Ex negoziatore Raffaelli: “Per il Nagorno Karabakh potrebbe servire soluzione Sud Tirolo” 

Ex negoziatore Raffaelli: Per il Nagorno Karabakh potrebbe servire soluzione Sud Tirolo

(Foto di repertorio – Afp)

Pubblicato il: 27/09/2020 19:09

Si dice “molto preoccupato” per la ripresa del conflitto del Nagorno Karabakh, Mario Raffaelli, che è stato presidente della conferenza di pace per questa regione contesa fra Armenia e Azerbaigian. Raggiunto dall’Adnkronos, l’ex sottosegretario agli Esteri ha parlato di “un conflitto congelato suscettibile di riesplodere in ogni momento” e ribadito che la formula del Sud Tirolo potrebbe essere una possibile soluzione. Inoltre ha suggerito che un cessate il fuoco potrebbe essere occasione di ripresa delle attività economiche, creando “un clima diverso che favorisca soluzione politiche”.

“Sono molto preoccupato”, dopo l’elezione in Armenia di Nikol Pashinyan sembrava che si fosse creato “un clima nuovo di dialogo più costruttivo – esordisce Raffaelli – queste azioni militari che si sono svolte, nemmeno nelle aree più contestate, ma nelle aree più lontane dalla frizione tradizionale, non possono che preoccupare”. “E’ un conflitto congelato suscettibile in ogni momento di riesplodere se non si cerca di andare oltre il semplice mantenimento dello status quo”, sottolinea.

Per questo “serve una forte iniziativa internazionale per fermare l’escalation e poi bisogna provare ad esplorare una soluzione, a trent’anni dall’inizio del conflitto”, dice Raffaelli, che dal 1992 fino alla fine del 1993 fu presidente della conferenza di pace di Minsk, che si è poi trasformata nel gruppo di Minsk. Allora fu l’ispiratore di quattro risoluzioni del consiglio di sicurezza Onu che, ricorda, “sono ancora le uniche sul tavolo, mai completamente implementate”.

“Gli elementi per una soluzione sono ancora lì, come sempre con il tempo bisogna adattare i principi, però i principi sono lì: una cessazione delle ostilità, un meccanismo internazionale per demilitarizzare le aree del conflitto”, nota Raffaelli, che sottolinea tuttavia come, rispetto al passato, vi sia “una grossa differenza, perché allora non c’era stata l’ulteriore espansione da parte degli armeni in altri distretti che al momento delle discussioni non erano ancora stati occupati”.

“Ma il principio che vale è sempre lo stesso, quello di neutralizzare la zona di conflitto e studiare le risoluzioni che possano trovare un punto di mediazione con altre esigenze che, se rimangono rigide, non sono componibili”, spiega Raffaelli, ricordando che le risoluzioni Onu prevedevano la restituzione delle aree occupate al di fuori del Nagorno, il Nagorno rivendicato, che sono attualmente occupate”

“Bisognerebbe approfittare di una situazione di cessazione delle ostilità e di monitoraggio consentendo la ripresa di attività commerciali, economiche, per un clima diverso che favorisca soluzione politiche”, ragiona Raffaelli. E’ un’area con molte potenzialità “anche con il contributo dell’Azerbaigian che rispetto a trent’anni fa è cresciuto molto in termini economici, sta facendo investimento nella regione molto importanti, questo conflitto va a detrimento un po’ di tutti”.

A suo parere “un punto politico importante da tener presente” è che le affermazioni di principio delle due parti “non hanno possibilità reale di concretizzazione, nel senso che la dichiarazione dell’indipendenza (del Nagorno Karabakh ndr) è una cosa che nessuno, nemmeno l’Armenia ha riconosciuto, è una rivendicazione che non avrà mai alcuna possibilità di successo senza un accordo da parte dell’Azerbaigian. Dall’altra parte però, anche il tentativo di ritornare allo status quo ante non è pensabile, cioè che si ritorni al Nagorno Karabakh come semplice regione interna all’Azerbaigian”.

Per questo, ricorda Raffaelli, “nel 93 avevo suggerito l’esempio del Sud Tirolo come possibile soluzione, spiegando che tra l’autonomia come semplice fatto interno, che i nagornesi non potevano considerare accettabile o garantita, e l’indipendenza, che è impraticabile, ci potesse essere questa figura di un’autonomia però con garanzie internazionale, come in Italia per il Sud Tirolo”. “Questa cosa sembrava aver ascolto da parte azera”, dice Raffaelli. “La comunità internazionale – conclude – attraverso gli strumenti che ha, il gruppo di Minsk o la troika, dovrebbe cercare di riprendere con più vigore un’azione di mediazione”.