Il presidente dei discografici: “Non censurate la musica, nemmeno a Sanremo”  

Il presidente dei discografici: Non censurate la musica, nemmeno a Sanremo

Enzo Mazza, Ceo di Fimi (Federazione dell’Industria Musicale Italiana)

Pubblicato il: 20/01/2020 12:40

di Antonella Nesi

“Vabbè, la politica italiana ha scoperto il rap“. Il Ceo di Fimi, la federazione dell’industria discografica italiana, Enzo Mazza, lo scrive su Twitter, riferendosi alla polemica sulla presenza di Junior Cally a Sanremo. Poi al telefono con l’Adnkronos chiarisce il concetto: “Se dovessimo guardare ai testi delle canzoni, perfino Masini, Achille Lauro o i Pinguini Tattici Nucleari verrebbero messi all’indice per precedenti liriche molto crude“.

“Il rap – sottolinea Mazza – oggi in Italia ma già da tempo negli Stati Uniti, dove è nato, o in Francia, così come il grime nel Regno Unito, racconta spesso gli aspetti più crudi e controversi della società. Una fotografia realistica che può colpire molto forte ma che è nel bene e nel male rappresentativa del quotidiano”.

“Per molti teenager i testi dei rapper sono quello che per noi sono stati i testi di Battisti e De Andrè. Si può condividerne o meno il contenuto ma quello è. E lo dimostra il successo che l’urban music ha nelle vendite di dischi. Portare il rap al Festival significa rappresentare una parte della società italiana di oggi. D’altra parte le polemiche ci sono state anche in Usa per esibizioni di rapper ai Grammy ma alla fine la libertà artistica e di espressione ha avuto il sopravvento“.

Per anni – ricorda Mazza – il festival, dopo essere stato accusato da più parti di limitarsi ad un solo genere definito ‘sanremese’ e di non aprirsi alle nuove realtà musicali, ha cercato i rapper. Lamentandosi che questi ultimi erano restii. Li cercava nella consapevolezza che l’assenza della nuova musica condannava il festival ad un invecchiamento senza ritorno, ad una frattura con una parte del pubblico, in particolare giovanissimo. Le recenti aperture ad artisti di successo tra i millennials, soprattutto nell’era dello streaming, hanno significato portare al festival anche generi come il rap (anche se spesso con testi molto edulcorati e sonorità più pop). Però questo ha significato un riavvicinamento del festival al mercato. Tornare indietro sarebbe un suicidio“, conclude Mazza.