Luca Visentini
Pubblicato il: 19/12/2018 15:13
“Il sindacato europeo sostiene la mobilitazione organizzata dai sindacati ungheresi contro la riforma del lavoro portata avanti dal governo e dal parlamento ungheresi. La cosiddetta ‘legge schiavitù’ è inaccettabile: essa ha l’obiettivo di rendere la mano d’opera ungherese ancor più a buon mercato, aumentando di un giorno a settimana l’orario di lavoro, senza alcuna compensazione salariale, al solo fine di attirare gli investitori stranieri”. Lo dichiara a Labitalia il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (Ces), Luca Visentini, a proposito della protesta dei lavoratori ungheresi.
“Al contrario, la Confederazione europea dei sindacati -aggiunge Visentini- ritiene che siano gli incrementi salariali, uniti al miglioramento diffuso delle condizioni di lavoro, a rappresentare il vero volano per la crescita e lo sviluppo e per attrarre gli investitori stranieri”. “Salari molto bassi e cattive condizioni di lavoro hanno spinto negli ultimi decenni milioni di ungheresi ad emigrare e a cercare altrove un futuro migliore. La ‘legge schiavitù’ dimostra, quindi, di essere già fallimentare in partenza e non può rappresentare una soluzione d’avvenire”, osserva.
Parlando poi delle conseguenze della Brexit sulle condizioni di lavoro, anche dei molti italiani che sceglieranno di andare nel Regno Unito, Visentini ricorda che “il Regno Unito ha deciso di non voler far più parte dell’Unione europea e del suo mercato unico”. “L’impatto sulle condizioni dei lavoratori attivi nel Regno Unito sarà negativo -afferma- poiché tutte le norme e le leggi di cui l’Ue deciderà di dotarsi dal 29 marzo prossimo in poi in ambito sociale, del diritto del lavoro o nell’ambito della salute e sicurezza sul luogo di lavoro non troveranno applicazione oltre Manica”. “Inoltre -aggiunge Visentini- stiamo già assistendo al trasferimento di numerose aziende verso l’Europa continentale a causa della Brexit, con un prevedibile aumento della disoccupazione”. E “se l’ipotesi di accordo, che noi riteniamo ampiamente insufficiente, verrà respinta dal parlamento inglese -prevede Visentini- la ‘hard Brexit’ che seguirà sarà ancora più dannosa per i lavoratori, mettendo a rischio persino lo status quo riguardo i diritti e le protezioni sociali attualmente esistenti nel Regno Unito”.
Infine il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, commenta con Labitalia le piazze francesi dei ‘gilet gialli’. “Il movimento di protesta dei gilet gialli -dice- non ha forse un diretto collegamento con il lavoro, ma nasce da un forte incremento delle diseguaglianze e dell’esclusione sociale in Francia. E non solo: è dovuto alle misure di austerity che per anni hanno tentato, invano e in modo assai controproducente, di porre rimedio alla più grande crisi economica e sociale che l’Europa ha conosciuto negli ultimi decenni”. “Alle rivendicazioni dei gilet gialli sul caro vita, per esempio, noi rispondiamo già da diverso tempo con la necessità di un aumento salariale diffuso in tutta Europa che permetterebbe ai lavoratori di avere un maggiore potere d’acquisto e, di fatto, gioverebbe alla domanda interna e quindi alla crescita”, spiega Visentini.
Disco rosso, invece, per “l’abbandono delle ambizioni in materia ambientale portato avanti dal movimento dei gilet gialli”, che “non trova il nostro sostegno”, afferma Visentini. “La transizione verso un’economia a basse emissioni di anidride carbonica e a risparmio energetico è fondamentale nella lotta al cambiamento climatico e al riscaldamento globale, ed è l’unica via sostenibile che si possa percorre per garantire un futuro ai nostri figli”, sostiene il leader dei sindacati europei. “Quello che manca per renderla socialmente accettabile è una politica di transizione giusta che riduca al minimo i costi economici e sociali di tale scelta”, continua.
“Al tempo stesso -conclude Visentini- non possiamo mai giustificare e accettare le violenze che hanno contraddistinto molte manifestazioni dei ‘gilet gialli’, e crediamo che l’unico antidoto efficace a questi fenomeni di protesta distruttiva sia il rafforzamento del dialogo sociale, della contrattazione collettiva e di una legislazione sociale più avanzata e progressista”.