Pubblicato il: 21/11/2019 09:17
L’Italia è un esempio di come si possono raggiungere ottimi risultati di salute pubblica attraverso un mix di stili di vita relativamente sani e un sistema sanitario universalistico. Ad esempio, tra il 1990 e il 2017 i tassi di mortalità standardizzati per età per le malattie cardiovascolari sono diminuiti del 54%, per le neoplasie sono calati del 28% e per gli incidenti stradali si sono ridotti del 62%. Ma permangono due questioni: l’invecchiamento della popolazione e una graduale riduzione dei finanziamenti per la sanità, sfide importanti per il futuro dello stato di salute dello Stivale. A segnalarlo è la prima analisi delle stime per l’Italia del Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors Study (Gbd) 2017, pubblicata su ‘The Lancet Public Health‘.
L’indagine ha preso in considerazione i dati del nostro Paese per il 1990 e il 2017, e li ha confrontati con quelli di altri 15 Paesi dell’Europa occidentale. Ne è emerso che la qualità del sistema sanitario universale e i comportamenti salutari degli italiani hanno contribuito a creare uno stato di salute generale favorevole, anche rispetto ad altri Stati sviluppati: nel 2017, l’aspettativa di vita e il punteggio dell’indice di accesso e qualità delle cure sanitarie (Haq) in Italia sono risultati tra i più alti a livello globale, con un’aspettativa di vita alla nascita che ha raggiunto gli 85,3 anni per le donne e gli 80,8 per i maschi. In tal modo il nostro Paese si classifica ottavo a livello mondiale per le femmine e sesto per i maschi. Il punteggio Haq è risultato di 94,9 nel 2016 rispetto a 81,5 nel 1990, mantenendo l’Italia al nono posto a livello mondiale.
Tuttavia, l’invecchiamento della popolazione sta causando un aumento del carico di malattie specifiche, come l’Alzheimer e altre forme di demenza (+77,9% del numero di anni persi a causa della malattia – Daly), i tumori del pancreas (Daly +39,7%) e dell’utero (Daly +164,7%). I fattori di rischio comportamentali, che sono potenzialmente modificabili, hanno ancora un forte effetto, in particolare su malattie cardiovascolari e tumori.
“L’Italia ha celebrato il 40° anniversario dell’istituzione del suo Servizio sanitario nazionale, fondato secondo i principi guida di universalità, equità e solidarietà – commenta Natasha Azzopardi-Muscat, presidente della European Public Health Association (Eupha) – e questo studio fa luce sulle tendenze epidemiologiche nel Paese negli ultimi 27 anni. Come chiaramente sottolineato dagli autori, in Italia nel 2017 le persone vivono più a lungo, muoiono di meno per malattie specifiche come la cardiopatia ischemica e l’ictus, e la maggior parte delle persone mostra comportamenti più sani rispetto al 1990. Allo stesso tempo, questo miglioramento delle condizioni a livello individuale, combinato con una bassa fertilità, ha contribuito al forte invecchiamento della popolazione e a un aumento dell’onere delle malattie associate all’invecchiamento”.
“I determinanti del quadro complessivo che emerge per l’Italia, sia nel tempo, che rispetto ad altri Paesi – aggiunge l’esperta – non sono facilmente attribuibili a un singolo fenomeno e non possono essere collegati solo a un servizio sanitario nazionale ben funzionante”.
“In effetti i fattori di rischio comportamentale hanno un grande effetto sull’onere delle condizioni croniche – rileva Azzopardi-Muscat – e sebbene questo articolo riferisca risultati incoraggianti quanto a riduzione del fumo e del consumo di alcol, nonostante abbia una lunga tradizione della dieta mediterranea l’Italia ha il secondo più alto tasso di obesità infantile in Europa. Un elemento che probabilmente influenzerà negativamente la salute della popolazione in futuro. Anche il modo in cui la recente crisi finanziaria ha colpito la salute non si è concretizzato solo dai tagli alla spesa sanitaria menzionati nell’articolo, ma anche in un una modifica dei fattori di rischio comportamentali. I dati emersi potranno essere utili ai decisori politici”.