Russiagate, Horowitz diffonde un primo rapporto  

Russiagate, Horowitz diffonde un primo rapporto

(Afp)

Pubblicato il: 20/11/2019 17:57

In attesa dell’11 dicembre, quando verrà presentato alla Commissione Giustizia del Senato il suo rapporto sui presunti abusi dell’Fbi ai danni della campagna elettorale di Donald Trump, l’ispettore generale del Dipartimento di Giustizia, Michael Horowitz, ha reso pubblico un altro rapporto, frutto anch’esso di un’indagine interna. Nel documento, si esamina la gestione da parte del Federal Bureau of Investigation degli informatori e del processo di verifica degli stessi, a partire dal 2011.

Secondo l’audit, sono emersi diversi problemi, in particolare sono stati evidenziati ritardi nel processo di verifica dell’attendibilità delle informazioni ricavate e falle nel processo di archiviazione delle informazioni ritenute più problematiche. “I processi di verifica dell’Fbi per le fonti confidenziali, noto come validazione, non è risultato in linea con le linee guida dell’attorney general, in particolare con riferimento alle fonti a lungo termine”, ha affermato Horowitz in un video che ha accompagnato la diffusione del rapporto. “Una gestione e una supervisione inefficace delle fonti confidenziali può mettere a rischio le operazioni dell’Fbi e danneggiare gli agenti dell’Fbi, le fonti, i soggetti di indagine e il pubblico”, ha aggiunto l’ispettore generale del Dipartimento di Giustizia.

L’Fbi, emerge dal documento, per pagare i suoi informatori ha speso una media di 42 milioni di dollari all’anno, nel periodo compreso tra l’anno fiscale 2012 e quello 2018. Il numero complessivo di informatori (confidential human sources, o Chs) sul libro paga del Bureau è coperto da omissis, ma dal documento si evince che potrebbe trattarsi di migliaia di individui. All’Fbi viene richiesto di verificare l’attendibilità di una fonte, prima di utilizzare le informazioni che essa fornisce. Questo processo, che comprende la verifica della credibilità del soggetto e la “veridicità delle informazioni fornite” deve essere ripetuto annualmente.

Horowitz ha rivelato delle incongruenze nei metodi di comunicazione tra gli agenti dell’Fbi e le loro fonti. Ad esempio, i dispositivi elettronici usati dagli agenti per comunicare con i loro informatori sono spesso gli stessi telefoni cellulari di servizio, invece che dispositivi e piattaforme dotate di particolari sistemi di criptatura, che impediscano di ricondurre le comunicazioni all’Fbi. Altro problema rilevato è quello dell’accesso a informazioni ricavate da fonti confidenziali da parte di personale dell’Fbi senza specifica autorizzazione.

Nel rapporto si fanno 16 raccomandazioni per rendere più sicure le procedure, garantire l’adesione alle linee guida tracciate dal Dipartimento e “sviluppare e implementare” una nuova policy per l’uso di dispositivi elettronici ad hoc per comunicare con le fonti. Inoltre, Horowitz raccomanda che in futuro venga ristretto l’accesso alle fonti confidenziali a chi non abbia una specifica necessità di accesso a quelle specifiche informazioni.

Il rapporto diffuso nelle scorse ore viene visto dai media Usa come un preludio a quello che l’ispettore generale del Dipartimento di Giustizia illustrerà l’11 dicembre al Senato. In quel documento, Horowitz esaminerà le procedure interne al Dipartimento e all’Fbi che hanno portato all’intercettazione della campagna elettorale di Trump nel 2016.

In particolare, viene contestato l’uso disinvolto di un dossier non verificato e in parte inattendibile, compilato dall’ex agente segreto britannico Christopher Steel, per ottenere dal tribunale speciale Fisa l’autorizzazione a mettere sotto sorveglianza Carter Page, all’epoca consulente della campagna Trump per ricavare eventuali prove di collusioni tra l’allora candidato repubblicano e la Russia.