Per oltre un secolo restò esposto nella sala dei Putti, insieme ad altre nature morte olandesi realizzate dai massimi artisti del ‘600 e ‘700, tra i quali Rachel Ruysch e Willem van Aelst; nel 1940, quando all’inizio della guerra la reggia fu evacuata, il quadro venne portato nella villa medicea di Poggio a Caiano. Nel 1943 fu spostato nella villa Bossi Pucci, sempre a Firenze, fino a quando militi dell’esercito tedesco in ritirata lo prelevarono insieme ad altre opere per trasferirlo a Castel Giovio, in provincia di Bolzano. La cassa in cui si trovava il “Vaso di Fiori” di Palazzo Pitti venne aperta: l’opera trafugata finì in Germania, dove se ne persero le tracce.
Ricomparve solo decenni dopo, nel 1991, poco dopo la riunificazione tedesca: da allora, vari intermediari hanno tentato più volte di mettersi in contatto con le autorità in Italia chiedendone un riscatto. Una richiesta di tale assurdità che recentemente, dopo l’ultima oltraggiosa offerta, la procura di Firenze ha aperto un’indagine: il quadro infatti è già di proprietà dello Stato Italiano, e pertanto non è alienabile né acquistabile.
“A causa di questa vicenda che intacca il patrimonio delle Gallerie degli Uffizi, le ferite della seconda Guerra Mondiale e del terrore nazista non sono ancora rimarginate. La Germania dovrebbe abolire la prescrizione per le opere rubate durante il conflitto e fare in modo che esse possano tornare ai loro legittimi proprietari”, osserva Schmidt, sottolineando che “per la Germania esiste comunque un dovere morale di restituire quest’opera al nostro museo: e mi auguro che lo Stato tedesco possa farlo quanto prima, insieme, ovviamente, ad ogni opera d’arte depredata dall’esercito nazista”.
Una riproduzione in bianco e nero del “Vaso di Fiori” di van Huysum (realizzata da Alinari), è da oggi simbolicamente esposta nella Sala dei Putti a Palazzo Pitti, corredata da cartelli con la scritta “rubato” in tre lingue, italiano, inglese e tedesco, ed una didascalia esplicativa che ricorda come a sottrarla alla sua naturale postazione furono soldati della Wehrmacht. “Saremo ben lieti di rimuovere questa memoria fotografica – conclude Schmidt – quando agli Uffizi sarà restituito l’originale”.