Al via ‘C come curabile’, campagna digitale su epatite C 

Al via 'C come curabile', campagna digitale su epatite C

Pubblicato il: 27/11/2020 18:05

In collaborazione con Gilead

Al via ‘C come curabile’, campagna, tutta digitale, di informazione e sensibilizzazione sull’epatite C, malattia che in Italia interessa, nella sua forma cronica, circa l’1% della popolazione. Promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di associazioni pazienti, società scientifiche ed enti che si occupano di malattie infettive, la campagna – attraverso un sito (www.ccomecurabile.it) e iniziative con partner della rete e social network – punta a far conoscere l’infezione in tutti i suoi aspetti. E, soprattutto, a far emergere il sommerso.

“Si stima che in Italia le persone inconsapevoli di avere l’epatite C, il cosiddetto sommerso, siano da 250 mila a 300 mila. Si tratta di persone entrate in contatto con il virus senza sospettarlo perché non hanno sintomi o non ne hanno in modo evidente”, spiega Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive e tropicali. “Si tratta di persone che – continua – hanno vissuto o vivono situazioni a rischio come interventi chirurgici, trasfusioni o trapianti eseguiti nel passato quando ancora non era stato isolato il virus. Oppure hanno fatto uso di droghe per via endovenosa o hanno tatuaggi o piercing eseguiti in condizioni non adeguate. Una fetta importante di persone è rappresentata anche dagli over 65 che hanno contratto l’infezione in passato in seguito a pratiche non sicure come l’utilizzo di materiale sanitario non monouso”.

È a queste persone che è indirizzato www.ccomecurabile.it, che abbina a contenuti semplici e chiari sulla patologia, video ironici per invitare a fare il test e un blog dedicato a ciò che succede in Italia e nel mondo sul tema dell’epatite C. “È fondamentale sensibilizzare sull’importanza di effettuare il test quando si pensa di essere stati esposti a fattori di rischio. Sono ancora troppe le persone che non seguono comportamenti responsabili, col risultato di avere una quota di sommerso nel nostro Paese molto ampia. Un vero e proprio paradosso se si pensa che si tratta di una patologia oggi curabile”, afferma Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge.

‘C come curabile’ vuole contribuire all’eliminazione dell’epatite C in un momento in cui la lotta al virus sta subendo una battuta di arresto a causa dell’emergenza sanitaria. “La pandemia – sottolinea Alessio Aghemo, presidente Aisf – ha rallentato l’accesso ai centri dei pazienti per i trattamenti ma ha anche limitato la possibilità di eseguire test diagnostici per far emergere il sommerso curando chi è infetto e non sa di esserlo. La seconda ondata di Covid-19 rischia ora di peggiorare ancora di più la situazione. In questo contesto l’attenzione non può calare e iniziative di informazione e sensibilizzazione non possono che aiutare”.

Gli fa eco Ivan Gardini, presidente EpaC Onlus. “La situazione sanitaria che stiamo vivendo – dice Gardini – ha messo in evidenza la necessità di modificare e possibilmente semplificare i percorsi di ‘linkage to care’ per garantire a tutti i pazienti l’accesso alle cure, ma anche alle visite e controlli necessari, pre e post terapia. A monte è però indispensabile continuare – anche in questo periodo – a informare e sensibilizzare sull’infezione e i suoi fattori di rischio. In questo senso la pandemia offre delle opportunità relative allo screening, ossia la possibilità di mettere a disposizione delle persone test congiunti Covid19-Hcv: un’iniziativa che la nostra associazione è stata la prima a promuovere”.

“Con C come curabile vogliamo proseguire nel nostro impegno contro l’epatite C anche durante questa pandemia – spiega Cristina Le Grazie, direttore Medico di Gilead Sciences -. La lotta all’infezione e gli sforzi per raggiungere la sua eliminazione non possono arrestarsi ed è per questo che abbiamo scelto il canale digitale che, in questo momento, permette di raggiungere fasce più ampie della popolazione e di parlare loro di prevenzione e diagnosi. E’ solo però un primo passo cui ne seguiranno altri anche al di fuori dell’ambito digitale”.