Viviana e Gioele, il criminologo: “Errori in ricerche, verità compromessa” 

Viviana e Gioele, il criminologo: Errori in ricerche, verità compromessa

Pubblicato il: 28/08/2020 11:15

“Sono stati commessi errori evidenti nelle ricerche, non è possibile che il corpo della madre venga ritrovato così in ritardo con le nuove tecnologie e che quello del figlio a così tanta distanza di tempo, nonostante l’area, una volta inquadrata, fosse abbastanza circoscritta”. E’ quanto dichiara all’Adnkronos Marino D’Amore, criminologo e docente all’università Niccolò Cusano, in relazione al caso di Viviana Parisi e del piccolo Gioele.

“Sono emersi video che sottolineano questa superficialità nelle ricerche. L’altro elemento importante, conseguente a questo, è che il passaggio eccessivo di tempo ha causato notevoli difficoltà nella ricostruzione della vicenda, non avendo a disposizione materiale per gli esami autoptici, considerata la condizione dei corpi, per troppi giorni in balia di animali selvatici e agenti esterni”, aggiunge.

“Ora la causa più accreditata è che, durante l’incidente, Gioele abbia riportato ferite che lo hanno portato alla morte e che la madre, già affetta da depressione, in preda a una disperazione totale, trovandosi anche sola, abbia poi attuato il suicidio. Non credo più alla sindrome di Medea, al fatto che lei abbia ucciso il figlio per far dispetto magari al marito. Ma restano tanti punti interrogativi – aggiunge – perché ha fatto così pochi chilometri di autostrada? Perché dopo l’incidente ha lasciato la macchina e se n’é andata? Perché, soprattutto, si è inoltrata nel bosco? Paradossalmente, con tutti i dubbi del caso, sembra essere più chiara la causa della morte che la dinamica che ha portato poi a quell’epilogo e credo purtroppo che, alla luce di questi ritardi e di questa superficialità, la dinamica verrà ricostruita molto difficilmente. Non vedo soluzione per gli inquirenti. Non ci sarà mai la certezza, è possibile fare delle ipotesi credibili ma da qui a dare una tesi definitiva sulla dinamica è dura”.

di Silvia Mancinelli