Emicrania, in Italia 300 interventi l’anno per curarla 

Emicrania, in Italia 300 interventi l'anno per curarla

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Pubblicato il: 03/07/2020 12:40

Curare l’emicrania e gli attacchi di cefalee con un intervento chirurgico senza l’aiuto delle pillole. Non è fantascienza ma una realtà ancora poco conosciuta nel nostro Paese. Ogni anno in Italia si effettuano 300 operazioni di chirurgia mininvasiva per il trattamento dell’emicrania e delle cefalee muscolo-tensive. Sono ancora pochissimi i centri e i chirurghi che padroneggiano una tecnica nata negli Usa e che parte dalla fatto che l’insorgenza di queste gravi problematiche sia correlata all’irritazione di alcuni nervi superficiali. L’intervento, che dura circa un’ora, è effettuato in anestesia locale con sedazione e consiste nella liberazione chirurgica di questi nervi.

“E’ una tecnica relativamente nuova che nasce nel 2000 negli Usa e poi si è diffusa in Europa – spiega all’Adnkronos Salute Maria Lucia Mangialardi, chirurgo plastico di Roma tra i pochi a praticare questo tipo di procedura – In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili del 2018, sono stati effettuati 300 intervento l’anno. Uno dei massimi esperti è Edoardo Raposio, della Clinica di Chirurgia plastica e ricostruttiva dell’ospedale San Martino di Genova”. L’intervento è inserito nel Lea, i Livelli essenziali di assistenza, erogati dal Servizio sanitario nazionale.

Chi sono i pazienti candidabili all’intervento chirurgico? “Sono quelli con emicrania o cefalea muscolo-tensiva considerati refrattari alla terapia farmacologica o che ne subiscono gli effetti collaterali – precisa la specialista – Le pubblicazioni scientifiche ci dicono che 11% della popolazione adulta soffre di emicrania, soprattutto le donne con un’età media di 50 anni. Il trattamento medico è considerato il ‘gold standard’, ma nonostante questo tra il 5% e il 75% dei pazienti con emicrania soddisfa i criteri di ‘emicrania refrattaria’”.

“La strategia chirurgica si basa sulla decompressione dei rami dei nervi sensoriali periferici considerati punti d’innesco (‘trigger’) dell’emicrania – prosegue Mangialardi – Questi ‘trigger’ si localizzano in 3 diverse regioni craniofacciali: frontale (sotto il sopracciglio), temporale (a livello della tempia) e occipitale (dietro la testa)”.

L’intervento chirurgico consiste dunque nel “liberare i nervi da queste strutture attraverso piccole incisioni superficiali”, ricorda l’esperta. Come tutte le procedure chirurgiche “la revisione della letteratura scientifica ci dice che si può arrivare a una risoluzione completa del problema nel 30-40% dei pazienti e ad un miglioramento del 70-90% con un riduzione – conclude – del 50% almeno del numero di attacchi in un mese”.