Gestori: volatilità in Borsa nel 2019 ma azioni meglio dei bond  

Gestori: volatilità in Borsa nel 2019 ma azioni meglio dei bond

Pubblicato il: 21/12/2018 17:24

Il 2019 si annuncia ricco di tensioni per i mercati finanziari internazionali. La volatilità esplosa negli ultimi mesi del 2018 continuerà a divampare anche nei primi mesi del prossimo anno, alimentata da eventi concentrati nel primo semestre. Il rallentamento dell’economia mondiale, il calo del prezzo del petrolio, la normalizzazione della politica monetaria, le trattative sul commercio fra Stati Uniti e Cina, la Brexit e le elezioni europee di maggio nei prossimi mesi terranno alta la tensione sul mercato azionario. Con nuove possibili correzioni. E i gestori di patrimoni, dopo un 2018 per molti versi inaspettato, con forti cali dei principali indici nonostante il buon andamento dell’economia mondiale, sono particolarmente cauti e suggeriscono un approccio proattivo e selettivo agli investimenti.

Se l’azionario è preferito all’obbligazionario, la cautela dei gestori prevale in particolare su Stati Uniti, Europa e Giappone, con qualche nota di ottimismo sui Paesi emergenti. Nei mercati maturi i settori azionari più promettenti sono il finanziario e l’assicurativo, le tlc e le infrastrutture, alcuni segmenti dei consumi e l’health care. Ma soprattutto i gestori raccomandano di selezionare le singole società, in particolare quelle attente ai criteri Esg, attive su temi come l’ambiente, la società e la corporate governance.

Ma per prevedere le tendenze del 2019 bisogna guardare agli ultimi mesi del 2018. Quest’anno, spiega all’Adnkronos Luca Trabattoni, a capo dell’Italia e dei Paesi del Mediterraneo per Ubp, Union Bancaire Privée, a livello macroeconomico “non ci sono state cattive sorprese e le prospettive di crescita economica sono state rispettate”, con il Pil mondiale aumentato del 3,7%. “Eppure l’84% delle asset class a livello globale presenta un segno negativo”. Un andamento dovuto al fatto che “il sentimento dominante non è supportato dai dati macro e non lo sarà neanche nel 2019”. Nonostante la crescita dell’economia sia in frenata, le prospettive non sono nere. Il Pil globale dovrebbe crescere del 3,5%, gli Stati Uniti attorno al 2% e l’Europa dell’1,8-1,9%. Il problema è che il mercato dopo otto anni di crescita “teme una recessione e di non essere pronto” e quindi “è più nervoso”, sottolinea Trabattoni.

Geopolitica, tensioni commerciali e dati economici sotto le aspettative “hanno posto un accento più negativo sulle stime introducendo molta negatività proprio nell’ultima parte dell’anno”, evidenzia Alessandro Allegri, amministratore delegato di Ambrosetti Asset Management Sim. Nonostante un quadro macroeconomico immutato, “sono venute a mancare reazioni significative dei mercati azionari” e il quadro per il 2019 vede “un decadimento progressivo dei potenziali di crescita nei trimestri a venire”.

Si sta quindi aprendo una nuova fase per i mercati finanziari. Dopo anni di crescita indifferenziata, sia per settori che per regioni, “ora siamo in una fase in cui l’inflazione aumenterà e le banche centrali offriranno meno sostegno ai mercati”, avverte Luca Tenani, a capo dell’Italia per Schroders. In questo contesto “servirà un approccio molto attivo e una comprensione molto più accurata di quelli che sono i fondamentali di una società, per individuare le aziende in grado di generare profitti per tutti gli azionisti non solo nel medio termine ma anche nel lungo”. In uno scenario fatto di incertezza e timori i gestori continuano a consigliare le azioni. “Fra azioni e obbligazioni noi restiamo favorevoli all’investimento azionario, anche se i titoli di Stato Usa offrono ora rendimenti interessanti”, afferma Trabattoni di Ubp.

Fra le aree geografiche l’Europa, continua Trabattoni, per il 2019 si presenta “con un clima da novembre, con parecchia nebbia“. Le tensioni europee “sono tutte sul tavolo”, dalle problematiche sociali in Francia alla Spagna con la questione catalana e le spinte nazionalistiche in Andalusia, dalla Brexit fino alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, con il destino incerto dei partiti tradizionali. E, nonostante l’accordo raggiunto fra Commissione europea e governo sulla manovra 2019, anche l’Italia resta un fattore di rischio per i mercati. Cautela sull’Italia anche per Tenani di Schroders. La crescita al palo pesa sul quadro economico italiano “che potrebbe darci poche soddisfazioni sui mercati finanziari”, sostiene. “C’è prudenza sull’azionario Italia e neutralità sul debito italiano. Le riforme strutturali sono ancora lontane e non vediamo dei segnali precisi per dare soluzione ai problemi strutturali del Paese”.

