Smart working, Brunetta chiarisce: “Parole del giugno scorso”

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Il neoministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, precisa quanto affermato sulla fine dello smartworking per tutti i dipendenti pubblici e il rientro in ufficio. “Il contenuto pubblicato nella sedicente intervista si riferisce ad un mio intervento a Tgcom24 in data 22 giugno dello scorso anno, periodo nel quale sembrava che la pandemia fosse in via di superamento, con il ritorno auspicato alla normalità”, chiarisce aggiungendo: “Quindi, io non ho rilasciato alcuna intervista, a nessuno, come doveroso riserbo, in attesa del discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere del prossimo mercoledì al Senato e giovedì alla Camera, con conseguente dibattito parlamentare e voto di fiducia. Sono sconcertato e dispiaciuto. Dal momento del giuramento, io non ho rilasciato alcuna intervista, né scritto alcun articolo. Nulla”.

“Mi chiedo: chi ha interesse ad avvelenare i pozzi? Chi vuole mettere già i bastoni tra le ruote a questo governo? Chi ha interesse a giocare con gli equivoci”, ha poi aggiunto.

Casalino a Otto e Mezzo: cosa ha detto su Draghi, Conte, Renzi e Di Battista

(Adnkronos)

Mario Draghi “persona di alto profilo”, Giuseppe Conte “diverso da tutti gli altri leader”, Alessandro Di Battista “un amico a cui chiedo di riflettere”, Matteo Renzi autore di attacchi che valgono “una medaglia”. Rocco Casalino, portavoce dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, risponde alle domande di Lilli Gruber a Otto e mezzo. “Il presidente Draghi è una persona di alto profilo che deve affrontare una situazione non facile, e per il bene dell’Italia gli voglio fare gli auguri. Il governo è sostenuto da una maggioranza molto variegata, spero non troppo litigiosa, visto quello che negli ultimi giorni sta venendo un po’ fuori. Io gli consiglierei di parlare di più, perché il suo silenzio può essere un problema, facendo venire fuori un’immagine litigiosa del governo: ogni forza politica infatti cerca di smarcarsi dagli altri. Se Draghi comunicasse di più, toglierebbe spazio agli altri leader politici”, dice Casalino.

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Cosa farà l’ex premier Conte? “Non sarebbe male se ci fosse un intreccio tra il M5S e Conte, è una mia opinione. Gliel’ho detto? Sì, con una certa insistenza. E’ uscito da Palazzo Chigi due giorni fa, ho visto una commozione che a detta dei commessi non c’era stata in passato. Conte ha questo dono, arriva al cuore delle persone. Conte ha alcune peculiarità che lo rendono diverso da tutti i gli altri leader. Non credo che gli italiani lo dimenticheranno presto, ma penso che debba decidere presto cosa fare. Ma lui invece ha le sue strategie e credo che adesso torni a Firenze a insegnare”, aggiunge. “Non so cosa farà lui in futuro. Non riesco ad immaginare che il paese debba fare a meno di una personalità straordinaria come Conte. Sulla leadership dei 5 Stelle -aggiunge Casalino- può esserci una discussione tra Conte o Di Maio ma non so cosa voglia fare Conte. Io vorrei ci fosse un intreccio, che abbia un ruolo nel Movimento, ma è presto per dire quale. Ma non so cosa farà lui. Credo che l’Italia abbia bisogno di una personalità come la sua e mi auguro che quello che è stato fatto non sia smontato”.

Il Movimento 5 Stelle vive “un momento molto difficile. Ognuno di noi ha ricevuto tantissimo, adesso è il momento in cui tutti dobbiamo dare una mano. Mi appello alle coscienze di ognuno e dico di non andare via. Anche a Di Battista, che è un amico, chiedo di riflettere. Non è il momento di abbandonare ma quello di rimanere, perché il Movimento ha una prospettiva molto più lunga del governo Draghi“.

Capitolo Matteo Renzi: “Io ho ricevuto attacchi incredibili, specialmente nell’ultimo periodo. Trovo brutto che mi attacchi un ex presidente del Consiglio o altri leader politici, da una posizione di maggiore rilevanza della mia e senza che io potessi rispondere visto il ruolo che ricoprivo. Posso dire una verità? Essere attaccato da Renzi per me è una medaglia al valore. Se avessi ucciso qualcuno 20 anni fa avrei già scontato la pena. Ho partecipato 20 anni fa al Grande Fratello, pare che sia un marchio indelebile e che io abbia fatto solo quella roba lì. Non ci posso fare nulla”.

