“Manovra? Forzature evidenti ma ricorso è atto politico” 

Manovra? Forzature evidenti ma ricorso è atto politico

(Fotogramma)

Pubblicato il: 23/12/2018 14:22

Forzature e criticità evidenti” nell’approvazione della manovra di bilancio, nella nottata al Senato. Ma un ricorso dell’opposizione parlamentare alla Consulta – come già preannunciato dal Pd – sarebbe difficilmente considerato ammissibile dai giudici, non potendosi parlare di conflitto “fra poteri”. Potrebbe però valere come “atto politico”. E’ la sintesi della valutazione fornita all’AdnKronos da Cesare Mirabelli presidente emerito della Corte Costituzionale.

“La procedura seguita ha evidenti forzature e criticità – osserva Mirabelli – perché il procedimento legislativo delineato dalla Costituzione prevede che ogni legge sia approvata articolo per articolo e con votazione finale. Questo è particolarmente importante per la legge di Bilancio, che tratta materie molto diverse fra loro unificate soltanto dall’elemento finanziario: una legge di centinaia di commi, come questa, non è correttamente deliberata se non segue quella procedura. E’ vero che ciò è stato fatto anche in passato, ma resta che questo è un cattivo percorso”.

Quali sono i rimedi? “Una questione di legittimità costituzionale può toccare le procedure, ma va sollevata in via incidentale, in un processo, quando su singole norme vi sia un vizio denunciato di incostituzionalità – premette Mirabelli – Nel nostro sistema non vi è un ricorso diretto alla Corte Costituzionale da parte della opposizione parlamentare; se la minoranza immagina un conflitto fra poteri dello Stato, vedo difficilmente percorribile questo percorso, perché introdurrebbe un ricorso della minoranza parlamentare alla Consulta, che non è presente nella Costituzione”.

Per il presidente emerito della Corte Costituzionale, il Pd o le altre forze di opposizione possono “presentare come atto politico un ricorso che la Consulta poi dichiarerà non ammissibile, non essendo un conflitto fra poteri: è molto dubbio che l’opposizione sia un potere, perché lo è il Parlamento nella sua interezza. Ma il ricorso sarebbe un po’ come porre una pistola sul tavolo; è lì, carica o scarica che sia”.

Certo, aggiunge Mirabelli, “la non correttezza del procedimento legislativo, che riguarda anche la controllabilità degli ‘interna corporis’ delle Camere, è un pasticcio… E resta il fatto che il maxiemendamento in sé, dove c’è di tutto, non è coerente con il disegno costituzionale; ed è ben più grave in questo caso, perché riguarda la legge di Bilancio, il massimo degli indirizzi politici che il Parlamento dà al Governo, vincolandolo”.

Infine, per il costituzionalista, “è anche difficile l’ipotesi di un intervento del Presidente della Repubblica, se non limitata a una segnalazione al Parlamento, che già in passato è stata inviata dal Quirinale, ad esempio per il ricorso ai decreti legge reiterati non perché bocciati ma perché non votati dal Parlamento per la conversione in legge. E’ un precedente che può risultare utile, non direttamente ma per ritenere che in prospettiva un correttivo possa essere richiesto dalla Corte Costituzionale”.