Rita Pavone: “A Sanremo per cantare non per fare politica” 

Rita Pavone: A Sanremo per cantare non per fare politica

(Fotogramma)

Pubblicato il: 08/01/2020 10:21

Mi hanno chiamata per cantare e non per rappresentare una parte politica nella quale non mi riconosco perché non mi riconosco in nessuna parte politica”. Rita Pavone parla così in un’intervista a ‘Repubblica’, dove confessa anche di essere “spaventata dalla politica” e di non sapere “usare bene i social”. “E dunque – aggiunge – cado nelle trappole più stupide. Vedo una cosa che mi piace e lo dico in modo avventato. Ne vedo un’altra che non mi piace, e allora seguo il mio umore e mi butto senza pensare troppo alle conseguenze che in Italia diventano marchi d’infamia. Ma davvero qualcuno pensa che io possa coltivare simpatie razziste? Non scherziamo. E persino mi dispiace parlare di queste cose. Del resto mi spieghi lei come si fa a parlarne, come si può mostrare il proprio cuore senza esporlo agli sciacalli? Per esempio, io faccio beneficenza ma mi vergogno a dirlo”.

Poi assicura di essere “felice di tornare a Sanremo“. E aggiunge: “credo nella mia canzone e nella mia voce che a 74 anni è ancora limpida … Perché devo stare qui a difendermi da accuse che non merito?”, chiede.

Poi torna sul famoso post su Greta Thunberg che scatenò enormi polemiche nel marzo scorso. “Ho ripetuto tante volte che fu una gaffe enorme, un errore del quale mi sono pentita, ma del quale ora non riesco a liberarmi. Continuano a dipingermi come una carogna, come quella che odia Greta, e come se davvero mi piacesse chi inquina l’aria e sporca il nostro Pianeta”.

Da allora la cantante ha deciso di non rispondere a domande sul clima e sulla politica. “Si. Perché le domande sono sempre tendenziose. Basta un dettaglio per inchiodarmi a un pensiero non mio. E io voglio invece continuare a essere giudicata per le canzoni che ho cantato e per quelle che canterò. Risponda lei a me: un’artista in Italia ha il diritto di non schierarsi, di tenere per sé le sue idee, e di temere di essere travisata, usata e deformata?”. dice, aggiungendo di pensare di Rula Jebreal “tutto il bene del mondo”.

Poi rivolge un ‘appello’ al giornalista che la intervista: “Di me lei deve scrivere, per favore, che sono liberale. Questo almeno è chiaro: liberale vuol dire che credo nella libertà”.

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