Governo Draghi, Boldrini: “In Pd potere questione per soli uomini”

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“Nel Pd la gestione del potere viene considerata una questione per soli uomini e in questa occasione il partito si è dimostrato per quello che è: un partito che non mette l’uguaglianza di genere tra le sue priorità. Non fa parte della cultura di questo partito. Basta vedere i candidati alle regionali. Ora vedremo come andrà con le amministrative…”. Così Laura Boldrini all’Adnkronos. La ex presidente della Camera ha seguito oggi la riunione via remoto delle donne dem -dopo la rivolta per la delegazione dem di governo tutta al maschile- che è stata riaggiornata a domani.

“C’erano molti interventi e anche io interverrò domani. Qui noi siamo di fronte a uno scollamento dalla realtà: da una parte i documenti, gli odg, le iniziative, i materiali e poi niente di tutto questo si concretizza. E questo stride se messo a confronto con i partiti progressisti degli altri Paesi europei. Prendiamo la Spagna, paese latino come il nostro: al governo ci sono 6 ministri uomini e 11 donne. In Francia sono pari. Ma in Italia ancora il Pd non ha capito che questo è un tema imprescindibile anche in termini di consenso”.

E quindi che cosa si propone? “Intanto occorre la compattezza delle donne, innanzitutto. I posti si devono ottenere combattendo e non per cooptazione. Ma serve anche uno sforzo culturale di questo partito: l’uguaglianza di genere deve essere una priorità. A partire dal vicesegretario. Ma sarebbe bene che” una dualità di genere “ci fosse per ogni incarico: un uomo e una donna per ogni incarico sul modello dei Verdi europei. Le proposte ci sono. Il punto è che così non si può andare avanti e quello che è accaduto non può essere derubricato come una cosa marginale”.

Forza Italia, tre deputati lasciano e vanno con Toti

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Forza Italia perde tre deputati: il torinese Osvaldo Napoli, berlusconiano della prima ora e parlamentare di lungo corso, Daniela Ruffino e Guido Della Frera. Tutti e tre passeranno con Giovanni Toti per dar vita alla componente ‘Cambiamo’ del gruppo Misto alla Camera con 8 parlamentari. Raccontano che si tratta di un primo passo per la creazione di un nuovo contenitore politico, di stampo centrista, che va oltre Forza Italia e, forse, lo stesso perimetro del centrodestra.

”L’obiettivo finale è la creazione di un nuovo grande centro moderato, di cui noi vogliamo essere protagonisti”, dice all’Adnkronos l’ormai ex azzurro Napoli, che non aggiunge altro ma lascia intendere che il progetto politico è aperto a chi ci sta. Secondo i rumor, infatti, la nuova componente guarda al centro dello schieramento politico, anche in vista della nuova legge proporzionale che dovrebbe essere discussa in Parlamento. Nessuno lo può dire ora apertamente, ma in prospettiva, a quanto si apprende, grazie alla logica proporzionale, oggi è stato gettato solo l’amo: l’obiettivo è coinvolgere chiunque sia interessato a un ”grande partito di centro”: da Azione di Carlo Calenda a Iv di Matteo Renzi, dall’Udc a ‘Più Europa’.

Fanno parte della ‘componente’ di Montecitorio di ‘Cambiamo’: oltre ai parlamentari totiani Manuela Gagliardi, Stefano Benigni, Alessandro Sorte, Giorgio Silli e Claudio Pedrazzini, ci sono Gianluca Rospi e Fabiola Bologna di ‘Popolo Protagonista’ e i tre azzurri arrivati oggi, Napoli, Ruffino e Della Frera. Domani alle 18 Toti ufficializzerà alla stampa la nascita della ‘componente’.

Governo Draghi, tra conferme e new entry è corsa ai sottosegretari

(Adnkronos)

Il governo Draghi non ha ancora ottenuto la fiducia del Parlamento e già è partita la corsa ai sottosegretari e viceministri. Sui tempi si parla del fine settimana o al massimo primi della prossima. Raccontano che Dario Franceschini avrebbe sottolineato nel primo Cdm con Draghi l’esigenza difare presto per far ripartire subito i lavori in commissione. Ma sulla composizione, al momento, sono più i rumors e i desiderata che le certezze. Diversamente dalla composizione della squadra di governo, per viceministri e sottosegretari ci sarà più spazio per le indicazioni dei partiti. Ma le stesse forze politiche, a quanto si apprende, non hanno ancora chiaro quale sarà lo schema. I posti a disposizione meno di 40 e a seconda dello schema di gioco le cose cambiano. Ci sarà o no una quota Draghi? Qualche personalità di fiducia del premier in ministeri chiave? Oppure sarà un ‘sottogoverno’ tutto politico? E poi con quali pesi? Ci sarà una distribuzione secondo il metodo Cencelli? Domande che attraversano la forze politiche alle quali ancora non c’è una risposta definitiva. Di certo, in uno schema di maggioranza allargata chi vedrà ridotte le postazioni – per far spazio a Lega, Forza Italia e anche ‘cespugli’ centristi – sono ovviamente i partiti della ex-maggioranza giallorossa: M5S e Pd.

