stesse parole spese dagli esponenti degli altri partiti che si apprestano a prendere parte a una variegata maggioranza. Intanto è arrivato il voto di Rousseau, con il 59,3% dei votanti che ha dato il via libera all’ascesa dell’ex numero uno della Bce verso Palazzo Chigi.

Mezz’ora fa Draghi è arrivato alla Camera, dove ha appreso il risultato del voto della base grillina. La domanda che rimbalza nei palazzi romani è: “Ora Mario che fa?”. Tempi duri per chi vive di politica, anche se l’economista Draghi dimostra di saper maneggiare la materia con estrema destrezza: “La carta di ieri, con l’ok al ministero della transizione ecologica chiesta da Grillo e giocata via associazioni ambientaliste è un colpo da vero maestro”, ragiona un ministro uscente. Il premier incaricato, per ora, continua sulla linea del silenzio, anche sul ‘timing’ della salita al Colle e dell’insediamento vige il massimo riserbo.

Una linea che potrebbe anche cambiare da qui a brevissimo, visto che il risultato del voto della base grillina ha definito più o meno in maniera chiara il perimetro della nuova maggioranza. Per ora però la tensione è palpabile, mentre il totoministri impazza e le telefonate rimbalzano tra i big di partito: “Niente?”, “Niente.”, la domanda che tutti ripetono. E con un altro tormentone che sta agitando i partiti: le cosiddette quote rosa.

Una delle convinzione che rimbalza, complice l’ansia crescente, è che Draghi voglia una squadra equilibrata anche dal punto di vista della presenza femminile, “un 50-50”, sostengono diverse voci. E che questo indirizzo possa incidere anche nella scelta sugli ‘innesti’ politici che andranno a far parte del gabinetto del nuovo premier. Una possibilità che manderebbe all’aria i ‘piani’ delle forze in campo, a partire dai dem che contano soprattutto su tre esponenti: Lorenzo Guerini, Dario Franceschini, Andrea Orlando.

Ma anche i 5 Stelle che hanno sulla rampa di lancio Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, mentre sulla presenza di Giuseppe Conte in squadra continua a registrarsi grande incertezza, nonostante il premier uscente, nell’assemblea congiunta dei 5 Stelle, abbia fatto sostanzialmente un passo di lato: potrebbe essere lui il nome giusto per il ministero di Transizione ecologica voluto fortissimamente da Beppe Grillo. In tal caso, per 5 Stelle la favorita potrebbe essere Fabiana Dadone, ex ministra alla P.A. che può contare su un buon seguito nella base parlamentare ma anche nella fiducia dei vertici grillini. Mentre per il Pd il nome giusto potrebbe essere quello di Debora Serracchiani o l’ex ministra Roberta Pinotti.

Apparentemente meno problematica, la questione quote rosa, per gli altri partiti coinvolti. In Fi, infatti, occhi puntati -oltre che su Antonio Tajani- sulle due capigruppo Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, mentre la Lega vanta la carta Giulia Bongiorno da giocare e Iv non fa mistero di volere Teresa Bellanova in squadra. Per i partiti minori l’ex ministra Emma Bonino potrebbe essere la scelta ideale.

Governo, silenzio di Draghi agita i partiti 

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La convinzione, ormai quasi una certezza, è che fino all’ultimo resteranno al buio. Il silenzio del premier incaricato Mario Draghi agita i partiti, ancor più fa tremare i ministri uscenti, soprattutto quelli che confidano di avere ancora qualche chance. “Per ora a noi non risultano telefonate”, assicura un big dei 5 Stelle. Più o meno stesse parole spese dagli esponenti degli altri partiti che si apprestano a prendere parte a una variegata maggioranza. Intanto è arrivato il voto di Rousseau, con il 59,3% dei votanti che ha dato il via libera all’ascesa dell’ex numero uno della Bce verso Palazzo Chigi.

Mezz’ora fa Draghi è arrivato alla Camera, dove ha appreso il risultato del voto della base grillina. La domanda che rimbalza nei palazzi romani è: “Ora Mario che fa?”. Tempi duri per chi vive di politica, anche se l’economista Draghi dimostra di saper maneggiare la materia con estrema destrezza: “La carta di ieri, con l’ok al ministero della transizione ecologica chiesta da Grillo e giocata via associazioni ambientaliste è un colpo da vero maestro”, ragiona un ministro uscente. Il premier incaricato, per ora, continua sulla linea del silenzio, anche sul ‘timing’ della salita al Colle e dell’insediamento vige il massimo riserbo.

Una linea che potrebbe anche cambiare da qui a brevissimo, visto che il risultato del voto della base grillina ha definito più o meno in maniera chiara il perimetro della nuova maggioranza. Per ora però la tensione è palpabile, mentre il totoministri impazza e le telefonate rimbalzano tra i big di partito: “Niente?”, “Niente.”, la domanda che tutti ripetono. E con un altro tormentone che sta agitando i partiti: le cosiddette quote rosa.

