Variante Covid, Oms: “Rischio test meno efficaci” 

Variante Covid, Oms: Rischio test meno efficaci

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Pubblicato il: 22/12/2020 11:15

Una delle 14 mutazioni che caratterizzano la variante Gb del coronavirus Sars-CoV-2 potrebbe creare qualche problema anche sul fronte della diagnosi di Covid-19: è stato osservato infatti che rende meno efficaci alcune tipologie di test. A segnalarlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), facendo il punto sulla situazione, su quanto si sa al momento sulla variante inglese e su quello che si sta facendo per ampliare le conoscenze.

Se da un lato viene espressa “preoccupazione per la perdita di prestazioni segnalata per alcuni test Pcr”, tecnologia usata per i tamponi molecolari. Nello specifico “è stato riscontrato che” una mutazione della variante Gb, cioè “la delezione in posizione 69/70, influisce sulle performance di quelli che utilizzano come bersaglio il gene S (Spike)”. Dall’altro lato, però, l’Oms rassicura: “La maggior parte dei test Pcr in tutto il mondo utilizza più target e quindi non si prevede che l’impatto della variante sulla diagnostica sia significativo”.

Nonostante questo, l’Oms “desidera attirare l’attenzione” su eventuali rischi e fornisce alcune indicazioni. “Si consiglia ai laboratori che utilizzano kit Pcr commerciali per i quali i geni virali presi di mira non vengono chiaramente identificati nelle istruzioni di contattare il produttore per ulteriori informazioni. Anche i laboratori che utilizzano test Pcr interni che prendono di mira il gene S del virus dovrebbero essere consapevoli di questo potenziale problema. Al fine di limitare l’impatto sulle capacità di rilevamento” dell’infezione “nei Paesi, si raccomanda anche un approccio che utilizza diversi saggi in parallelo o saggi multipli, mirati a diversi geni virali, per consentire il rilevamento di potenziali varianti”.

“Sono in corso indagini per determinare se la variante inglese è associata a eventuali cambiamenti nella gravità dei sintomi, nella risposta anticorpale e nell’efficacia del vaccino”. A riferirlo è l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), spiegando qual è stata la risposta messa in campo per valutare l’impatto di questa variante sulle dinamiche della pandemia. Prima questione da accertare definitivamente: il vaccino e la sua efficacia contro la variante.

“Le autorità del Regno Unito – riporta l’Agenzia Onu per la salute – stanno conducendo indagini epidemiologiche e virologiche per valutare ulteriormente la trasmissibilità, la gravità dell’infezione, il rischio di reinfezione e la risposta anticorpale di questa nuova variante. Poiché una delle mutazioni (N501Y) è nel dominio del legame del recettore”, cioè nella parte in cui avviene l’aggancio con le cellule umane bersaglio, “le autorità stanno esaminando con urgenza l’attività di neutralizzazione esercitata dai sieri di pazienti guariti e vaccinati contro questa variante, per determinare se vi è un impatto sulle prestazioni del vaccino”.

La variante inglese, riepiloga l’Oms, è definita dalla presenza di un intervallo di 14 mutazioni che comportano modifiche degli aminoacidi e tre delezioni. Alcune di queste mutazioni possono influenzare la trasmissibilità del virus nell’uomo”. Una “mutazione di significato biologico è P681H”, segnala l’ente mondiale. C’è poi la delezione in posizione 69/70 che “influisce sulle prestazioni di alcuni test diagnostici Pcr mirati al gene S”. E c’è la mutazione su cui si concentrano più domande, cioè N501Y. Secondo il database Gisaid (Global Initiative on Sharing Avian Influenza Data), è stata segnalata in modo indipendente in diversi Paesi, tra cui l’Australia (37) e il Sudafrica (45 casi), e l’analisi della sequenza ha rilevato che la mutazione segnalata nel Regno Unito e in Sudafrica ha avuto origine separatamente.

Gli studi di laboratorio in corso puntano a determinare se i virus con la variante hanno proprietà biologiche differenti o alterano l’efficacia del vaccino. Al momento, puntualizza l’Oms, “non ci sono informazioni sufficienti per determinare se” la variante Gb “è associata a un qualche cambiamento nella gravità della malattia clinica, nella risposta anticorpale o nell’efficacia dell’iniezione scudo”.

I dati genomici della variante sono stati caricati sul database Gisaid dalle autorità del Regno Unito e la sorveglianza genomica del virus continua in tutto il Paese per monitorare la situazione, informa l’Organizzazione mondiale della sanità ricordando che “tutti i virus, incluso Sars-CoV-2, cambiano nel tempo, ma la maggior parte di queste mutazioni o cambiamenti non ha un beneficio diretto per il virus”. Per questo servono ulteriori indagini per comprendere più pienamente l’impatto di una specifica mutazione sulle proprietà virali e sulle armi con cui affrontiamo la pandemia. “Queste indagini – precisa ancora l’Oms – sono complesse e richiedono tempo e collaborazione tra diversi gruppi di ricerca. La condivisione di sequenze genomiche complete sta facilitando” il lavoro.

In campo anche un gruppo di lavoro dell’Oms sull’evoluzione del virus Sars-CoV-2 che è in contatto con i colleghi Uk per comprendere meglio i risultati disponibili e supportare ulteriori studi. Per l’agenzia Onu la variante Gb segnala il problema più ampio delle mutazioni del virus Sars-CoV-2. L’invito è dunque a “una tempestiva condivisione delle informazioni epidemiologiche, virologiche e delle sequenze complete del genoma con altri Paesi e team di ricerca, anche attraverso piattaforme open source”. L’Oms consiglia di condurre ulteriori studi per comprendere le mutazioni specifiche descritte dal Regno Unito e da altri Paesi. E suggerisce a tutti di “aumentare il sequenziamento di routine dei virus Sars-CoV-2, ove possibile, e la condivisione dei dati di sequenza a livello internazionale per segnalare se vengono trovate le stesse mutazioni preoccupanti”.