Per dire, se fosse rispettato il criterio del peso parlamentare, i dem vedrebbero sfoltita la delegazione di ‘sottogoverno’ che nel Conte 2 contava ben 17 tra sottosegretari e viceministri. Un’eventualità che complica le cose visto che nel Pd la partita si intreccia anche con la rivolta delle donne dem dopo la nomina dei 3 ministri uomini nonché punti di riferimenti rispettive componenti del partito. Nicola Zingaretti ha promesso di ‘rimediare’ nel completamento della squadra di governo. Ma l’impresa appunto si prospetta non semplicissima tra riequilibrio di genere, necessità di confermare qualche uscente e magari meno posti a disposizione. Nel Conte 2 le donne dem nel ‘sottogoverno’ erano 7 e tra queste 2 viceministro. Le uscenti potrebbero essere riconfermate: Simona Malpezzi (Rapporti con il Parlamento), Marina Sereni (Esteri), Alessia Morani (Mise), Francesca Puglisi (Lavoro) Anna Ascani (Scuola), Lorenza Bonaccorsi (Cultura) e Sandra Zampa (Salute). Alcune ‘promosse’ e magari ottenere deleghe non ancora assegnate come quella della Sport. Qualche altro innesto femminile potrebbe esserci. Magari Roberta Pinotti o Debora Serracchiani, anche se non è escluso che quest’ultima (già vicepresidente dell’assemblea dem) possa prendere il posto di Andrea Orlando come vicesegretaria del Pd. Incarico che Cecilia D’Elia, presidente della conferenza delle donne dem, ha chiesto venga rimesso in discussione visto il passaggio di Orlando al governo e dato ad una donna.

Poi ci sono alcune caselle che i dem potrebbero avere interesse a confermare come Antonio Misiani all’Economia (a maggior ragione ora che il Mef è guidato dal tecnico Franco) o Matteo Mauri all’Interno. Sul Viminale soffia il vento leghista e togliere Mauri – tra gli artefici del nuovo decreto immigrazione, quello che ha cancellato i decreti Salvini – potrebbe essere visto come un ‘cedimento’ al leader del Carroccio, si fa notare. Se invece dovesse prevelare il tema del riequilibrio di genere, dopo il caso dei ministri uomini, per il Mef si fa il nome di Marianna Madia. Un possibile avvicendamento potrebbe esserci alla Giustizia e si fa il nome di Valeria Valente che non solo è donna, ma è anche campana. In un governo a trazione nordista, potrebbe esserci maggiore spazio per rappresentanti del Sud nella squadra del sottogoverno. Tuttavia anche nel caso del ministero di via Arenula resta comunque in pole l’uscente sottosegretario Andrea Giorgis, assai stimato e vicino ad Andrea Orlando. Sembra infine difficile che il Pd possa tenere l’editoria che nel Conte 2 era competenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Andrea Martella.

Nel M5S la partita del ‘sotto governo’ si intreccia con quella interna al partito, sull’orlo della scissione. Il rischio che le nomine possano agitare ancor più le acque del Movimento preoccupa i vertici, ma subito dopo la fiducia delle Camere si dovrà procedere, quindi la questione non è rinviabile. Tra le caselle più importanti, c’è quella al ministero dell’Economia, che vede in pole Laura Caselli, che in questo caso metterebbe a segno la sua terza conferma. Ma una posizione che fa gola ai pentastellati è anche quella da sottosegretario o viceministro al super dicastero ‘green’ voluto da Beppe Grillo: per la figura da affiancare a Roberto Cingolani – nome suggerito a Draghi dallo stesso fondatore del M5S- tutti gli indizi portano a Stefano Buffagni, volto storico del Movimento e vicino a tutti i nomi che contano. Le fibrillazioni interne al M5S, con gli attivisti siciliani sul piede di guerra e la richiesta agli eletti sull’isola di non votare la fiducia a Draghi, potrebbero far avanzare la nomina dell’ex viceministro Giancarlo Cancelleri, che potrebbe essere confermato ai Trasporti ma che potrebbe spostarsi anche al dicastero del Sud, con un peso specifico di gran lunga minore. All’Interno potrebbe essere confermato Carlo Sibilia, mentre l’attuale capo politico Vito Crimi potrebbe spostarsi in via Arenula, al dicastero della Giustizia che fu di Alfonso Bonafede. Pierpaolo Sileri potrebbe restare con Roberto Speranza alla Salute, per la Scuola ‘scalpita’, stando almeno ai rumors interni, Luigi Gallo, ma potrebbe spuntarla anche l’ex sottosegretario alla Cultura nel primo governo Conte Gianluca Vacca. Il vice capogruppo al Senato Andrea Cioffi, tra i riottosi al governo Draghi, potrebbe andare al ministero dello Sviluppo economico guidato da Giancarlo Giorgetti, anche nel tentativo disperato di frenare il dissenso interno. Non è da escludere poi qualche new entry: tra i nomi che rimbalzano c’è quello di Luca Carabetta, giovane deputato tra i nomi indicati da Capital tra gli under 40 più impegnati per un futuro migliore. Per lui potrebbe aprirsi uno spazio al ministero dell’Innovazione tecnologica e la transizione digitale capitanato da Vittorio Colao.

