(Foto AdnKronos)
Pubblicato il: 21/11/2019 11:39
Giornata Nazionale degli Alberi: li festeggiamo ma li stiamo anche perdendo. Dal Portogallo agli Urali e dalla Svezia alla Sicilia, il regno vegetale del continente europeo condivide con quello animale una vera e propria lotta per la sopravvivenza che sta spingendo molti degli alberi nativi sull’orlo dell’estinzione. Il sorbo, l’ippocastano, il peccio, il frassino maggiore: sono solo alcune delle 181 specie arboree che rischiamo di perdere, insieme al patrimonio di uccelli, scoiattoli, piccoli mammiferi e invertebrati ai quali offrono rifugio e cibo.
La prima minaccia per i nostri alberi? La proliferazione di specie aliene invasive. “Di 454 specie arboree selvatiche censite nel vecchio continente – spiega Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva – sono 181 quelle classificate come a rischio estinzione, delle quali 162 vivono solo sul suolo europeo e in nessun’altra parte del mondo. A queste se ne aggiungono 57 alle quali non è stato possibile assegnare uno stato di conservazione e che porterebbero oltre il 50% il numero dei colossi vegetali in pericolo”.
Ma non è tutto: gli ‘alieni’ hanno attaccato a vario titolo il 38% delle specie, superando la deforestazione e il consumo di suolo nella determinazione delle cause di scomparsa.
E’ il caso dell’ippocastano, che viveva in Europa ben prima dell’ultima era glaciale, diffuso in Italia fino ai 1200 metri. Oggi sopravvive con una popolazione totale inferiore ai 10mila esemplari, assediata in tutto l’areale dalla Cameraria ohridella, un lepidottero di provenienza sconosciuta che scava profonde gallerie nella lamina fogliare, provocando il disseccamento dell’intera pianta.
Stessa sorte tocca al frassino maggiore, anch’esso diffuso in tutta Italia, asserragliato da un fungo che da solo causa la mortalità del 75% degli esemplari di questo albero; e come non ricordare la Xylella asiatica, che dal 2013 fa strage di ulivi nel Meridione.
“L’azione degli ‘alieni’ poi – prosegue Avesani Zaborra – non è solo diretta ma si manifesta anche per via indiretta: la diffusione di specie arboree ornamentali alle quali le nostre soccombono e la diffusione di animali esotici tanto nelle aree forestali che in quelle urbane, amplificano quella che è diventata una vera e propria piaga”. E come accade per gli animali, anche per gli alberi vale una parola d’ordine: “Mitigare l’impatto dell’uomo sugli ecosistemi”.
Il Parco Natura Viva celebrerà gli alberi domenica 24 novembre svelando ai visitatori tutti i segreti di queste piante in un appuntamento di sensibilizzazione per la tutela del patrimonio arboreo e boschivo italiano.
Ma quanti alberi ci sono sulla Terra? Una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature nel 2015 ha tentato di stabilire una stima il più possibile accurata del numero di alberi presenti sulla Terra: circa 3.000 miliardi. Lo studio ha calcolato che negli ultimi 12.000 anni circa (ovvero dalla nascita dell’agricoltura che corrisponde, nella scala geocronologica della Terra, all’inizio del periodo dell’Olocene, quello in cui stiamo ancora vivendo) il numero di piante è crollato del 46% e che oggi vengono tagliati circa 15 miliardi di alberi all’anno. Si stima infatti che il numero di alberi presenti sulla Terra agli inizi dell’Olocene fosse di circa 6.000 miliardi, quindi da allora ad oggi abbiamo perso la metà della vegetazione terrestre.
Alberi mangia-CO2. Grazie al processo di fotosintesi, gli alberi costituiscono importanti accumulatori del diossido di carbonio (CO2) che si trova nell’atmosfera e il cui incremento dovuto all’azione umana è causa del cambiamento climatico in atto. Quanta CO2 assorbono e quali specie ne assorbono di più, lo ha calcolato l’Istituto di Biometeorologia (Ibimet) del Cnr, analizzando alcune specie di alberi tra le più comuni nei nostri territori. Il record spetta al Cerro (Quercus cerris), che ha un’alta capacità di accumulo di CO2: pari a 3,1 tonnellate nell’arco di 20 anni (102 kg/annui per i primi 5 anni e 170 Kg/annui per i successivi 15 anni). Seguono Olmo comune (Ulmus minor), Ginko (Ginkgo biloba), Bagolaro (Celtis australis), Frassino comune (Fraxinus excelsior) e Tiglio nostrano (Tilia plathyphyllos) che accumulano 2,8 tonnellate di CO2 in 20 anni; l’Ontano nero (Alnus glutinosa) con 2,6 tonnellate in 20 anni e l’Acero campestre (Acer campestre) con 1,9 tonnellate.
Non solo CO2. Gli alberi, ricorda il Wwf, sono in grado di assorbire inquinanti gassosi, come gli ossidi di azoto (NOx) prodotti dall’intervento umano; catturano particolato sottile; svolgono un ruolo importante per il benessere psico-fisico e di primo piano nella moderazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico.