Coronavirus, a Milano il vero ‘paziente 1’  

Coronavirus, a Milano il vero 'paziente 1'

(Foto Afp)

Pubblicato il: 04/04/2020 14:00

di Paola Olgiati

Non sembra essere Mattia il ‘paziente 1’ spia dell’ingresso del coronavirus Sars-CoV-2 in Italia. Prima del 20 febbraio, giorno in cui è emersa la positività del 38enne allora ricoverato all’ospedale di Codogno nel Lodigiano, un altro lombardo – senza apparenti legami con l’epidemia che imperversava in Cina con epicentro a Wuhan, capitale dell’Hubei – era già ricoverato in un ospedale di Milano. Aveva cominciato a star male il 10 febbraio e l’esame successivo dei suoi campioni biologici ha confermato la diagnosi di Covid-19. Non solo: dall’analisi genetica condotta sul ‘suo’ coronavirus, sono emerse differenze rispetto a quello isolato da uno dei turisti cinesi di Wuhan ricoverati a Roma a fine gennaio.

A svelare il retroscena è uno studio che appare su ‘Eurosurveillance’. “Un lavoro policentrico scritto dall’Istituto superiore di sanità”, spiega all’AdnKronos Salute Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, tra i firmatari dell’articolo. Lunga la lista degli autori, fra i quali anche Giovanni Rezza, direttore Malattie infettive dell’Iss. Gli scienziati descrivono la caratterizzazione della sequenza genetica completa di due virus Sars-CoV-2, isolati appunto dal paziente lombardo e dal turista dell’Hubei. “I due isolamenti hanno prodotto concordanze geniche diverse”, sottolinea Gismondo.

Mentre il coronavirus del malato di Wuhan, come pure quello di un altro dei pazienti cinesi curati a Roma, è riconducibile a un cluster con genomi provenienti principalmente dall’Europa (Inghilterra, Francia, Italia e Svezia) e dall’Australia – si legge nella rivista – quello del malato milanese mostra ‘parentele’ diverse, legato a un cluster che comprende due sequenze genetiche dalla Germania (Baviera/Monaco e Baden-Württemberg) e un’altra dal Messico.

Lo studio, commenta Gismondo, conferma innanzitutto che “ci sono stati più ingressi del nuovo coronavirus in Italia e ancora prima in Europa”. Ma “la cosa più importante – evidenzia la microbiologa – è il fatto di avere individuato già due tronchi diversi” di Sars-CoV-2.

Dal lavoro si può dedurre qualcosa in merito a un’eventuale mutazione del virus, sulla quale come noto non ci sono al momento evidenze scientifiche? “Questi due ceppi sono già differenti – osserva l’esperta del Sacco – Il ceppo nel tempo muta, come tutti i ceppi di virus a Rna. Poi le mutazioni ovviamente possono essere più o meno importanti, ma già da questi isolati si vedono un gruppo filogenico tipicamente cinese e un altro che si è già ‘italianizzato’, o meglio europeizzato“.

Le ricerche ora continueranno con l’obiettivo di disegnare “una mappa italiana e anche straniera della circolazione del virus. Il passo successivo sarà pronto fra poco – anticipa Gismondo – ed è l’ulteriore analisi di genotipizzazioni che stiamo facendo di vari focolai che si sono presentati in Italia”.