Cotton fioc al terzo posto nella top ten del Beach Litter  

Cotton fioc al terzo posto nella top ten del Beach Litter

(Goletta dei laghi)

Pubblicato il: 17/12/2018 12:54

Sono al terzo posto della top ten dei rifiuti spiaggiati stilata da Legambiente nell’indagine Beach Litter 2018. Si tratta dei cotton fioc, con una percentuale del 7,8% su tutti i rifiuti trovati: ogni 2 metri di sabbia l’associazione ha rinvenuto un bastoncino per la pulizia delle orecchie. Più numerosi solo i pezzi di plastica tra i 2,5 e i 50 cm e tappi e anelli, sempre di plastica.

In generale la situazione descritta dall’associazione ambientalista, che ha monitorato 78 spiagge, per un totale di oltre 400mila metri quadri, è critica, con una media di 620 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia. E di questi l’80% è rappresentato da rifiuti in plastica, seguita da vetro/ceramica (7,4%), metallo (3,7%) e carta/cartone (3,4%). I rifiuti usa e getta in plastica (o con vita breve) sono il 42% del totale.

Anche l’Enea ha condotto indagini sugli arenili per studiare l’inquinamento da plastiche e microplastiche. “Facendo la media del numero di cotton fioc rinvenuti lungo le spiagge italiane e rapportandolo all’estensione dei litorali italiani abbiamo stimato in circa 100 milioni il numero di cotton fioc presenti lungo le coste italiane. E’ necessario aggiungere che i cotton fioc (fatti di polipropilene) si degradano formando numerose microplastiche”, spiega all’Adnkronos il ricercatore Enea Loris Pietrelli del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali.

Quali le cause di tanta spazzatura sui nostri lidi? “Non esiste una sirena dispettosa che si diverte a gettare rifiuti in mare, la causa principale della diffusione della plastica è da attribuire alla cattiva gestione dei rifiuti solidi urbani e alla diseducazione delle persone. Sarebbe necessario dare una maggiore informazione per aumentare la sensibilità delle persone verso i temi ambientali. Una corretta informazione sul valore della plastica e sulla possibilità di riciclo, è necessario spezzare questo legame: plastica=inquinamento”, chiarisce Pietrelli.

DEGRADAZIONE – I tempi di degradazione di molti materiali dispersi nell’ambiente sono poi incredibilmente lunghi. Le stime che circolano sono “10-30 anni per i cotton fioc, 4-500 anni per le bottiglie di pet, 60-150 anni per gli shopper, più di 500 per polistirolo e tessuti sintetici”, spiega Pietrelli. “I polimeri anche se con tempi lunghi si degradano, soprattutto se esposti continuamente al sole (raggi UV), all’aria (ossigeno), al calore e alle sollecitazioni meccaniche (abrasioni sulla sabbia che facilita il distacco di microplastiche)”, continua l’esperto.

Poi chiarisce: “Non è facile determinare con esattezza i tempi di degradazione dei vari oggetti, soprattutto se di plastica, perché la degradazione è fortemente correlata alle condizioni in cui sono tenuti i materiali che oltretutto sono anche diversi fra loro. Ad esempio il polietilene a bassa densità (le buste di plastica per intenderci) si degrada molto più velocemente del polietilene ad alta densità (alcuni contenitori per alimenti o per detersivi). Si tratta dello stesso polimero ma con caratteristiche meccaniche differenti”.

MICROPLASTICHE – C’è poi il problema delle microplastiche, presenti in alcuni prodotti o formatesi dalla frammentazione di plastiche di grandi dimensioni, e della loro dispersione nell’ambiente.

“Date le ridotte dimensioni, i problemi associati alla diffusione delle microplastiche sono irrisolvibili – avverte il ricercatore – Stiamo analizzando i campioni presi nel Mediterraneo durante lo svolgimento di un programma internazionale ed in alcuni casi abbiamo la presenza di oltre un milione di microplastiche (<5mm) per kmq soprattutto nelle aree dove si ha la convergenza di più correnti marine. Anche nei laghi italiani purtroppo abbiamo rilevato grosse quantità di microplastiche, nell’ambito del programma svolto con Goletta dei laghi di Legambiente abbiamo individuato aree con oltre 500mila microplastiche per kmq”.