(Fotogramma /Ipa)
Pubblicato il: 22/12/2018 10:43
Stangata in arrivo per cittadini e imprese. Dal 2019, infatti, gli italiani rischiano di pagare “almeno 1 miliardo in più, a seguito della rimozione del blocco delle aliquote dei tributi locali introdotta nella manovra di Bilancio attualmente i discussione in Parlamento”. A segnalarlo è il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo. “Tra Irap, Imu, Tasi e addizionali Irpef, famiglie e imprese versano a Regioni ed enti locali oltre 60 miliardi di euro all’anno – spiega – l’incidenza di questo importo, sul totale delle entrate tributarie, è pari al 12% e, purtroppo, è destinato ad aumentare“.
Dopo aver rimosso il blocco delle aliquote dei tributi locali introdotto con la legge di Stabilità del 2016 dall’allora governo Renzi, – prosegue la Cgia – è molto probabile che alcuni Governatori e molti Sindaci torneranno ad innalzarle. Secondo alcune stime, degli 8.000 Comuni presenti in Italia oltre l’80 per cento ha i margini per aumentare sia l’Imu sulle seconde e terze case sia l’addizionale Irpef. Non è da escludere inoltre che, a seguito dell’aumento della deducibilità dell’Imu sui capannoni in via di definizione con la manovra di Bilancio 2019, alcuni primi cittadini siano tentati di ritoccare all’insù l’aliquota di propria competenza, almeno fino alla soglia che non consente agli imprenditori di versare più di quanto hanno realmente pagato nel 2018.
Tra il 2010 e il 2017, infatti, le manovre di finanza pubblica a carico delle Autonomie locali hanno comportato una contrazione delle risorse disponibili pari a 22 miliardi di euro. I più colpiti sono stati i Comuni. Se nelle casse dei Sindaci la contrazione ha raggiunto l’anno scorso gli 8,3 miliardi di euro, alle Regioni a Statuto ordinario le minori entrate si sono stabilizzate sui 7,2 miliardi.
Le Province, invece, hanno subito una diminuzione delle risorse pari a 3,5 miliardi, mentre le Regioni a Statuto speciale formalmente non hanno sopportato alcuna contrazione, anche se lo Stato centrale ha imposto loro di accantonare ben 2,9 miliardi di euro.
Nonostante il blocco degli aumenti dei tributi locali e il taglio ai trasferimenti, i Sindaci hanno comunque trovato il modo di compensare, almeno in parte, queste mancate entrate agendo sulle tariffe locali.
Tra il 2015 e i primi 4 mesi di quest’anno le principali tariffe amministrative applicate dai comuni (certificati di nascita, matrimonio/morte) sono aumentate dell’88,3%. Quelle applicate dalle società controllate da questi enti territoriali per la fornitura dell’acqua, invece, hanno subito un incremento del 13,9%, quelle della scuola dell’infanzia del 5,1%, le mense scolastiche del 4,5%, il trasporto urbano del 2% e i rifiuti dell’1,7%. L’inflazione, invece, sempre in questo periodo è salita solo dell’1,7%.