Italia Viva apre: Pd-M5S scricchiolano, Conte rischia vicolo cieco  

(Adnkronos)

Un granello negli ingranaggi, che rischia di mandare in panne il motore. La mossa è di Matteo Renzi, che figura nella lista dei parlamentari di Italia Viva che firmano un appello per chiedere, paradossalmente, di uscire dalla crisi, con una “soluzione politica di respiro” e, soprattutto, di ragionare insieme per tirarsi fuori dall’angolo in cui l’Italia rischia di cacciarsi. Sottolineando, in un passaggio del loro appello, compattezza: in sintesi, non ci spaccherete. E, almeno per ora, è così, come conferma all’Adnkronos uno dei senatori Iv dati in ‘bilico’, Leonardo Grimani. Il messaggio dei renziani rimbalza tra gli alleati di governo, arriva dritto a Palazzo Chigi, dove il premier è impegnato in un confronto serrato con le sigle sindacali sul Recovery plan.

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La sua linea, sostiene chi gli è vicino, non cambierà: il presidente del Consiglio non tornerà a bussare alla porta di Matteo Renzi, a rischio di saltare. Ma se Pd e M5S professano lealtà, la guerra di nervi innescata da Iv inizia registrare frizioni e tentennamenti. “Per Conte è win-win, se vince resta a Palazzo Chigi, se perde lui ne uscirà bene ma il M5S si schianta”, ragiona un big pentastellato. C’è chi fa ragionamenti speculari tra i dem ma il Nazareno è fermo sulla linea: allargamento maggioranza o “non temiamo il voto”, ribadisce Andrea Martella.

La strada dell’Udc, possibile contenitore di un gruppo al Senato, “è chiusissima – assicura all’Adnkronos uno dei pontieri che più si è speso sui centristi – con un macigno sopra. E’ stata chiusa male, una frana l’ha bloccata”. I contatti con i renziani ci sono. “Ci invitano a far ragionare Conte… Anche perché Iv non si spaccherà e il motivo è semplicissimo: i seggi sono ridotti, nel Pd avrebbero un presente ma non un futuro. Quindi, non tradiranno Renzi”. I big grillini si schierano al fianco del premier, nelle chat dei parlamentari la chiamano “la crociata su Conte”, ma, complice la paura del ritorno alle urne, non tutti sono pronti a un eventuale sacrificio. Che potrebbe consumarsi già mercoledì, quando le Aula di Camera e Senato voteranno la Relazione sulla giustizia del Guardasigilli Alfonso Bonafede, nel mirino di Renzi come pochi altri.

Si spera di avere i 3 voti dell’Udc – dice un ministro M5S – 3 di Fi e 5 di Iv, e su parecchie assenza nelle file degli azzurri al Senato. Ma siamo sul campo delle ipotesi più che su scenari reali, e il rischio di impallinare Bonafede è concreto se si va avanti con questo logoramento”. Del tutto irrealistica appare invece la suggestione di sacrificare il titolare di via Arenula: chi conosce bene il premier assicura che mai giocherebbe uno scherzetto simile al Guardasigilli pur di salvarsi e lasciar vivacchiare il suo governo.

Ma intanto i partiti di maggioranza iniziano a scricchiolare al loro interno. “Ieri Conte ha affidato la delega all’Intelligence – ragiona uno dei pontieri, ormai in completo stallo sui negoziati – alla fine sta cedendo alle richieste che venivano sollevate soprattutto da Renzi, forse ci sono margini per ricucire”. Alessandro Di Battista, dall’esterno, cerca di mantenere uniti i suoi ed evitare che cedano alle sirene renziane: “indietro non si torna! La chiusura a Renzi deve essere netta”, il messaggio che ripete ai parlamentari che gli sono più vicini. Non tutti però sembrano convinti. Giorgio Trizzino, il deputato M5S che aveva scritto la lettera, poi rilanciata da Beppe Grillo, in cui invitava a un patto di responsabilità tra tutti i partiti, lo dice in chiaro all’Adnkronos.

“Parlare di ricucitura probabilmente è inappropriato ma si può fare qualcosa di diverso: cioè ricreare le condizioni ideali per una riflessione collettiva sui reciproci errori commessi in questi ultimi mesi. E, ove esistano le condizioni, potrebbe essere anche valutabile una riapertura di dialogo con i renziani. Abbiamo sempre lavorato proficuamente nel corso di questa esperienza di governo. Abbiamo constatato che non esistono sostanziali aspetti divisivi che ci impediscono di lavorare insieme”.

Nel Pd escono allo scoperto quattro senatori – Gianni Pittella, Dario Stefano, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci – per smarcarsi dalla linea del Nazareno. “Nessun ammiccamento alle elezioni” e “il Pd rilanci le ragioni di un esecutivo all’altezza, parlando con tutti”. C’è il sospetto -nessuna conferma- che la nota dei 4 non sia stata ostacolata dal capogruppo Andrea Marcucci. Una mossa, si riferisce, che non sarebbe stata gradita dai vertici di Base Riformista, compreso Lorenzo Guerini. Lo mette in chiaro Franco Mirabelli: “Tutti condividiamo la scelta di rilanciare l’azione del governo”.

Sul tema elezioni parla anche il capogruppo a Montecitorio, Graziano Delrio: “Il Pd ha sempre detto due cose: no a una crisi al buio, no a elezioni”, serve “un allargamento vero” perché “con questi numeri è già complicato solo gestire l’ordinario, figuriamoci lo straordinario”. Il tempo per farlo stringe. Italia Viva attende un segnale per tornare in partita. Da ambienti Iv arriva un altro messaggio distensivo: l’ok alla nomina ai Servizi di Pietro Benassi. “Un nome perfetto – riconoscono – ma ci siamo chiesti perché Conte non lo abbia fatto prima”.