Ma passiamo alle new entry di governo. A parte Lega e Fi, ritornate in maggioranza con la formula dell’unità nazionale (tranne Fdi, rimasta all’opposizione), potrebbe esserci un incarico anche per un rappresentante dei cosiddetti ‘piccoli’ della coalizione guidata da Matteo Salvini, ovvero le forze centriste Udc, Noi per l’Italia e Cambiamo di Giovanni Toti. Raccontano che dovrebbe valere la regola secondo la quale i partiti che nei ministeri avevano due rappresentanti di sottogoverno, dovranno cederne uno ai nuovi partner Lega e Forza Italia, appunto. Per ora girano solo indiscrezioni e non è escluso che Draghi, come per la lista dei ministri, imporrà la massima riservatezza sulle trattative in corso.

Intanto nella Lega, c’è chi, pungolato dalla stampa, è già uscito allo scoperto, come il deputato Claudio Durigon, coordinatore del Lazio (“Non so se farò il sottosegretario e sarei onorato di poter stare in questo governo”) e chi si è subito tirato fuori, preferendo conservare il ruolo assegnatogli dal partito, come Gian Marco Centinaio: “Io con Draghi? No grazie, continuo a dare una mano al partito come capo Dipartimento per l’Agricoltura e il Turismo”. Secondo gli ultimi rumors, papabile per l’upgrade sarebbe, tra gli altri, il senatore Stefano Candiani, ex coordinatore del partito in Sicilia (per lui si parla del Viminale), che sarebbe favorito rispetto a Nicola Molteni, che ha già ricoperto quel ruolo. In campo per un posto di sottosegretario con le neo ministra azzurra del Sud, Mara Carfagna, il senatore Guglielmo Pepe, attuale capo del Dipartimento per il Sud della Lega. Lucia Borgonzoni, invece, potrebbe tornare ai Beni culturali con Dario Franceschini. Per Giulia Bongiorno qualcuno ipotizza l’arrivo a Largo Arenula come viceministro del Guardagilli tecnico, Marta Cartabia.

In casa Fi c’è fermento. Tanti i pretendenti che vorrebbero entrare al governo. Qualcuno si autocandida, qualcun altro fa finta di nulla ma sotto sotto spera nella promozione. Di certo, Antonio Tajani, fresco coordinatore nazionale unico, avrà l’arduo compito di non scontentare nessuno: in primis gli toccherà ‘ricompensare’ i senatori azzurri che si sono sentiti penalizzati da Draghi che ha pescato i tre ministri forzisti alla Camera, Carfagna-Gelmini-Brunetta. Il senatore Francesco Battistoni, commissario regionale nelle Marche, vicino a Tajani, viene indicato come papabile sottosegretario o viceministro all’Agricoltura, mentre circola il nome del deputato Andrea Mandelli, fedelissimo di Silvio Berlusconi (era una presenza fissa agli incontri a Villa Gernetto con il mondo dell’imprenditoria e delle libere professioni) e presidente dell’Ordine nazionale dei farmacisti, per un incarico al ministero della Salute. Per un sottosegretariato allo Sport, sarebbero tre in lizza tre deputati: Cosimo Sibilia, presidente della Lega dilettanti; lo schermidore olimpico Marco Marin; il presidente della Fin, Paolo Barelli. Papabile come sottosegretario alla Giustizia ci sarebbe il deputato e responsabile Giustizia e Affari costituzionali di Forza Italia Francesco Paolo Sisto.

