Crisi governo, da Alitalia ad Aspi e rete unica: incognita su dossier aperti 

Roma, 14 gen. (Adnkronos)

Rete unica, acciaio, aerei, autostrade. Sono molti e pesanti i dossier industriali sui quali ora incombe l’incognita della crisi politica. Si tratta di partite, ‘ereditate’ dallo scorso anno, dove alta è la posta in gioco visto che si tratta di asset strategici per la competitività del sistema Paese.

ALITALIA: l’anno è subito cominciato tra forti turbolenze. Dopo il varo da parte del cda di Ita, la nuova Alitalia, il nuovo piano industriale è ora all’esame delle Commissioni competenti di Camera e Senato che sono chiamate a esprimere il loro parere motivato anche se non vincolante. Ma i veri problemi sembrerebbero annidarsi a Bruxelles che deve esprimere il proprio parere vincolante. Nei giorni scorsi, è circolata l’indiscrezione su richieste di chiarimento avanzate al governo italiano su circa un centinaio di punti. La linea ferma di Bruxelles è che la ‘conditio sine qua non’ per il via libera alla nuova Alitalia è la discontinuità rispetto alla vecchia compagnia. E su questa è scattato un nuovo allarme: la situazione di cassa è critica, in gioco è la continuità aziendale, gli stipendi dei prossimi mesi sono a rischio. Servono, ha spiegato il commissario straordinario Giuseppe Leogrande ai sindacati, la seconda tranche di 77 milioni di euro, prevista dal dl Rilancio, e un’accelerazione dei tempi di start up della newco.

ASPI: autostrade nella nebbia, che il quadro politico ora infittisce ancora di più. Il primo appuntamento dell’anno è per domani, giorno in cui è convocata l’assemblea di Atlantia con all’ordine del giorno l’approvazione del progetto di scissione parziale proporzionale di Atlantia in favore della società interamente posseduta Autostrade Concessioni e Costruzioni. Intanto, prosegue la due diligence di Cassa Depositi e Prestiti che dovrebbe essere completata entro la fine di gennaio in vista della presentazione dell’offerta vincolante, insieme con i fondi internazionali Blackstone e Macquarie, per l’acquisizione dell’88,06% del capitale di Aspi. Le posizioni rimangono ancora distanti. Il 28 dicembre scorso Atlantia ha comunicato che l’ultima proposta presentata da Cdp prima di Natale è ancora “inferiore alle attese del consiglio di amministrazione” e inferiore al range indicato dalla cordata nello scorso ottobre. Secondo indiscrezioni, nell’aggiornamento della precedente offerta è previsto un prezzo rivisto al ribasso, verso la parte inferiore della forchetta di prezzo fornita in precedenza tra 8,5 e 9,5 miliardi di euro e sono previste garanzie al rialzo. Ben diversa la valutazione di azionisti di peso secondo i quali la società vale tra 11 e 12 miliardi. Numeri, questi, che mostrano tutta la distanza tra le parti, Il tutto mentre deve ancora chiudersi la partita del nuovo piano economico-finanziario.

RETE UNICA: Tra i dossier industriali che l’instabilità politica mette sicuramente a rischio vi è quello della ‘rete unica’, messo a punto con parecchi stop and go nel 2020 e che dovrebbe tagliare il traguardo quest’anno. Sempre che non venga a mancare una precisa volontà ‘politica’ per la nascita di una infrastruttura che integrando gli asset in fibra esistenti faccia fare un passo avanti alla digitalizzazione del paese, uno degli obiettivi dichiarati del Next Generation EU. Il processo di fatto è iniziato con la cessione avviata lo scorso 18 dicembre da Enel di una quota tra il 40 e il 50% di Open Fiber (la jv tra Enel e Cdp nata per cablare le aree bianche del paese cioè quelle a fallimento di mercato) al fondo Macquarie, con l’ipotesi che Cassa depositi e prestiti arrivi alla maggioranza. La decisione di Enel su Open Fiber è stata legata proprio al progetto di una rete integrata, il cui interesse per il paese è stato sottolineato dai ministri Roberto Gualtieri (Pd) e Stefano Patuanelli (M5S) nella lettera inviata ai vertici Enel lo scorso 23 novembre. Se il percorso non incontrerà ostacoli la strada dovrebbe portare alla nascita di AccessCo, la società unica delle reti a cui punta il progetto finale, quello che porta all’integrazione degli asset di FiberCop e di Open Fiber. I cda di Tim e di Cdp alla fine dello scorso agosto hanno dato il via libera alla firma della lettera d’intenti con Cdp Equity che mira alla fusione. Tim è destinata a detenere almeno il 50,1% di AccessCo e l’indipendenza e la terzietà della società sarà garantita attraverso un meccanismo di governance condivisa.

EX ILVA: Spiragli di luce sembrano profilarsi per la “madre di tutte le vertenze”, quella sull’ex gruppo Ilva. Dopo un anno di forti turbolenze nei rapporti, A. Mittal e governo sono arrivati, il 10 dicembre scorso, ad un accordo di coinvestimento che sancisce l’ingresso dello Stato in Am.Investco Italia, la società che gestisce l’ex gruppo Ilva, prima al 50% e poi al 60% del capitale. Obiettivo: riportare gli stabilimenti a rivestire un ruolo centrale nella produzione di acciaio con una produzione verde con cui ridurre fortemente l’impatto inquinante dello stabilimento di Taranto, e non solo, sul territorio. L’accordo controfirmato da Invitalia ed il nuovo piano industriale messo a punto per il prossimo quinquennio sono ora in attesa dell’ok dell’Antitrust europeo atteso entro il 10 febbraio prossimo mentre è partito nei giorni scorsi il tavolo di confronto tra azienda e Fim Fiom Uilm che dovrà cercare una intesa sulla strategia produttiva e occupazionale 2021-2025. L’accordo prevede la piena occupazione al 2025 dei 10.700 dipendenti in carico alla multinazionale dell’acciaio con il completo riassorbimento di tutti i lavoratori attualmente in cig e una produzione di 8 milioni di tonnellate all’anno, salendo da 3,3 a 5 milioni già nel 2021. Da sciogliere invece ancora il nodo relativo ai 1600 lavoratori, per ora in cigs, di Ilva in As che secondo il primo accordo sindacale del 2018 sarebbero dovuti tutti rientrare nel perimetro occupazionale di Am.Investco Italia.

FINCANTIERI: Ancora in alto mare il dossier Stx France. Il 30 dicembre scorso Fincantieri ha acconsentito alla proposta del Governo francese di prorogare di un mese il perfezionamento del contratto di cessione del 50% dei Chantiers de l’Atlantique, i cantieri navali di Saint Nazaire, il cui termine in precedenza il 31 dicembre 2020. Gli sguardi restano puntati su Bruxelles dove è attesa la decisione della Commissione Europea per celebrare le nozze tra Fincantieri e i Chantiers de l’Atlantique rischiano di sfumare. Sotto la lente di Bruxelles sono i potenziali rischi per una riduzione della concorrenza nel settore. A questo si aggiungono le incognite oltralpe con il Senato francese che aveva manifestato preoccupazione sui livelli occupazionali dei cantieri locali e il rischio di un trasferimento di di know-how alla Cina alla luce dalla joint-venture siglata tra Fincantieri e Cina State Shipbuilding Corporation. Quindi, non si sa se ci sarà il lieto fine di una storia che va avanti da quattro anni.