Salone del Libro invita Altaforte 

Salone del Libro invita Altaforte

(Fotogramma)

Pubblicato il: 23/01/2020 13:39

Il Salone del Libro invita “ufficialmente” Altaforte, la casa editrice vicina a CasaPound finita al centro delle polemiche durante la scorsa edizione della kermesse torinese con il libro di Chiara Giannini “Io sono Matteo Salvini”.

“Caro editore ti abbiamo riservato uno spazio speciale al salone internazionale SalTo Nuovi Editori – si legge nella mail ricevuta da Altaforte – Ogni editore per noi è importante con il suo lavoro arricchisce varietà titoli garantendo bibliodiversità, aiuta a preservare la pluralità e diffusione delle idee”.

A dare la notizia è il “Primato nazionale”, la versione online della rivista cartacea edita dallo stesso editore di Altaforte, Francesco Polacchi: “Possibile che gli organizzatori del Salone del Libro di Torino siano stati folgorati sulla via del pluralismo e della libertà di espressione?”, si chiede il sito d’informazione, spiegando che Altaforte “ha deciso di accettare l’invito e di confermare la partecipazione per il prossimo maggio, precisando però che l’azione legale per il danno subito l’anno scorso resta in piedi”.

“Parteciperemo nonostante le polemiche politiche che quasi sicuramente si solleveranno – dichiara l’editore Francesco Polacchi – riteniamo che avere uno spazio sia un nostro diritto. Ma ci tengo a precisare che la causa di risarcimento per il danno di immagine subito l’anno scorso andrà avanti”. L’editore di Altaforte interpreta l’invito come un gesto distensivo “nei confronti di un mondo culturale che non merita di essere censurato”.

Polacchi si augura che “i toni non saranno quelli dell’anno scorso”, ma si dice pronto ad affrontare le possibili polemiche: “Le affronteremo con l’ironia che ci contraddistingue”, spiega ribadendo “l’impegno contro la censura”. “Altaforte è una casa editrice che coinvolge i propri lettori anche con forti battaglie di opinione. Per questo in caso di nuove censure non potremo far altro che continuare a combattere in nome della libertà di espressione”.