San Patrignano, presidente: “Tantissime telefonate di familiari, si dissociano da serie tv”  

San Patrignano, presidente: Tantissime telefonate di familiari, si dissociano da serie tv

Alessandro Rodino Dal Pozzo, presidente di San Patrignano

Pubblicato il: 07/01/2021 12:51

“In questi giorni i telefoni scottano. Familiari, amici, ex ospiti: sono in tanti a chiamarci per manifestare una presa di distanza dalla serie su San Patrignano in onda su Netflix. Mi sono dissociato io, come presidente e ancor prima come un ragazzo degli anni Ottanta che qui venne salvato. E si sono dissociati altri che non si riconoscono in quello sbilanciamento lì, dove su dieci cose si raccontano le due fatte male”. Alessandro Rodino Dal Pozzo, da settembre 2019 presidente della Comunità di San Patrignano, all’Adnkronos confida di avere gli auricolari del telefono “sciolti” dalle tante telefonate.

Ventiseimila ragazzi strappati alla droga da una realtà nata dalla mente di un uomo solo, con tutte le sue fragilità e gli umani limiti, sembrano adombrati rispetto alle vittime di errori comunque marginali, seppur importanti e degni di rispetto, consumati in quella che era ormai non più una struttura attrezzata alla buona ma una vera e propria cittadina del recupero. Alessandro Rodino Dal Pozzo, che assicura di esser lo stesso di sempre, pure oggi che di quella comunità è presidente, è entrato a San Patrignano che aveva 20 anni. Era il 1985, lui venne portato da Vincenzo Muccioli dai genitori che, come tantissimi altri all’epoca, non avevano più potere o capacità di gestire il mostro che aveva messo le mani sul figlio. Un ragazzino che aveva un passato da boy scout, che aveva avuto una educazione e che è stato restituito alla società.

“Arrivai lì senza paura – racconta – Ci andai per lo più per il grande affetto che mi legava a mia madre. Vincenzo mi abbracciò e si accollò le mie fragilità, tutte. Non sono saltato dal divano vedendo la serie, no. Però ho preso le distanze, questo sì, non mi sono affatto riconosciuto nella realtà che è stata descritta. Si vuole far passare la violenza come il metodo usato in comunità, molti di noi non l’hanno vissuta e non sono due episodi seppur schifosi a qualificare una realtà fatta di molto altro. Quando sono arrivato non ho trovato catene, quella roba lì, perché me ne sarei andato. E’ stato difficile per noi allora, mentre facevamo un percorso, portare avanti le situazioni con tutte le problematiche da gestire, con i ragazzi che entravano, con quanto usciva nei media. Non si veniva chiusi nella stanza, c’erano persone come pure oggi che affiancavano il ragazzo costantemente. Io stesso ho iniziato a seguire gente dopo pochi mesi, ed è quella la chiave: occuparsi di se stesso preoccupandosi degli altri”.

Oggi San Patrignano è evoluta. Gli “zombie” che giravano per le strade quando Muccioli si prese carico del problema, non ci sono più. Ma non è sempre un buon segno: “L’aiuto è ormai strutturato, abbiamo almeno una associazione in ogni regione, è difficilissimo che un ragazzo entri in quelle condizioni e un piccolo aiuto viene dato a livello medico. Al tempo non c’era preparazione, il viavai era incredibile e per quello Vincenzo si esponeva arrivando a parlare di un trattenimento. Gli incidenti sono successi perché cercavano di emulare la figura – dice il presidente – Difficile che un ragazzo entri in crisi di astinenza, perché ci sono colloqui preliminari e un processo di disintossicazione che viene chiesto”.

Oggi nell’era Covid la Comunità accoglie un migliaio di ospiti, nel 2020 ci sono stati 250 reinserimenti e 150 ingressi. Nel 2019 tra i 30 e i quaranta ingressi al mese: “più che altro ragazzini – precisa il presidente – L’età è scesa tanto, abbiamo due centri per minori, uno maschile e uno femminile, l’età media è 25 anni. Nell’85 era di 35. Il problema della droga è aumentato, e non è un caso che la comunità esista ancora oggi con tutto quello che ha passato. Forse oggi rispetto al passato è più subdolo perché è diventato più chimico: abbiamo registrato il 5% sui più giovani di dipendenze da cannabis, la porta d’ingresso per il 99% dei fruitori di altre droghe. Il messaggio che si dava già nei primi anni Ottanta era proprio che tuti quelli che entravano nelle comunità erano partiti dallo spinello”.

“Con oltre 40 anni di attività, la comunità di San Patrignano un tempo faceva recupero puro, oggi portiamo avanti anche un progetto di prevenzione, già dalla II media: migliaia di studenti vengono qui in visita ed è per questo che è importante il sostegno di tutti – dice il presidente – Vincenzo Muccioli ha commesso degli errori, ma se non ci fosse stato lui non ci sarebbe mai stata San Patrignano. Io sono un pezzettino, tanto diverso da lui, più discreto, riservato, ho fatto tanta fatica a trovarmi in questo ruolo. La drammaticità di certi episodi è pesante oggi come allora e non è stato facile per noi che operavamo in un certo modo e ancora qui riconciliarsi con quella parte di passato dove dentro c’é stata anche quella parte lì. Nessuno ha mai giustificato episodi di quel tipo, ma la gente non si riconosce in un simile sbilanciamento. Qui c’è anche gente arrivata prima di me, ho trovato come loro la buona fede. E ce lo dimostrano i messaggi di solidarietà che ci lasciano sui social, al telefono, ragazzi e genitori che scrivono ‘non siamo stati quella cosa lì’, qui c’erano cinquanta ragazzini cresciuti qui, mangiavano a tavola. La violenza non è mai stato il metodo”.

(di Silvia Mancinelli)