(Fotogramma/Ipa)
Pubblicato il: 08/10/2020 15:02
Il chimico messicano naturalizzato statunitense Mario José Molina, Premio Nobel per la Chimica 1995 assieme a Frank Sherwood Rowland e Paul Crutzen per il loro lavoro pionieristico sulla formazione e sulla decomposizione dell’ozono, è morto all’età di 77 anni a Città del Messico. L’annuncio della scomparsa è stato dato dall’Università Nazionale Autonoma del Messico. Fu Molina a scoprire il ruolo dei gas Cfc (clorofluorocarburi) nel progressivo deterioramento dello strato di ozono che protegge il nostro pianeta.
Nato a Città di Messico nel 1943, dopo aver completato gli studi universitari in Messico, Molina ha lavorato in Germania presso l’Università di Friburgo e, dal 1968, negli Stati Uniti, presso la California University (dapprima a Berkeley, dove ha conseguito il PhD nel 1972, poi a Irvine, dal 1973 al 1982), e poi presso il Jet propulsion laboratory di Pasadena (1982-89). Dal 1989 ha insegnato al Massachusetts Institute of Technology di Boston, di cui era professore emerito di chimica.
Dopo aver condotto, nel periodo trascorso a Berkeley, studi di dinamica chimica mediante radiazione laser, cominciò a interessarsi alle proprietà chimiche dei clorofluorocarburi, composti che a quel tempo erano estesamente impiegati in campo industriale e ritenuti non significativi dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente. Lavorando a Irvine in collaborazione con Frank Sherwood Rowland, le sue ricerche si indirizzarono su un gruppo di composti chimici usati come propellenti per le bombolette spray e nelle serpentine di raffreddamento dei frigoriferi: i clorofluorocarburi (Cfc). Nel 1974 sulla prestigiosa rivista ‘Nature’ Molina avanzò l’ipotesi che i clorofluorocarburi rilasciati nell’atmosfera potessero causare l’impoverimento dello strato di ozono stratosferico.
Nel giungere a questa conclusione Molina e Rowland si avvalsero, tra l’altro, degli studi sul ruolo degli ossidi di azoto condotti da Paul Crutzen. A partire dalla metà degli anni Ottanta, Molina si è interessato, in modo particolare, al fenomeno della deplezione dell’ozono stratosferico sull’Antartide, evidenziando il ruolo nell’attivazione del cloro svolto dai cristalli di ghiaccio presenti nelle nubi stratosferiche.
Per i suoi contributi ha ricevuto nel 1995, con Rowland e Crutzen, il premio Nobel per la chimica.