Per quanto riguarda Italia Viva ‘cenerentola’ nei pesi della squadra di governo (“Si sono vendicati così…”, dicono parlando degli ex-alleati del Conte 2), i renziani si aspettano almeno 2 o 3 posti nel sottogoverno. E nei desiderata ci sarebbero i ministeri economici. Con Luigi Marattin in pole che però è già presidente della Finanze alla Camera. Per la Giustizia si fanno i nomi di Gennaro Migliore e Lucia Annibali. Per le politiche agricole il siciliano Francesco Scoma che ‘libererebbe’ un posto da segretario d’aula. Resta alla vicepresidenza della Camera, Ettore Rosato. Leu potrebbe puntare alla riconferma di Cecilia Guerra al Mef.

Fi, Berlusconi lancia Tajani coordinatore con Bernini vice

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Un coordinatore unico con il compito di interloquire con il governo Draghi. Silvio Berlusconi prova a ricompattare Forza Italia affidando al numero due del partito, Antonio Tajani, un ruolo di primo piano. Ufficialmente gli consegna le ‘chiavi’ del Movimento sul piano operativo in un momento politico delicato, che vede l’Italia alle prese con un’emergenza pandemica senza precedenti e proprio quando Fi ‘ritorna’ a palazzo Chigi (con tre ministri del fronte moderato e anti-sovranista) in una maggioranza atipica di unità nazionale con la Lega e il blocco giallorosso M5S-Pd-Leu. Di fatto, però, il partito resta nelle mani del suo fondatore leader e presidente, che già in passato si è fatto affiancare dalla figura di un coordinatore, dalle fortune alterne, come insegna la più che ventennale storia azzurra, iniziata nel ’94.

‘Vice’ di Tajani è la capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini, data in pole come ministro di ‘Super Mario’ fino all’ultimo momento e poi rimasta fuori dalla partita. Senatore è anche il nuovo responsabile del Dipartimento economia di Fi al posto di Brunetta: si tratta di Massimo Ferro. Licia Ronzulli, fedelissima di Arcore e anche lei eletta a palazzo Madama, diventa, invece, responsabile per i rapporti con gli alleati, con delega a coordinare, su indicazione del Cav, le strategie comuni agli altri partiti della coalizione di centrodestra per le iniziative e per il programma. Un ruolo, che di fatto, Ronzulli già esercitava e ora viene formalizzato.

La raffica di nomine, soprattutto tra i senatori, che per molti suonano come una ‘ricompensa’ e una sorta di riequilibrio dopo la promozione di tre deputati a ministro (Gelmini-Carfagna-Brunetta), raccontano, è stata decisa oggi durante un pranzo di lavoro ad Arcore, dove Berlusconi ha voluto ridisegnare la geografia interna del partito, provando a ricompattare una Fi sempre più dilaniata dalla lotta tra sovranisti e moderati, tra filosalviniani e centristi di rito lettiano, ma anche tra chi semplicemente pensa al ‘dopo Silvio’ e chi, invece, vuole smarcarsi da un centrodestra a trazione Salvini-Meloni.

Con questa mossa Berlusconi col pretesto di riempire le caselle lasciate vuote da Gelmini-Brunetta, cerca di mettere la sordina ai maldipancia di palazzo Madama e di ‘risarcire’ Bernini, ma nello stesso tempo rinnova la fiducia a Tajani, uno dei fondatori del movimento, blindandolo”, dice a mezza bocca un big azzurro. Ora in tanti si chiedono che valore politico avrà il cosiddetto direttorio a 14, il Coordinamento nazionale di presidenza, massimo organo direttivo, che vede tra i suoi componenti lo stesso Tajani, Gelmini e Brunetta.

Scajola a Tajani: “Resetta tutto e riparti”

“Deve riprendere il contatto con il territorio e resettare…”. Claudio Scajola è stato coordinatore della cosiddetta ‘traversata del deserto’ post ’96 di Forza Italia. Memore di quegli anni, l’ex ministro dell’Interno suggerisce Tajani,: ”Gli do un consiglio non richiesto: ripartire dal territorio. E poi serve nominare nuovi dirigenti ovunque, con una selezione accurata”. Scajola spiega all’Adnkronos che Tajani deve ”resettare” tutto e ripartire e gli dà un ultimo ”consiglio pratico”: “dedicare tutto se stesso al nuovo impegno, perché davanti c’è un mare che si apre…”.

Tre deputati dicono addio a Fi, pronti a passare con ‘Cambiamo’ di Toti

Tre deputati di Forza Italia dicono addio a Silvio Berlusconi. Nelle prossime ore aderiranno al gruppo Misto della Camera, me il loro approdo, apprende l’Adnkronos, sarà ‘Cambiamo’, il movimento fondato da Giovanni Toti.