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Pubblicato il: 17/12/2018 13:02
“Saremo I Democratici”. La proposta è di Maurizio Martina: un cambio di nome per il Pd. Un nome, però, che la politica italiana ha già conosciuto. Era il 27 febbraio 1999 quando Romano Prodi fondò I Democratici con il simbolo dell’Asinello. Con il Professore c’era Arturo Parisi che, qualche mese dopo la nascita del movimento, ne divenne presidente dopo la nomina di Prodi alla guida della commissione Ue. “E’ una storia lontana. Fra qualche mese saranno vent’anni…”, dice Parisi all’Adnkronos.
Una “storia lontana”, ma soprattutto la storia di un obiettivo inseguito per anni: la costruzione del Partito democratico. “Da ‘i Democratici’ al Pd. Una dura infinita battaglia -ricorda Parisi- il cui primo passo fu la riforma introdotta dalla legge elettorale maggioritaria. Si tratta ora di riavvolgere il nastro per ritornare dal Pd a ‘i Democratici’ e alla democrazia maggioritaria? Il viaggio di andata non fu una passeggiata. E anche il viaggio di ritorno non lo sarebbe…”.
“Ma quello che conta è l’approdo finale. Non è questione di nomi ma di quello che ci sta dietro e soprattutto di quello che ci sta avanti, qual è la sua origine e il suo obiettivo”, osserva Parisi. Ma ‘cedereste’ il nome ‘I Democratici’ a Martina se, da segretario dem, confermerà “il passaggio dal Pd a I democratici italiani” come ha detto nei giorni scorsi in un’intervista? “Né io né altri potrebbero immaginare di sequestrare il nome ‘democratico’. Né al singolare e neppure al plurale. Vedo peraltro che Martina vorrebbe associare all’aggettivo sostantivato de ‘I democratici’ la specificazione di ‘italiani'”.
Ne ‘I Democratici’ fondato vent’anni fa c’erano il Movimento per l’Ulivo, Italia dei Valori, i sindaci che avevano dato vita a Centocittà, la Rete e l’Unione Democratica. “Ci chiamammo al plurale perché eravamo plurali” ma, ricorda Parisi, “uniti dalla reazione al trauma aperto dalla caduta del governo Prodi e dalla sua sostituzione col Governo D’Alema a partire dall’accettazione della pregiudiziale dello scioglimento dell’Ulivo imposta da Cossiga e subita concordemente da tutti i partiti che nell’Ulivo si erano incontrati anche non tutti o totalmente riconosciuti”. E “non ci chiamammo partito perché rifiutavamo di esaurire da soli l’unico partito al quale meritava di dare vita dentro la nuova forma della nostra democrazia: il Partito Democratico”.
“Da presidente il primo mio gesto fu quello di proporre innanzitutto ai Ds, riuniti a congresso sotto la guida di Veltroni, di condividere la prospettiva di fondare appunto il Pd sciogliendo le rispettive formazioni. Mi fu risposto che ancorché ‘di sinistra’ ‘i democratici’ esistevano già. Non ci restava che accomodarci. Il resto è noto: una dura battaglia anche se sempre nella stessa direzione. La formazione di ‘Democrazia è Libertà’ come tappa intermedia verso il Pd. La riproposizione ai Ds di scioglierci entrambi per consentire la nascita del Pd. E infine la fondazione del Pd con l’elezione di Veltroni come suo primo Segretario. Da ‘I Democratici’ al Pd. Una dura infinita battaglia”.
“Lo dico ancora dolorante pensando ai 18 anni di marcia aperti dal primo referendum del 1991 fino alla fondazione del Pd. Ma di ogni passaggio, e furono tanti, il senso era cercato partendo da quello che pensavamo come approdo finale”. E sulla proposta Martina di ‘riavvolgere il nastro’, conclude: “Anche il viaggio di ritorno non sarebbe una passeggiata. Ma quello che conta è l’approdo finale: l’unico che può dare un senso a una impresa di queste dimensioni. E prima ancora la risposta su cosa non ha funzionato nel viaggio di andata”.