Halloween, il mistero è nella ‘zucca’ 

Halloween, il mistero è nella 'zucca'

(Fotogramma)

Pubblicato il: 31/10/2019 14:29

Teschi illuminati, zucche vuote che digrignano i denti come teste mozzate. Il regno dei morti non finisce mai di affascinare. E se oggi scheletri e occhi vuoti sono decorazione d’atmosfera per una notte di dolcetti e scherzetti, la ricerca di dialogo con quell’aldilà ignoto e saggio affonda le sue radici nella notte dei tempi.

“Tutto ha inizio con la necromanzia: attraverso un teschio o una testa umana si evocava lo spirito del defunto per ottenere risposte. Perché chi è nel regno dei morti ha a che fare con il divino, e quindi sa”, spiega Alberto Fratini, docente di lettere e autore del libro ‘Teste Parlanti’ (editrice Aseq), guidandoci in un viaggio lungo diversi secoli che attraversa le storie più macabre ed emblematiche di ogni tempo in cui a parlare sono le teste. La presentazione del libro si terrà venerdì 8 novembre alle 20 nella cripta di S. Lucia al Gonfalone in via dei Banchi Vecchi numero 12 alle 20 a Roma.

Dal “gigantesco cavaliere verde che a Camelot sfida Galvano e si fa tagliare la testa per poi riprendersela e portarla via a cavallo, passando per quella piccola come un cece che ai tempi dei romani lanciava le urla di mille uomini”. Fino alle “teste degli harraniani che catturavano un uomo e lo rinchiudevano per un anno intero in un barile pieno d’olio nutrendolo a petali di rose per poi mozzargli la testa che cominciava a dare oracoli”.

“Predizioni, divinazioni parole sacre di verità. Le teste dei morti sono nell’antichità un oracolo domestico facilmente consultabile senza recarsi in un centro oracolare come poteva essere Delfi”, spiega Fratini. Ma “il problema è che la parola dell’oracolo è sempre ambigua. In tanti casi il protagonista fraintende il messaggio e ne fa le spese”. Una raccolta di leggende a volte terribili e spaventose, altre sorprendenti in cui al centro c’è sempre il desiderio eterno dell’uomo di squarciare il buio dell’ignoto e accedere alla conoscenza. Se anticamente a parlare erano le teste dei morti, nel Medioevo l’ingegno umano crea il suo oracolo meccanico, antico progenitore del computer.

“Si trattava di teste artificiali in bronzo o in rame. Grandissimi uomini di cultura come Papa Gerberto, Ruggero Bacone, Alberto Magno e tanti altri avrebbero speso parte della loro vita per costruire queste teste che poi – chiarisce Fratini – erano delle macchine intelligenti a tutti gli effetti. Per esempio la logica binaria ai fini della realizzazione di queste macchine era essenziale. La macchina di Papa Gerberto, la prima delle teste artificiali, pare che rispondesse ai quesiti con un semplice sì o no, cioè con quello che nel linguaggio dei computer chiamiamo abitualmente un bit“.

E anche oggi che la domanda si è ridotta a “dolcetto o scherzetto?” le teste parlanti continuano ad accompagnare soprattutto i più giovani, sotto forma di robot o di teschi mostruosi messi lì per la festa di Halloween. Nella speranza che magari, nella notte più paurosa dell’anno, comincino a parlare come nei ‘Simpson’ parla, dallo zaino di Bart, la testa di Jebediah Springfield.