(Fotogramma /Ipa)
Pubblicato il: 23/12/2018 13:03
”L’uomo deve essere lione e golpe”, diceva Niccolò Machiavelli, consigliando al ‘Principe’ di usare l’astuzia della volpe e la forza del leone per sopravvivere alla giungla della vita. La ‘metafora zoologica’ è sempre stata uno dei must della politica nostrana e si conferma vera e propria arma di propaganda e marketing dei leader, anche nell’era 2.0 del governo gialloverde. Falchi e colombe, gufi, giaguari e grilli. Tutti sono diventati protagonisti di una sorta di bestiario della campagna elettorale, che si aggiorna di elezione in elezione. L’ultima new entry è quella tirata fuori da Silvio Berlusconi, che, qualche giorno fa, brindando al Natale con i senatori di Forza Italia, ha lanciato ‘l’operazione scoiattolo’ per annusare-stanare i Cinquestelle delusi e formare un gruppo autonomo di novelli responsabili per dare la spallata al governo Conte prima delle Europee.
Nell’era del primo governo targato M5S-Lega, i Cinque stelle paradossalmente sono quelli che citano di meno gli animali, forse perché ribattezzati giornalisticamente grillini e già nel nome ricordano un insetto, oltre che il loro ‘capo’, Beppe Grillo. Se il più istituzionale dei pentastellati, il vicepremier Luigi Di Maio, preferisce non usare un ‘linguaggio da fattoria’, Alessandro Di Battista, invece, espressione dell’ala più di piazza M5S, non si è mai trattenuto, chiamando, per esempio, più volte ‘Caimano‘ il leader di Forza Italia, richiamandosi al soprannome attribuito da Nanni Moretti all’ex premier.
In realtà anche Grillo è caduto nel trip pescando nel regno animale. Nel gennaio 2018, dopo la consegna del simbolo del M5S per le elezioni politiche al Viminale, l’ex comico genovese chiuse così la porta a ogni ipotesi accordo con altri partiti, in particolare il Pd: “Alleanze con chi ci sta? Ma perché mi fate domande senza senso, è come dire che un giorno un panda potrà mangiare carne cruda, mentre noi mangiamo solo cuore di bambù…”.
Matteo Salvini, pur preferendo la ruspa, elevata a simbolo della sua Lega sovranista e post-bossiana, non disdegna di lanciare fendenti di stampo animalesco ai suoi avversari. “Un sorriso allunga la vita, già c’è un Paese dove gufi e sciacalli non mancano, permetteteci almeno di sorridere ogni tanto”, disse il ‘Capitano’ per replicare a Matteo Renzi, titolare del copyright sul gufo (il suo leitmotiv usato anche per attaccare tutti i suoi critici, soprattuto quelli interni al Pd) e pronto a rispedire al mittente l’accusa di essere uno sciacallo.
Ora crede nelle capacità dello scoiattolo di fare scouting tra i grillini, ma Berlusconi in passato ha inventato un’altra metafora: per settimane, infatti, nel 2011 si lamentò della mancanza di poteri del premier e di come il governo fa e il Parlamento puntualmente distrugge, tirando fuori l’immagine del purosangue poi diventato ronzino e infine ippopotamo. “Il focoso destriero purosangue, se va bene, diventa un ippopotamo…”, andava ripetendo come un mantra il presidente di Fi ogni volta che incontrava stampa e tv, parlando del destino dei provvedimenti dell’esecutivo una volta approdati alle Camere.
Se il Cav (inventore del fenomeno mediatico Dudù) ha tirato in ballo il piccolo roditore capace di trovare velocemente le noci più nascoste, ovvero i grillini scontenti, forse spetta a Pierluigi Bersani la palma d’oro della citazione cult di stampo animalesco. Basti pensare alla ormai leggendaria battuta “Siam mica qui a smacchiare i giaguari”, che portò alla ‘non vittoria’ del Pd alle elezioni 2013. Pronta in quel caso fu la replica di Berlusconi: ”Sotto le macchie del giaguaro si nasconde un leone…”.
Più volte Bersani, poi, ha fatto ricorso al bovino per chiarire il suo pensiero. Già nel 2016 lo citò (“la mucca nel corridoio sta bussando alla porta”), commentando la rabbia sociale dietro la vittoria di Trump negli Usa. Così anche a gennaio in tv, all’avvio della campagna elettorale per le politiche: ”Andiamo a riprendere chi è scappato nel bosco”.
Per poi fare il bis bovino due anni dopo. “L’ho detto per primo che c’era la mucca nel corridoio, solo che abbiamo scoperto che la mucca era un toro e ci è passato sopra”, si lasciò scappare l’ex segretario Pd dopo la pesante sconfitta elettorale di Liberi e uguali alle politiche del 2018 e in vista dell’insediamento del nuovo Parlamento con l’elezione dei presidenti delle Camere e la formazione del nuovo governo al posto di quello a guida Gentiloni. E ancora: “C’è chi preferisce un passerotto in mano che un tacchino sul tetto”, di fatto l’equivalente del più noto ‘meglio un uovo oggi che una gallina domani’.
Lo scoiattolo non è solo nello zoo della politica. E quante citazioni dei leader sono diventate cult, facendone un personaggio mediatico. E’ il caso di Bettino Craxi, ai tempi d’oro del Psi. Il leader socialista diceva del Divo Giulio, “E’ una vecchia volpe, ma tutte le volpi prima o poi finiscono in pellicceria”. In quel momento Craxi, però, non immaginava nemmeno lontanamente che prima il ‘cinghialone’, come veniva soprannominato, sarebbe finito nella trappola del pm di Mani Pulite per antonomasia, Antonio Di Pietro.