Una delle convinzione che rimbalza, complice l’ansia crescente, è che Draghi voglia una squadra equilibrata anche dal punto di vista della presenza femminile, “un 50-50”, sostengono diverse voci. E che questo indirizzo possa incidere anche nella scelta sugli ‘innesti’ politici che andranno a far parte del gabinetto del nuovo premier. Una possibilità che manderebbe all’aria i ‘piani’ delle forze in campo, a partire dai dem che contano soprattutto su tre esponenti: Lorenzo Guerini, Dario Franceschini, Andrea Orlando.

Ma anche i 5 Stelle che hanno sulla rampa di lancio Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, mentre sulla presenza di Giuseppe Conte in squadra continua a registrarsi grande incertezza, nonostante il premier uscente, nell’assemblea congiunta dei 5 Stelle, abbia fatto sostanzialmente un passo di lato: potrebbe essere lui il nome giusto per il ministero di Transizione ecologica voluto fortissimamente da Beppe Grillo. In tal caso, per 5 Stelle la favorita potrebbe essere Fabiana Dadone, ex ministra alla P.A. che può contare su un buon seguito nella base parlamentare ma anche nella fiducia dei vertici grillini. Mentre per il Pd il nome giusto potrebbe essere quello di Debora Serracchiani o l’ex ministra Roberta Pinotti.

Apparentemente meno problematica, la questione quote rosa, per gli altri partiti coinvolti. In Fi, infatti, occhi puntati -oltre che su Antonio Tajani- sulle due capigruppo Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, mentre la Lega vanta la carta Giulia Bongiorno da giocare e Iv non fa mistero di volere Teresa Bellanova in squadra. Per i partiti minori l’ex ministra Emma Bonino potrebbe essere la scelta ideale.

Governo Draghi, Zingaretti: “Squadra sia autorevole e nel rispetto del pluralismo”  

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Il professor Draghi formerà una squadra di governo “alla quale ci atterremo e che sosterremo, ma anche in questo quadro chiediamo una squadra autorevole formata nel rispetto del pluralismo politico e che rispetti la questione di genere”. Lo dice il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, in Direzione.

“Occorre l’unità del partito in ogni passaggio fondamentale”, ammonisce Zingaretti. “L’unità voluta e realizzata con il contributo di tutti ci ha permesso di salvare l’Italia da pericolose avventure – rivendica il segretario – è stata apprezzata da militanti ed elettori ed è stata di conforto per il gruppo dirigente”, spiega il vertice dem sottolineando che “nessun partito ha discusso e coinvolto gli organismi come il nostro, nessuno ha trovato l’unanimità su scelte difficili che abbiamo compiuto”.

“Occorre che tale unità – insiste – sia sostanziale, che non si alluda a contrapposizioni sulla linea. Altrimenti sarebbe utile e giusto esplicitare il dissenso, per trasparenza. Il successo per la formazione di un governo attorno al professor Draghi dipende dall’unità dell’alleanza politica tra Pd, M5S e Leu“, sottolinea.

“Noi non abbiamo bandierine da fissare ma solo quella dell’Italia da sventolare. In queste ore – spiega – ha prevalso in noi, al di là di calcoli politici, una spinta a fare subito ciò che serve all’Italia: fermare la pandemia, vaccinare più persone possibile, investire in sanità, far partire la crescita, fermare la disoccupazione che potrebbe grandemente aumentare con la fine del blocco dei licenziamenti”.

E insiste sulle donne: “Nessuna deve essere lasciata sola, bisogna agire con politiche segnate dalla cultura di genere perché gli effetti della crisi – ricorda Zingaretti – non sono neutri, colpiscono giovani e donne”.

Quindi chiarisce: “Accettiamo questa esperienza particolare legata all’emergenza, faremo di tutto affinché questo passaggio sia utile a rigenerare la politica e i partiti stessi”. Nessun imbarazzo a entrare in un governo Draghi. Noi, rivendica, abbiamo trovato “una sintonia profonda con l’impostazione del professor Draghi. Semmai sarà difficile per altri collocare la loro storia, la loro visione e le loro proposte in questa nuova possibile esperienza ” di governo. “Ho letto in questi giorno: Pd in imbarazzo. Per noi non c’è, altro che imbarazzo”.

Bisogna “avviare, accanto all’azione del governo Draghi – chiede però il leader Pd -, un confronto costituzionale per affrontare i nodi aperti per far funzionare meglio le istituzioni” a partire dalla “legge elettorale di stampo proporzionale”.

