“Con dieta vegana rischi danni neurologici in bimbi”  

Con dieta vegana rischi danni neurologici in bimbi

Immagine di repertorio (Fotogramma)

Pubblicato il: 23/09/2019 16:19

La dieta vegana è sconsigliabile in età pediatrica, in quanto priva di vitamina B12, carente di ferro, vitamina D e calcio. La carenza di questi nutrienti può determinare alterazioni dello sviluppo neurologico del bambino, oltre che gravi anemie”. Lo ricordano gli esperti dell’Adi, Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) che intervengono sul caso del bambino di circa due anni, figlio di vegani, ricoverato a Nuoro per denutrizione, ricordando come l’adozione di particolari regimi dietetici possa provocare gravi carenze nutrizionali anche nell’adulto.

Ma sono soprattutto i bambini a correre più rischi: nella fase di crescita hanno esigenze particolari e devono essere tenuti sotto controllo da personale esperto e competente. “Se i genitori intendono seguire questo tipo di dieta, occorre informarli del fatto che la dieta vegana deve assolutamente essere integrata con tutti questi nutrienti, già dalla gravidanza, ed è necessario essere monitorati dal punto di vista medico sugli aspetti più critici”, indica l’Adi. “Il numero delle persone che abbracciano stili alimentari alternativi, e quindi che escludono alcune categorie di alimenti, come quello vegano, sono in aumento”, riferisce Giuseppe Malfi, presidente Adi.

“Vi sono, come in questa circostanza, casi di intere famiglie che decidono di seguire modelli alimentari particolari che possono, soprattutto se non adeguatamente informate sui rischi e sulle necessità di integrazione, non soddisfare i fabbisogni nutrizionali dei singoli. Per questo è importante, da parte del personale medico e sanitario che tiene in cura tali soggetti, vigilare e attivare un monitoraggio costante del loro stato di salute”, aggiunge Malfi.

“È importante che le donne vegane in gravidanza vengano messe a conoscenza dei rischi che corrono per la propria salute e per quella del feto – conclude – rischi che permangono anche nelle fasi successive di allattamento e svezzamento del bambino. Il pediatra di famiglia svolge un ruolo fondamentale nell’individuare gli individui a rischio, monitorarli secondo le linee guida già emanate dalle società scientifiche internazionali e rivolgersi, laddove ritenuto necessario, agli specialisti”.