Un insieme di fattori che frena l’appetito degli investitori verso l’Europa. Anche se, ricorda Tenani, “le valutazioni dell’azionario europeo al momento sono sui minimi degli ultimi cinque anni”. E se gli investitori sono freddi anche su Stati Uniti e Giappone, sono più ottimisti sui Paesi emergenti, che “potrebbero rappresentare la sorpresa positiva del 2019”, dopo essere stati “particolarmente penalizzati negli ultimi anni, a causa di un dollaro molto forte, che ha creato una pressione molto forte sugli emergenti”. Un indebolimento del biglietto verde “dovrebbe aiutare ad allentare questa pressione, cosa che dovrebbe essere particolarmente favorevole per questi Paesi”, dice Tenani.

Intanto, con l’atteso aumento del tasso di inflazione si potrebbe assistere a una rotazione degli investimenti, dalle aziende che in un contesto di tassi bassi facevano bene a quelle che potrebbero fare meglio con l’inflazione in aumento. In questo contesto, spiega i gestori, i titoli finanziari potrebbero beneficiarne e, all’interno del settore finanziario, gli assicurativi.Ma anche le telecomunicazioni, le infrastrutture e alcuni settori dei consumi, come i produttori di automobili, che in questo momento, soprattutto in Europa, prezzano a sconto, e che potrebbero essere favoriti da una maggiore fiducia sul fronte dei consumi. I gestori sono positivi anche sul tema della tecnologia, in particolare se agganciato all’health care e alle biotecnologie.

Ma la parola d’ordine per il 2019 sembra essere ‘selezione’. “Le aziende che hanno dimostrato di saper generare forti cash flow e di investirli a tassi di rendimento elevati sono state quelle premiate dal mercato”, sottolinea Trabattoni. Il mercato in un momento di incertezza cerca le aziende forti e con bilanci sani, che sanno anche investire a tassi di rendimento elevati. “E questo continuerà a essere uno dei temi di investimento per il prossimo anno”, continua il capo dell’Italia e dei Paesi del Mediterraneo di Ubp.

Inoltre nella valutazione degli investimenti sui singoli titoli si cominceranno a introdurre anche i criteri finora un po’ in disparte, come gli Esg, “per identificare le aziende in grado di creare una crescita sostenibile”, dice Tenani. E anche per Trabattoni “sta emergendo sempre con più vigore l’approccio impact investing, l’investimento a impatto, ossia investire in quelle aziende che hanno l’obiettivo di generare valore inspirandosi però ad una definizione più ampia di valore includendo cioè anche i profitti non finanziari quali i criteri Esg e altri fattori che portano a un cambiamento nella società e nei consumi”.

Un altro tema per il prossimo anno è il passaggio dal petrolio ai metalli industriali. Una delle principali incognite sui mercati sarà il prezzo del petrolio, con il Wti scivolato sotto i 50 dollari al barile. “Il prezzo per il prossimo anno dovrebbe oscillare fra i 50 e i 55 dollari al barile e, se rompe i 50 dollari, che è un supporto anche psicologico, il range può andare dai 40 ai 45 dollari”, sottolinea Massimo Siano, co-head della Southern Europe Distribution di WisdomTree. Difficilmente il prezzo salirà, visto che l’offerta mondiale di petrolio “non è affatto in diminuzione”. Il problema è quindi nella domanda. Tolti gli Stati Uniti, ormai indipendenti dal punto di vista energetico, e l’Europa, con il Pil in crescita moderata, i sospetti ricadono sulla Cina. “La mia ipotesi è che la Cina non stia proprio benissimo e questo deprime il prezzo del greggio. Se le cose vanno così, il prezzo non potrà che scendere ancora nei prossimi mesi”, dice Siano.

L’oro, dopo un 2018 non particolarmente brillante, potrebbe riservare qualche sorpresa. L’oro potrebbe essere “chiamato nel breve a svolgere un ruolo di temporaneo bene rifugio e ad accogliere flussi in acquisto probabilmente più significativi”, prevede Allegri di Ambrosetti Asset Management Sim. E Siano si dice “estremamente positivo sull’oro”, che potrebbe essere “la scommessa del prossimo anno”. Più freddo sul metallo giallo Tenani. “Non abbiamo una posizione forte. L’oro è un bene rifugio, ma le tendenze populiste e le guerre commerciali non sono così forti da giustificare un sovrappeso dell’oro”, dice il capo dell’Italia di Schroders.