(Fotogramma /Ipa)
Pubblicato il: 19/12/2018 07:13
La Rai, azienda centauro, pubblica e privata al contempo, non può che essere sempre sotto la lente di ingrandimento. E così anche i rompicapo dell’amministratore delegato escono dalla sua stanza e diventano affare comune. Al momento l’ad Fabrizio Salini ne ha diversi da sciogliere con 8 ex dirigenti di prima fascia e 6 vicedirettori da ricollocare. Niente di nuovo. La Rai è da sempre un piatto ghiotto per la politica che lo farcisce di novità ad ogni tornata elettorale e conseguenti cambi ai vertici. E così ogni numero uno di Viale Mazzini si ritrova il suo bel sudoku da risolvere. Le cose sembrano procedere nello schema consueto, anche se – va detto – per qualcuno già si sta profilando una ricollocazione. Le caselle ‘quasi’ vuote non mancano, a cominciare da quella di Rai Quirinale occupata dalla pensionanda Mariolina Sattanino.
Detto questo, da quando ci sono state le ultime nomine di direttori e vicedirettori di reti e testate e considerando anche le code lasciate dai vertici precedenti, il costo in termini di professionisti in panchina è l’equivalente di 8 direttori (con relativi compensi che superano i 200mila euro) e 6 vicedirettori (il cui compenso gira intorno ai 120mila) che ad oggi non hanno un incarico e, quindi, non sono operativi. A tal proposito è bene ricordare che, in generale, gli accordi Rai-Usigrai scritti nero su bianco nel contratto integrativo prevedono espressamente che sia gli uni sia gli altri debbano ricevere una proposta entro quaranta giorni dalla rimozione dall’incarico. Per alcuni i 40 giorni sono passati, per altri no.
Vediamo in dettaglio di chi si tratta. Fra gli otto ex direttori vi sono sei giornalisti (dei quali 5 hanno la qualifica di caporedattore e 1 di vicedirettore) e due dirigenti. Tra i giornalisti Gianni Scipione Rossi, ex direttore di Rai Parlamento, è alle dirette dipendenze dell’ad Rai dal 1° settembre 2016, da quando cioè fu nominata direttore al suo posto Nicoletta Manzione che ora – la ruota della politica gira – condivide con Rossi la maglietta della riserva. Poi c’è Mario Orfeo, ex direttore generale, ‘appeso’ anche lui. E ancora, l’ex presidente Monica Maggioni, l’ex direttore del Tg1 Andrea Montanari e l’ex direttore del Tg2 Ida Colucci. I dirigenti ‘parcheggiati’ da poco sono l’ex direttore di Ra1 Angelo Teodoli e l’ex direttore di Rai2 Andrea Fabiano. Ma non è finita qui.
Dopo le nomine dei vicedirettori di testata del 13 dicembre scorso, il punto interrogativo sul futuro incarico pende anche sull’ex vicedirettore del Tg1 Raffaele Genah, sugli ex vicedirettori del Tg2 Giovanni Alibrandi, Stefano Marroni, Rocco Tolfa e sugli ex vicedirettori del Giornale Radio Mario Prignano e Bruno Ruffolo.
Ricollocare i vicedirettori, spiegano in Viale Mazzini, è comunque un gioco da ragazzi rispetto ai direttori. E sembra peraltro che fra le caselle libere a breve, anche se in questo caso si tratta di rete e non di testata, ci sarà quella del vicedirettore di Rai3 Alessandro Lostia, assunto in Rai a tempo determinato secondo l’articolo della legge di riforma targata Renzi (si tratta dell’articolo 3 della legge 220 del 2015 richiamata dall’articolo 37 dello Statuto entrato in vigore a gennaio 2016) che consente all’ad di assumere il 5% dei dirigenti esistenti come vuole stabilendo, però, che tali incarichi cessino “decorsi sessanta giorni dalla scadenza del mandato dell’amministratore delegato”.
Facile o difficile che sia questa partita delle ricollocazioni, ha senso considerare l’eventualità che i nuovi piani, sia editoriale che industriale, comportino cambiamenti tali da incidere su tutto questo, visto che sia per l’uno che per l’altro si porrà il tema dei numeri dei canali e del numero delle testate. Nota a margine del rebus in corso: nel 2010 sono entrate in gioco norme contrattuali Rai-Usigrai, diverse da quelle del contratto nazionale, secondo le quali le figure di direttore e vicedirettore non sono qualifiche ma incarichi e in quanto tali non sono licenziabili e tornano, quindi, alla casella di partenza e cioè alla qualifica di caporedattori, perdendo però l’indennità di funzione.