Quanto alla presenza della Lega in maggioranza, “noi abbiamo avvertito – sottolinea – che l’estensione della maggioranza può non coincidere con la stabilità e l’efficienza della maggioranza stessa, con lealtà lo abbiamo evidenziato. Ma visto lo spirito dell’appello del presidente Mattarella non abbiamo posto veti. Chiediamo certo che tutto non si risolva solo in qualche capriola verbale sull’Europa e sui valori fondamentali”.

In ogni caso, avverte, “il governo Draghi non sarà una resa della nostra politica e della nostra autonomia. Chi ha aperto la crisi ha voluto anche destrutturare la politica, i partiti e la democrazia rappresentativa. Mi hanno chiesto, non avete paura? No. Di fronte a questi tentativi serve il coraggio non la paura. Le idee e i contenuti”, ha aggiunto Zingaretti.

Governo Draghi, Di Battista: “Curriculum Berlusconi ci impone di dire no” 

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Nuovo affondo di Alessandro Di Battista, mentre sulla piattaforma Rousseau è in corso la votazione della base M5S sul sostegno al governo Draghi. “Da Dell’Utri a Bontate: il curriculum di Berlusconi ci impone di dire No al nuovo governo“, tuona l’ex deputato 5 Stelle nel titolo del suo intervento su ‘Tpi.it’, la testata online per la quale collabora.

In un lunghissimo articolo, l’ex deputato romano ripercorre le tappe di diverse questioni giudiziarie che hanno visto coinvolto il Cavaliere ma anche Marcello Dell’Utri. “Viviamo in una crisi. Crisi pandemica, economica. Anche una crisi etica. Il miglior vaccino per la crisi etica è la memoria – scrive dunque Di Battista tirando le somme del suo ragionamento – Le imprese chiudono e molti imprenditori si affidano all’usura, ovvero ad una delle armi in mano alle cosche. Quelle cosche, queste cosche”.

Non è accettabile dividere questioni economiche da questioni morali. Perché nella nostra Italia vi sono stati esempi virtuosi. Imprenditori che non hanno chiuso solo per scelte politiche sbagliate o per la sistematica distruzione della classe media della quale, molti neo-salvatori, sono stati artefici. No. Hanno chiuso perché sono stati assassinati per essersi opposti al pizzo. E l’hanno fatto mentre un imprenditore che oggi viene ricevuto con tutti gli onori nelle stanze del potere romano non ha fatto altro che pagare, pagare e ancora pagare. Ed oggi rischia di tornare al governo del Paese”, conclude con un’ultima stoccata.

Governo, il sondaggio: a vigilia esecutivo Draghi ‘peso’ partiti non cambia 

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“Nella trasmissione di oggi di Porta a porta Alessandra Ghisleri di Euromedia Research presenta il sondaggio sulle intenzioni di voto alla vigilia della formazione del governo Draghi. Per Porta a porta, Ghisleri ha continuato a testare tre scenari di voto: la situazione attuale, lo scenario in cui in campo si presenterebbe il partito del premier Conte ed un terzo scenario in cui Conte fosse il leader del partito dei 5stelle”. Si legge in una nota.

Nelle tre ipotesi testate il centrodestra distacca l’area di centrosinistra: M5S, PD, LEU, senza IV con il 47.2% contro 36.7% nella situazione attuale; 45,7% contro il 38.1% nel caso in cui Conte formi il suo partito e 46.6% contro 37.5% con Conte alla guida dei 5Stelle. Per quanto riguarda le intenzioni di voto, alla vigilia del governo Draghi, le percentuali dei partiti non subiscono grandi variazioni. “La Lega di Salvini, nelle intenzioni di voto, varia dal 22.8 al 22.1% nelle tre ipotesi. Il Pd nella situazione attuale otterrebbe 19.5% scenderebbe al 12.4% nella seconda ipotesi con Conte capo di un suo partito e si attesterebbe al 15% nel caso i 5Stelle fossero guidati da Conte”.

“Il M5S, secondo il campione di Euromedia Research, avrebbe il 14.7% nel panorama elettorale attuale; scenderebbe al 10.7% con Conte alla guida di un suo partito e, nella terza ipotesi, se l’attuale Premier guidasse il Movimento voluto da Grillo salirebbe al 20%. Se Conte presentasse oggi alle elezioni il suo partito, la sua formazione politica otterrebbe il 12.4%. Forza Italia oscilla d tra l’8.2 e il 7.5% con il valore più basso nel caso Conte si presenti alle elezioni con una sua forza politica. Italia Viva di Renzi avrebbe tra il 3.5 e il 3.4% Calenda con Azione è valutato tra il 3.6 e il 3.1%; la Bonino con +Europa tra il 2.4 e il 2%. LEU oscilla tra il 3.3% e il 2.5%”.