Coronavirus, studio: ceppo lodigiano legato a primo caso Baviera 

Coronavirus, studio: ceppo lodigiano legato a primo caso Baviera

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Pubblicato il: 26/03/2020 14:02

Si delinea come “un’epidemia di estensione europea” quella emersa con il cluster lombardo di nuovo coronavirus. A ricostruirne la nascita è lo studio basato sull’isolamento e la caratterizzazione dei genomi virali di 3 pazienti appartenenti al primo gruppo di 16 casi di Covid-19 provenienti dalla provincia di Lodi, in Lombardia, tra il 20 e il 21 febbraio 2020, quando è drammaticamente emerso il primo cluster italiano di trasmissione del virus Sars-CoV-2, apparentemente senza alcun collegamento con la Cina.

Gli scienziati dell’equipe di Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender dell’università degli Studi di Milano tracciano la presenza del virus in Italia da fine gennaio, una ventina di giorni prima della scoperta del ‘paziente 1’, il 37enne finito in gravi condizioni all’ospedale di Codogno (oggi rientrato a casa completamente guarito), in un lavoro che mette in ordine i pezzi del puzzle, le tempistiche dell’epidemia.

Il nuovo lavoro è stato accettato per la pubblicazione su ‘Journal of Medical Virology’ ed è disponibile in versione pre-print su Medrxiv. Le sequenze sono state pubblicate nella banca dati Gisaid, a disposizione della comunità scientifica internazionale. Allo studio condotto nel Laboratorio di malattie infettive del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche ‘Luigi Sacco’ dell’università Statale milanese e del Crc (Centro di ricerca coordinata) EpiSoMI dello stesso ateneo, ha contribuito il team rosa delle scienziate precarie Alessia Lai, Annalisa Bergna e Arianna Gabrieli, che hanno lavorato all’isolamento del ceppo italiano del nuovo coronavirus.

E con loro Maciej Tarkowski del Laboratorio di malattie infettive, oltre ai medici e infermieri della Divisone di malattie infettive dell’ospedale Sacco, in particolare Spinello Antinori e Stefano Rusconi di Unimi e Giuliano Rizzardini. La caratterizzazione dei 3 genomi di Sars-CoV-2 presenti in questi pazienti e il confronto con quelli disponibili nella banca dati Gisaid ha permesso di capire che il ceppo è strettamente correlato a quello isolato per la prima volta da un paziente ammalatosi di Covid-19 tra il 24 e il 27 gennaio 2020 in Baviera, in seguito a una riunione aziendale avvenuta qualche giorno prima vicino Monaco, a cui aveva partecipato una manager cinese proveniente da Shangai, che aveva riconosciuto i sintomi di Covid-19 solo al ritorno in patria.

“Da tale evento iniziale era generato uno dei primi cluster di casi europei non d’importazione, dove cioè la trasmissione si è verificata sul territorio europeo”, ricordano gli autori. Cluster che ha coinvolto complessivamente 14 casi in Germania alla fine di Gennaio 2020. Lo stesso ceppo virale è stato isolato non solo in Italia, ma in altri Paesi Europei e dell’America Latina, in cui è stato importato. L’indagine, condotta mediante modelli che consentono di datare l’albero filogenetico dei genomi virali, ha permesso anche di stimare il periodo più probabile di penetrazione del ceppo di Sars-CoV-2 in Italia tra la fine di gennaio e i primi di febbraio, quindi almeno una ventina di giorni prima che fosse confermato il primo caso italiano di Covid-19 all’ospedale di Codogno, il 37enne Mattia.

Lo studio “ha identificato alcune mutazioni nei geni virali molto probabilmente frutto di deriva genetica – frequentemente osservata nei virus a Rna, intrinsecamente molto soggetti a variazioni – che nella maggioranza dei casi non modificano il fenotipo virale e che quindi non sembrano avere riflesso sulla virulenza”, puntualizzano gli autori. La ricerca, chiariscono gli scienziati, non ha potuto dimostrare in modo conclusivo il legame diretto del ceppo presente in Italia con il cluster in Germania, nel senso che ci sarebbe un’altra possibilità teorica che gli studiosi definiscono però “assai poco probabile”: cioè l’esportazione multipla della stessa variante direttamente dalla Cina alla Germania e all’Italia.

“La tempistica epidemiologica – osserva Gianguglielmo Zehender, primo autore dello studio – mostra come i casi bavaresi abbiano preceduto la comparsa dei primi casi italiani di almeno 1 mese e suggerisce che quella emersa drammaticamente con il cluster lombardo delinei un’epidemia di estensione europea. La circolazione nascosta del virus nella popolazione per alcuni giorni prima della manifestazione dei casi conclamati di malattia può rappresentare la ragione dell’ampia diffusione del virus ormai evidente non solo in Italia, ma a livello globale”.